Caucaso: bloccate il terminal di stoccaggio!

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Diverse organizzazioni ambientaliste e rappresentanti dell'amministrazione della città di Azov (Caucaso settentrionale, Russia) hanno diretto al Presidente della European Bank for Reconstruction and Development (EBRD) , Jean Lamierre, un appello affinché la EBRD blocchi il finanziamento e chieda di sospendere la costruzione del Terminale di stoccaggio del Metano liquido presso la città di Azov. Il progetto in fase di attuazione, chiamato "Azov Liquid Chemical Port Terminal", prevede la costruzione di strutture per l'immagazzinamento di 30.000 m3 di metano. Il "terminal" è di proprietà della Azovproduct JSC, di cui il pacchetto di maggioranza è dell'italiana Gruppo Triboldi. Secondo le associazioni ambientaliste esso non si attiene a criteri ambientali adeguati per la tutela dei cittadini e dell'ecosistema dell'intera regione attorno al Mare di Azov. Gli appellanti richiedono che venga preso nuovamente in esame il progetto dall'EBRD e venga sottoposto a vincoli ambientali e di sicurezza adatti alla lavorazione e stoccaggio di un gas liquido tossico come il metano in particolar modo perché il "terminal", in via di costruzione, è assai vicino alla città di Azov. Disterebbe infatti solo 400 metri da uno dei quartieri residenziali della città. E un'altro ricorso è stato fatto dalle associazioni della società civile e organizzazioni non governative di sette paesi OCSE, per l'Italia la Campagna per la riforma della Banca mondiale, alle autorità competenti dei rispettivi governi sulla violazione delle Linee Guida OCSE sulle imprese multinazionali da parte delle aziende petrolifere coinvolte nel mega oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC).
Fanno parte del consorzio costruttore del progetto tra le altre la BP, che da anni sta cercando di dare una tinteggiata di verde alle proprie operazioni, e l'ENI.
L'oleodotto BTC, che partendo dall'Azerbaigian passerà per la Georgia, per finire il suo percorso di 1.760 km in Turchia, avrà bisogno del sostegno finanziario delle maggiori agenzie di credito all'esportazione occidentali, della Banca mondiale e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo per coprire costi che ammonteranno a poco più di 3 miliardi di dollari. I lavori sono intanto iniziati già nello scorso novembre.

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