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Unhcr: urgono nuovi campi per i rifugiati da R.D.Congo, oltre 100mila gli sfollati
Conflitti
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L’Alto Commissariato del'Onu per i Rifugiati (Unhcr) ha lanciato nei giorni scorsi un appello internazionale per gli oltre 100mila rifugiati congolesi della Repubblica Democratica del Congo. I rifugiati congolesi sono fuggiti dalla provincia dell’Equatore, nella R.D. Congo nord-occidentale, dopo l’inizio degli scontri alla fine di ottobre, quando i miliziani di Enyele hanno sferrato attacchi letali contro appartenenti all’etnia Munzaya a causa dei diritti di pesca e agricoltura nell’area di Dongo. "Da allora le tensioni si sono allargate a tutta la provincia dell’Equatore: l’esercito della RD del Congo ha lanciato un’offensiva contro la milizia Enyele" - riporta l'Unhcr.
I rifugiati congolesi sono fuggiti nella Repubblica del Congo dall’inizio di novembre: recentemente altri 17mila hanno attraversato il confine con la Repubblica Centrafricana, dove si stima che il 60% dei rifugiati siano bambini, molti dei quali fuggiti dagli orfanotrofi. "E’ urgentissimo allestire campi per i rifugiati sia nella Repubblica Centrafricana che nella Repubblica del Congo, poiché la maggior parte dei rifugiati sta attualmente occupando edifici e spazi pubblici" - afferma il portavoce dell'Unhcr.
"Il massiccio flusso di rifugiati sta mettendo a dura prova le già scarse risorse di questa regione povera e questo potrebbe causare tensioni con la comunità locale" - segnalava in un comunicato dello scorso dicembre l'Unhcr. Nella Repubblica Centrafricana, a Mogoumba, il rapporto tra rifugiati e locali è di 200 a 1, mentre nella regione di Likouala, nella Repubblica del Congo settentrionale, la popolazione è raddoppiata con l’arrivo di 107mila rifugiati. Anche se è stato individuato un terreno che dovrà ospitare 4mila rifugiati nella Repubblica del Congo, servono altri spazi per allestire nuovi campi e sono in corso colloqui con i governi dei due Paesi. Nel frattempo l'Unhcr ha inviato il suo staff per le emergenze a dare supporto alle comunità di rifugiati sparse su tutto il territorio di questa regione.
Intanto la 'Rete pace per il Congo'. collegata al mondo missionario rinnova l'appello a sottoscrivere la lettera-petizione al Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama affinchè la comunità internazionale non dimentichi le martoriate popolazioni della regione africana. Insieme a un comunicato che fa il punto della situazione nella regione del Kivu, la lettera (da firmare entro lunedì 25 gennaio) chiede all'Ammistrazione degli Stati Uniti di "rivedere criticamente la loro politica di questo ventennio nella Regione dei Grandi Laghi, considerando il prezzo che essa è costata e costata alle popolazioni della R.D.Congo e della Regione".
Nella sua analisi la 'Rete pace per il Congo' denuncia che "la crisi gira intorno allo sfruttamento illegale delle risorse minerarie della R.D.Congo (cassiterite, coltan, oro, wolfram, petrolio e gas metano) in cui sono implicati note multinazionali occidentali e società minerarie con sede in Europa, Canada, Stati Uniti e Asia" (si veda l'inchiesta di Rai Report).
"Ultimamente - sottolinea la lettera al Presidente Obama - si sono aggiunti nuovi fatti e motivi forti d’insicurezza denunciati da documenti di diversi organismi internazionali per i diritti umani, della Società civile e delle confessioni religiose. In particolare, il recente Rapporto di esperti al Consiglio di Sicurezza (testo completo in .pdf) denuncia il fallimento delle operazioni militari nel Nord e Sud Kivu, Umoja wetu e Kimya 2, e il peggioramento della situazione umanitaria.
Nonostante la presenza delle forze internazionali (Monuc) la popolazione è presa in ostaggio ed è sotto choc. Alla lunga serie di massacri, stupri, incendi di villaggi, sequestri, furti, saccheggi di cui è vittima, si aggiunge la destabilizzazione organizzata delle forze vive della società, delle comunità religiose e la repressione di giornalisti, sindacalisti, operatori sociali. Il rapporto prova che il Kivu è abbandonato ai predatori e che la guerra è anzitutto “la guerra per il controllo dei minerali”. L’esportazione fraudolenta è aumentata in modo significativo da gennaio 2009, dopo gli accordi Kigali-Kinshasa, avvenuti senza l’accordo dei rispettivi Parlamenti.
"E’ urgente oggi - prosegue la lettera - un cambiamento di rapporti. La soluzione delle armi finora adottata ha creato e continua a creare un mare di sofferenza. L’intervento umanitario non cura le cause profonde della crisi. Il sovrappopolamento di alcuni Stati non può essere risolto con sanguinose guerre d’aggressione. Il problema è politico e la soluzione è diplomatica e politica. Va riattivata e potenziata quella pressione internazionale, che mostrò la sua efficacia con l’arresto di Nkunda nel gennaio 2009. [GB]