Oslo: anche l'Italia tra i 100 firmatari del Trattato che vieta le 'cluster bomb'

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Un centinaio di nazioni - tra cui l'Italia - hanno iniziato ieri a firmare presso il municipio di Oslo, in Norvegia, la Convezione internazionale che mette al bando le 'cluster bomb', o bombe a grappolo, responsabili della morte e della menomazione di migliaia di persone. Seppur manchino all'appello alcuni tra i maggiori produttori dei micidiali ordigni - tra cui Stati Uniti, Cina, Russia, Israele, India e Pakistan che hanno disertato fin dall'inizio il 'processo di Oslo'- "è una giornata storica perchè oggi abbiamo confermato che le bombe a grappolo saranno vietate per sempre" - ha detto il premier della Norvegia, Jens Stoltenberg, primo firmatario dell'accordo. "Questa convenzione renderà il mondo un posto più sicuro e più piacevole in cui vivere" - ha aggiunto Stoltenberg.

"Con più o meno cento firmatari, è un buon inizio" - ha aggiunto il ministro degli Esteri norvegese, Jonas Gahr Stoere, durante una conferenza stampa. "Speriamo di poter contare un numero più alto di firmatari nei giorni, nei mesi e negli anni che verranno". La Norvegia ha svolto un ruolo chiave nella definizione del documento che vieta la produzione, la vendita e l'immagazzinamento degli ordigni di questo tipo, e si augura che l'entrata in vigore sia possibile già all'inizio del 2009. Il Laos, la nazione più colpita dalla piaga delle bombe a grappolo, è stata la seconda firmataria. Tra i Paesi che hanno annunciato che firmeranno il trattato nel municipio di Oslo ci sono Gran Bretagna, Francia, Canada e Germania e anche la Santa Sede ha dato la propria adesione.

Soddisfazione anche da parte del sottosegretario agli Affari Esteri italiano, Vincenzo Scotti, per il ruolo svolto dall'Italia: "L'Italia si impegnerà fortemente perché si allarghi il numero dei Paesi che aderiscono a questo trattato anche durante la presidenza italiana del G8" - ha sottolineato Scotti. "Appena sarà ratificato da trenta paesi il trattato entrerà in vigore aprendo la fase dell'azione di pressione internazionale per portare a compimento l'allargamento dei paesi firmatari" - ha spiegato Scotti.

La pressione per la messa al bando delle cluster bomb è nata dalla coalizione internazionale Cluster Munition Coalition (CMC) composta da più di 300 organizzazioni della società civile tra cui la Campagna italiana contro le mine che, con una specifica campagna che ha preso il via nel novembre del 2003, ha chiesto la cessazione dell'uso, della produzione e del commercio di queste armi, e l'assunzione di responsabilità da parte degli utilizzatori per la bonifica dei territori colpiti e l'assistenza alle vittime. "Questo trattato mostra quanto può essere realizzato quanfo i governi e la società civile lavorano insieme" - ha affermato la rappresentante della 'Cluster Munition Coalition Grethe 㘀stern. "E' una vittoria perchè il trattato delinea chiaramente gli obblighi degli stati verso le vittime, a ripulire le zone dove vi sono bombe inesplose, e a distruggere le scorte così che questi ordigni non possano più essere usati".

Il trattato prevede che ogni stato firmatario si impegni a non usare "in alcuna circostanza" le cosiddette cluster bombs, né a produrre, acquistare, conservare o trasferire a chiunque, direttamente o indirettamente questi tipo di armi. L'accordo impegna inoltre i paesi firmatari a provvedere all'assistenza delle vittime e alla bonifica delle aree interessate e prevede anche la distruzione degli arsenali nel giro di otto anni, ma l'ultima bozza del trattaro lasciava però la possibilità di impiego di bombe a grappolo più piccole di nuova generazione, in grado di colpire gli obiettivi con maggiore precisione e provviste di un sistema di autodistruzione, e permette ai Paesi aderenti al Trattato di continuare a cooperare nel settore della difesa con i Paesi non firmatari. Nonostante questo "il mondo oggi è un luogo più sicuro. Si tratta dell'accordo umanitario più importante dell'ultimo decennio" - sottolinea Richard Moyes, copresidente della Cluster Munition Coaltion.

Secondo la 'Cluster Munition Coalition' (Cmc), solo gli Stati Uniti possiedono tra i 700 e gli 800 milioni di bombe a grappolo: ogni bomba può contenere fino a 650 sub-munizioni che, in base alle ricerche più accreditate, vengono disseminate per un raggio di diverse centinaia di metri e fino al 40% restano inesplose e pronte a detonare sul terreno e le cui vittime sono per almeno il 60% dei casi i bambini. Si calcola che nel mondo circa 100mila persone - nella quasi totalità civili - siano state uccise o mutilate dagli ordigni a grappolo negli ultimi 43 anni: più di un quarto delle vittime sono bambini che scambiano le bombe per giocattoli o lattine. [GB]

Aggiorneremo questo articolo con i commenti delle associazioni e delle campagne

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