Iraq: l'assedio a Falluja disertato dagli iracheni

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Mentre a Falluja si sta consumando l'operazione "Phantom Fury", il più feroce attacco statunitense sulla città santa, la situazione de gli sfollati diventa sempre più grave. Secondo Daunia Pavone, responsabile del Consorzio Italiano di Solidarietà nella regione di Falluja e Ramadi manca tutto, dall'accesso all'acqua potabile ai medicinali, dai materassi alle coperte. "Le famiglie hanno cominciato ad occupare tutte le strutture che potevano offrigli un minimo di rifugio", racconta la Pavone, "edifici pubblici, scuole e moschee. Qui il governo di Allawi è completamente assente, non c'è neanche il governatore. Il dramma è che per ottenere le razioni alimentari bisogna avere una tessera del municipio di residenza. Tutta questa gente che è fuggita non ha nessun diritto per il cibo e chi è rimasto non viene approvvigionato per il pericolo rappresentato dal trasporto dei generi alimentari". Secondo le fonti mediche locali e quelle giornalistiche, sarebbe rimasto in città non più del 20 per cento dei 300 mila abitanti. Per l'Agenzia dell'Onu per i rifugiati sfollati fuggiti da Fallujah hanno trovato rifugio presso parenti o amici nei dintorni della città. Sembra che la maggioranza degli abitanti di Fallujah abbia ormai lasciato la città, sebbene sia impossibile stabilire un numero esatto

Tra le fila dei soldati iracheni quasi tutti hanno deciso di disertare l'invasione di Falluja. Per il centro di analisi strategiche indipendente statunitense 'Stratfor'' sarebbero solo pochissimi dei duemila i militari iracheni coinvolti nell'operazione ''Phantom Fury''. In azione, in realtà, pare vi sia solamente l'unità delle forze speciali irachene, a netta prevalenza curda, il cosiddetto ''battaglione politico'' formato a partire dalle milizie private dei cinque maggiori gruppi politici. Anche tra questi, secondo la fonte irachena, solamente i pashmerga curdi si sono rivelati affidabili.

E se in Egitto alcuni governi organizzano una 'conferenza per la pace' che al momento esclude la società civile irachena, a Roma si terrà giovedì 11 novembre una prima audizione con alcuni esponenti iracheni che si confronteranno con i premi nobel per la pace riuniti dal Comune di Roma. "In Iraq esistono centinaia di gruppi e associazioni, partiti politici e sindacati, intellettuali e artisti che si confrontano, sognano, progettano e costruiscono un paese nuovo" commenta Un Ponte per che riferisce come in Iraq sono nate in questi mesi associazioni per la difesa dei diritti umani, per la tutela dell'infanzia, per il miglioramento della condizione femminile, per la difesa dell'ambiente e la tutela dei lavoratori. Per questo un cartello di organizzazioni promuovono 'Costruire Ponti di Pace' come iniziativa concreta verso la riflessione e l'incontro. Il programma originale prevedeva due interventi importanti che davano voce alle donne irachene, ma purtroppo la chiusura dell'Aeroporto Internazionale di Baghdad dichiarata dal Primo Ministro Allawi, in concomitanza con l'inizio dell'attacco alla città di Fallujia, non ha permesso ad Hana Edwar- coordinatrice di "Al Amal" - e a Saba'a Fahan attivista e membro della "Iraqi Women Network" proveniente da Diwanjia di essere presenti .
[AT]

Altre fonti: Peace Reporter

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