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Un cappio ferroviario per l’Africa occidentale
Conflitti
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Eredità coloniale per un progetto faraonico dagli obiettivi neocoloniali: riattivare e proseguire ciò che la colonia francese non è riuscita a realizzare è il sogno di Vincent Bolloré, classe 1952, noto imprenditore francese. Si tratta di completare dei tratti di ferrovia i cui lavori sono stati avviati nei primi anni del Novecento, poi abbandonati negli anni Trenta, e creare dei collegamenti con le linee esistenti in modo da mettere in comunicazione Costa d’Avorio, Burkina Faso, Niger, Benin e Togo.
Cosa ha in mente il miliardario presidente di Havas telecomunicazioni, primo azionista di Vivendi, imprenditore nel settore dell’energia, dell’agroalimentare e della logistica, primo operatore dei porti dell’Africa occidentale, detentore esclusivo dei due terminal container di Abijan? “I soldi fanno soldi”, come si può evincere dalla tentacolare rete di Bolloré o così potrebbe sembrare.
Tra le tante possibili, una risposta plausibile potrebbe essere legata agli utili che si intravvedono dal sempre più fiorente mercato dei minerali preziosi, come l’oro. Come potervi rinunciare a causa delle inefficienze del sistema logistico e di trasporto stradale: la ferrovia rende di più della strada. Diventa strategico, quindi, investire in un piano di sviluppo del sistema ferroviario che possa diventare la base per un rilancio dell’economia, non solo quella aziendale del gruppo Bolloré Africa Logistics, ma – nelle intenzioni dichiarate – anche dell’intera regione. Spesa prevista: due miliardi e mezzo di euro; obiettivo: costruire 1.500 km di nuova ferrovia e rinnovarne altrettanti in una decina d’anni: appuntamento per il 2024. È il sogno denominato “Bluline”.
Le estremità del cappio sono Abidjan e Cotonou; anche se l’idea è di raggiungere Lomé ed andare oltre, fino a Blitta nella regione centrale del Togo. È interessante e, allo stesso tempo scontato, notare come il filo di ferro passi proprio attraverso città o territori particolarmente ricchi di minerali come Tambao in Burkina. La cittadina burkinabé è nota per l’importante miniera di manganese la cui esportazione è stata nuovamente autorizzata alla fine del 2015 dopo un periodo di sospensione dovuto alla violazione del codice minerario da parte dell’azienda di estrazione guidata da Frank Timis. Raggiungere Tambao era parte del sogno coloniale. Oppure Say, lungo il fiume Niger, a 40 km sud-est da Niamey, dove è presente un importante giacimento di ferro; ma poi ci sono i fosfati, il gas, il petrolio e l’uranio a nord.
Nulla di nuovo sotto il cielo quindi. La volontà di potenza (coloniale), per un certo tempo sopita, sembra essere entrata in una fase di risveglio; non ci sono altri modi per definire il progetto se non che rientra perfettamente dentro la folle corsa per l’accaparramento delle materie prime.
Dal 1960 al 1994, la ferrovia Abidjan-Ouagadougu apparteneva alla RAN (Régie des chemins de fer Abidjan-Niger), una società pubblica gestita da Costa d’Avorio e Burkina Faso, che aveva investito molto sul trasporto passeggeri: venti erano i collegamenti giornalieri nei due sensi, una sessantina le stazioni lungo il percorso. Il traffico passeggeri aveva consentito di dinamizzare le economie produttive locali: laddove c’era una stazione si era attivata una specializzazione commerciale contribuendo allo sviluppo delle diverse località toccate dal treno. Negli anni Ottanta, la concorrenza del trasporto stradale, la cattiva gestione e la scarsità degli investimenti statali hanno contribuito al degrado della rete ferroviaria con una progressiva caduta del traffico. Seguendo le indicazioni della Banca Mondiale e del FMI, Costa d’Avorio e Burkina Faso hanno avviato – anche in questo campo – un processo di privatizzazione senza ritorno.
Dal 1995, la ferrovia è stata data in gestione alla Sitarail, una filiale del gruppo Bolloré, per quindici anni, alla scadenza dei quali la concessione è stata prolungata fino al 2030. Obiettivo del gruppo: rendere redditizio un servizio che non lo era, innanzitutto riducendo il trasporto passeggeri e rinforzando quello merci, chiudendo alcune piccole stazioni e dando priorità al trasporto su lunga distanza. In questo modo la linea ferroviaria è diventata uno spazio di transito chiuso, un tunnel tra Ouagadougou (ed altre poche cittadine) e il porto di Abidjan e non più un corridoio di trasporto in grado di irrigare e drenare merci da e per i territori dei due paesi. Sitarail è strategicamente attenta ai propri utili e il gruppo Bolloré, suo principale azionista, è l’unico a trarne profitto a detrimento delle popolazioni rurali, sempre più isolate e abbandonate insieme alle loro stazioni.
È evidente come i progetti logistici dei grandi gruppi internazionali si allontanino sempre più dai progetti di sviluppo nazionale e locale a mano a mano che aumenta la loro autonomia lungo questi corridoi.
Fin dai primi anni della concessione, per Bolloré le opportunità della ferrovia non erano certo sconosciute. L’idea del miglioramento e sfruttamento delle sue potenzialità è stata congelata per oltre un decennio dalla crisi ivoriana (1999-2011), ma il servizio non è mai venuto meno nonostante il rischio di attraversamento delle zone settentrionali controllate dai ribelli di Guillaume Soro (attuale presidente dell’assemblea nazionale della Costa d’Avorio). Oggi la volontà di rilancio fa presagire la grandezza del progetto, tutte le sue poste in gioco, ma anche le sue debolezze e problematiche sfidanti in particolare in Niger e in Benin dove sono stati avviati i lavori: 143 km tra Niamey e Dosso e 438 km tra Cotonou e Parakou.
Le questioni sono particolarmente accese in Benin dove l’appalto per i lavori della tratta Cotonou-Niamey era stato vinto dal gruppo Petrolin del miliardario di origine beninese, Samuel Dossou, al quale le autorità avevano concesso l’autorizzazione per i lavori nel 2010, ma la rapidità di Bolloré ha preso il sopravvento. Privo di contratto di concessione, ma protetto dalla parola dei capi di stato, pagando gli arretrati degli stipendi dei ferrovieri, il gruppo di Bolloré si è lanciato nell’avventura. I due Rockefeller sono ai ferri corti e la questione è davanti alla giustizia. Contro Bolloré rema anche la società francesce Geftarail che detiene a partire dall’inizio degli anni 2000 i diritti sulla linea ferroviaria dal Benin al Burkina. Nonostante le molteplici richieste di interruzione dei lavori, Bolloré è deciso di far fischiare il suo treno per primo. Faraonico, titanico, neocoloniale sono appellativi che non fanno fortuna presso Bolloré. Oltre alla bluline, in cantiere ci sono anche le bluezone, aree che si dovrebbero articolare lungo la ferrovia, spazi multifunzionali alimentati grazie all’energia solare che offrirebbero la possibilità agli abitanti di accedere gratuitamente ad internet e all’acqua potabile, luoghi di vita animatori di benessere, insomma portatori di sviluppo.
Sono passati cinquant’anni dall’avvio del cantiere coloniale nel 1903 all’inaugurazione della linea Abidjan – Ouagadougou nel 1954. Quanti ne passeranno prima che i quasi tremila chilometri del cappio ferrato diventino, se lo diventeranno, effettivamente operativi? Sperando che nel frattempo la bluline non affondi prima tra le sabbie.
Sara Bin

(1976) vive in provincia di Treviso e lavora a Padova. É dottore di ricerca in geografia umana; ricercatrice e formatrice presso Fondazione Fontana onlus dove si occupa di progetti di educazione alla cittadinanza globale e di cooperazione internazionale; è docente a contratto di geografia politica ed economica; ha insegnato geografia culturale, geografia sociale e didattica della geografia. Collabora con l’Università degli Studi di Padova nell'ambito di progetti di educazione al paesaggio e di formazione degli insegnanti. Ha coordinato lo sviluppo e l'implementazione dell'Atlante on-line in collaborazione con il Ministero dell'Istruzione, del'Università e della Ricerca. Dal 2014 fa parte del gruppo di redattori e redattrici di Unimondo. Ha svolto attività didattica e formativa in varie sedi universitarie, scolastiche ed educative ed attività di consulenza nell’ambito della cooperazione allo sviluppo. Tra i suoi principali ambiti di ricerca e di interesse vi sono le migrazioni, la cittadinanza globale, i progetti di sviluppo nell’Africa sub-sahariana, lo sviluppo locale e la sovranità alimentare. Ha svolto numerose missioni di ricerca e studio in Africa, in particolare in Burkina Faso, Senegal, Mali, Niger e Kenya. E' membro dell'Associazione Italiana Insegnanti di Geografia e presidente della sezione veneta.