Uganda: un social network per rintracciare i familiari dei rifugiati

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In Uganda è stato lanciato il primo social network per i rifugiati e gli sfollati interni, che potranno così rintracciare i loro familiari e amici attraverso un telefono cellulare. Secondo Refugees United, l'organizzazione internazionale non governativa che gestirà il progetto sostenuto da Ericsson e l'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (UNHCR), i rifugiati potranno usare il cellulare per registrarsi, ricercare persone care e successivamente ricollegarsi a una banca dati anonima tramite sms.

Un progetto pilota destinato per Refugees United ad avere “per fortuna e purtroppo” seguito anche in altri stati del continente africano che conta 2,1 milioni di rifugiati e oltre 6 milioni di sfollati interni.

L'Uganda è uscita solo parzialmente da una guerra civile che ha visto contrapporsi le forze del presidente Yoweri Museveni e quelle di Joseph Koni a capo dell'Lra. Il Lord's Resistance Army, presente nel nord del Paese dal 1987 e sostenuto dal vicino Sudan, ha devastato per anni le regioni settentrionali dando vita ad una vera e propria guerra civile che vede milizie, spesso composte da bambini in armi, ancora attive nel nord del paese.

Il 6 ottobre 2005 la Corte Penale Internazionale ha accusato i leader dello Lra di crimini contro l'umanità, per aver perpetrato stupri, mutilazioni, omicidi e per l’utilizzo di bambini come schiavi sessuali o soldati dei capi ribelli, ma poco è cambiato in quell’esodo di massa che secondo stime dell’UNHCR, vede nel maggio di quest’anno in Uganda oltre 140.000 persone tra rifugiati e richiedenti asilo e molti altri ne conta in Congo.

Gran parte dei rifugiati sono ospitati in undici insediamenti sostenuti dalla stessa UNHCR, anche se le politiche liberali ugandesi in fatto di rifugiati consentono a quanti sono autosufficienti di vivere al di fuori delle strutture di accoglienza. È per questo motivo che nella sola Kampala risiedono 20.000 tra rifugiati e richiedenti asilo.

Da questi drammatici numeri nasce un nuovo modo di cercarsi, e speriamo di ritrovarsi per rifugiati, sfollati e scampati alla guerra. “Perdere i contatti con i propri cari nel corso di una crisi anche per un solo giorno può essere dannoso per il benessere emotivo e psicologico di una persona - ha dichiarato David Mikkelsen, co-fondatore di Refugees United -. Con l'attuazione di questo programma ci proponiamo di fornire l'UNHCR e altre ONG di un potente strumento di collaborazione e di dare la possibilità ai rifugiati di contribuire alla ricerca dei familiari dispersi".

Kai Nielsen, rappresentante dell'UNHCR in Uganda, ha affermato che il progetto pilota durerà fino alla fine del 2011 e sarà un importante passo verso una partnership globale in cui anche le persone meno fortunate al mondo potranno restare collegate attraverso tecnologie innovative e accessibili. Attraverso questo facile strumento, utilizzabile anche via internet, gli sfollati od i rifugiati potranno prima ricercare amici, familiari e parenti, mettersi in contatto con loro ed infine ricongiungersi attraverso semplici sms.

Una speranza in più per il popolo di uno stato che Winston Churchill, ad inizio novecento, non aveva esitato a definire la “perla d'Africa”, e forse proprio per questo segnato da un destino di guerra che ha lasciato sul campo dal 1987 ad oggi più di 20.000 persone.

Non si tratta però solo di una goccia nel mare. Le tecnologie multimediali hanno già dimostrato la propria efficacia in numerosi esperimenti pilota in molti paesi in via di sviluppo, sia in Asia che in Africa, dove i campi di applicazioni non sembrano limitati alle sole emergenze.

È il caso del lavoro di Ory Okolloh, avvocato, ma anche attivista politica e blogger keniana di 32 anni, che vive e lavora in Sudafrica ed è stata la promotrice sia di Ushahidi (“testimone”, in lingua swahili) che di Mzalendo (“patriota” in lingua swahili).

La prima è una piattaforma internazionale che raccoglie le testimonianze via mail o via sms di chi si trova in un’area di guerra o di crisi ed ha contribuito in modo straordinario ad evolvere la crisi post elettorale in Kenya narrando non solo le responsabilità, ma anche le azione nonviolente taciute dalla stragrande maggioranza dei media. La seconda raccoglie informazioni sulle attività dei deputati, i loro curriculum, elenca le proposte di legge e le analizza monitorando i lavori del parlamento keniano con segnalazioni e commenti che mettono a disposizione dell’intero paese un inedito strumento di analisi politica.

Alessandro Graziadei

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