Uganda: uccisi due umanitari, Museveni e elezioni

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Due morti e quattro feriti in due giorni è il tragico bilancio dell'offensiva intrapresa dal ribelli del Lord's Resistance Army nel nord dell'Uganda. A farne le spese un operatore della Caritas e uno del Agency for Cooperation and Research in Development(Acord), oltre ai feriti, tutti appartenenti a organizzazioni umanitarie attive nella zona. Il primo agguato, avvenuto mercoledì ad una decina di kilometri da Kitgum, è costato la vita ad un cittadino ugandese al servizio della Caritas. Il secondo, diretto contro un mezzo della Acord che viaggiava sempre mercoledì nelle vicinanze di Pader, ha causato la morte di un operatore e il ferimento grave di altri due. Una terza aggressione, risalente al giorno precedente i primi due, ha portato al ferimento di due dipendenti della Christian Children's Fund (CCF) nei dintorni di Okwango.

L'organizzazione non governativa 'Oxfam' ha deciso di sospendere le operazioni di assistenza ai civili. "Lavoriamo con circa 250.000 persone distribuite in 10 campi per sfollati e abbiamo dovuto interrompere le attività del nostro staff e della gente che collabora con noi sul terreno" ha detto all'emittente britannica 'Bbc' Emma Naylor direttore di 'Oxfam' in Uganda. Naylor si è detta estremamente preoccupata per la "gravità" dell'accaduto sostenendo che la volontà dell'esercito di risolvere militarmente il conflitto che da quasi venti anni colpisce i distretti settentrionali implica che gli sfollati si trovino spesso senza adeguata protezione in balia delle violenze. "Quello che stiamo osservando negli ultimi giorni è il prodotto del fallimento del governo ugandese a tutelare i suoi stessi cittadini e le associazioni impegnate a offrire loro gli aiuti necessari" ha sottolineato Naylor. Secondo Oxfam varie organizzazioni hanno gia ridotto, almeno temporaneamente, gli interventi per garantire la sicurezza dei propri dipendenti.

Sdegno è stato espresso dall'Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA). I tre episodi, infatti, hanno una logica comune, trattandosi di altrettante imboscate, a poche ore l'una dall'altra, contro operatori umanitari. Il 2 ottobre scorso il tribunale penale internazionale dell'ONU (ICC) ha emanato un mandato d'arresto per il capo del LRA Joseph Kony. Il mandato d'arresto per Kony, ricercato per i suoi crimini nel nord dell'Uganda, è venuto in risposta alla richiesta ugandese di ricevere aiuto internazionale nella cattura dei ribelli. Il capo ribelle è ricercato per torture, mutilazioni, rapimenti, stupri, reclutamento forzato ed uccisioni di persone che il LRA considerava sostenitori del presidente ugandese Museveni. Il tribunale penale internazionale si era assunto l'impegno di investigare sui crimini di guerra nel nord dell'Uganda l'anno scorso, dopo che il presidente Museveni aveva deferito la questione alla corte.

Museveni recentemente aveva dichiarato che il governo congolese e le forze dell'ONU dovevano disarmare i ribelli dell'LRA che si erano rifugiati nel Congo orientale o altrimenti sarebbe intervenuto l'esercito ugandese. E' seguita una serie di movimenti di eserciti fino ad arrivare l'11 ottobre a un accordo tra il governo ugandese con il Sudan e con la SPLA sudanese, l'ex armata ribelle che controlla il sud, in base al quale i soldati ugandesi potranno entrare nel paese per catturare i capi del LRA ovunque si trovino, mentre gli accordi precedenti prevedevano un limite di 100 km dal confine.

In vista delle elezioni legislative e presidenziali previste per il marzo 2006, pesa sul presidente Museveni l'accusa di sedizione fatta al giornalista ugandese Andrew Mwenda. Mwenda è un giovane e famoso giornalista che conduce un programma sulla radio KFM e tiene un editoriale sul maggior quotidiano privato di Kampala, il Daily Monitor. Mwenda è uscito su cauzione, ma sarà processato, ed intanto la radio KFM è stata chiusa dalle autorità. I presunti crimini di Mwenda sarebbero l'aver scritto nel suo editoriale che l'Uganda pianificava un attacco contro il vicino Rwanda e per aver detto alla radio che il governo avrebbe organizzato l'assassinio di John Garang, vicepresidente del Sudan morto precipitando con un elicottero ugandese il 30 luglio. Il governo ha detto che Mwenda istigava alla violenza e metteva in pericolo le vite dei cittadini ugandesi in Sudan. Alcuni ufficiali del governo sono anche arrivati a paragonare la KFM con la radio rwandese Mille Colline, che aiutò ad orchestrare ed incitare il genocidio del 1994. Museveni inoltre ha minacciato di chiudere il Daily Monitor, di cui l'Aga Khan ha una grossa quota, ed altri due giornali indipendenti, se avessero continuato a "giocare" con questioni di sicurezza.

Tali minacce non costituiscono nulla di nuovo, dicono gli osservatori dei media a Kampala. Quando il governo si sente sotto pressione, come è accaduto per le circostanze che circondano la morte di Garang, agisce contro la stampa, e questa pressione probabilmente non cesserà prima delle elezioni presidenziali del marzo 2006. Museveni ha già emendato la costituzione varata soltanto 10 anni fa per poter correre per un terzo mandato, e ci si aspetta una campagna elettorale molto dura, la prima con più partiti dal 1980, per cui gli osservatori temono che gli attacchi a Mwenda ed alla KFM siano solo il preludio di quello che succederà nei prossimi mesi.

"La situazione politica ed economica del paese è buona, - conclude Francesco Defferrari nell'analisi pubblicata sul portale Equilibri.net - se Museveni dimostrerà di essere in grado di rispettare i diritti dell'opposizione e la libertà dei media e sarà capace di porre fine alla guerriglia nel nord il suo terzo mandato potrebbe essere ben accolto dalla comunità internazionale come una nuova fase di democrazia e stabilità, purché l'Uganda sappia avviarsi davvero verso riforme economiche e politiche che non siano solo di facciata". [AT]

Fonti: Equilibri.net, Warnews

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