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Somalia: ritiro delle truppe etiopi, ma il futuro è incerto
Conflitti
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Resta incerta la situazione in Somalia dopo il ritiro nei giorni scorsi delle truppe di occupazione etiopi presenti da due anni nella capitale Mogadiscio. Se la partenza delle truppe etiopi è stata accompagnata da manifestazioni di gioia da centinaia di somali, nella capitale miliziani fedeli alle deposte Corti islamiche hanno attaccato il Palazzo Presidenziale, 'Villa Somalia', bombardandolo con i mortai. Lo scontro in città ha confermato i timori di quanti paventano che, senza l'appoggio militare di Addis Abeba, il fragile governo transitorio sia di nuovo destinato a soccombere come avvenne tre anni fa, prima che l'Etiopia decidesse d'intervenire nel Paese confinante.
Da Nairobi, l'inviato speciale dell'Onu per la Somalia, Ahmedou Ould-Abdallah, ha lanciato un appello alla responsabilità dei somali, affermando che ora spetta a loro garantire pace e stabilità nel Paese. La decisione di Addis Abeba di mantenere gli impegni assunti alcuni mesi fa è stata accolta con favore dalla comunità internazionale e da gran parte delle forze politiche della Somalia. Il ritiro dei contingenti etiopici è una delle condizioni previste dall’accordo siglato in ottobre dal governo di transizione sostenuto da Addis Abeba e dall’Alleanza per la ri-liberazione della Somalia (Ars). L’intesa impegna le parti a garantire una maggiore rappresentatività del parlamento e a formare un governo ‘di unità’. Ma è forte l'incertezza il futuro della Somalia, un paese lacerato da 18 anni di guerra civile, con il presidente del governo di transizione che si è appena dimesso, il risorgere di gruppi fondamentalisti come gli Shabab (giovani, ndr), e il procedere incerto dei colloqui dopo l'accordo dello scorso ottobre fra il governo di transizione e l'ala moderata delle Corti islamiche.
Proprio l'occupazione etiope avrebbe rafforzato il fronte islamico di lotta e soprattutto quello più radicale degli Shabab protagonista negli ultimi due anni di un'azione di guerriglia costata la vita a migliaia di civili. Secondo le organizzazioni umanitarie dall'inizio del 2007 a oggi nei conflitti tra ribelli islamici che combattono contro il governo e tra di loro sono morte circa 16mila e altre 30mila sono rimaste ferite, mentre più di un milione hanno abbandonato le proprie case. Secondo Ocha sarebbero oltre tre milioni i somali che hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria. Tuttavia, nei giorni scorsi gli Shabab hanno fatto sapere che il ritiro degli etiopi non cambierà la loro strategia: "Anche se le truppe etiopi si stanno ritirando, non smetteremo di combattere - ha detto il loro leader Muktar Robow - perchè noi miriamo a instaurare la legge islamica in tutta la Somalia" - segnala Peacereporter.
Oggi, gli Shabab controllano gran parte della zona centro-meridionale della Somalia, sono attestati alle porte della capitale, e dalla fine di dicembre sono impegnati in duri combattimenti contro una milizia islamicamoderata, per il controllo della zona centrale di Galgadud. Secondo Medici senza Frontiere, sono oltre 50mila le persone costrette alla fuga, mentre l'ong somala Elman Human Rights riferisce di almeno 146 morti e 231 feriti dall'inizio dei combattimenti. "La situazione è precipitata da un giorno all'altro" - ha detto il coordinatore per la Somalia di Medici senza Frontiere. "Gurael è diventata una citta'-fantasma, e lo stesso vale per Dusa Mareb".
A fronteggiare gli Shabab saranno ora le forze congiunte somale e le truppe Amisom, pari a 2.600 uomini. L'Unione africana ha più volte sollecitato l'invio di altre truppe da parte degli Stati membri, per arrivare agli 8.000 autorizzati all'inizio del 2007, quando venne dato il via alla missione. Anche il Segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ha raccomandato nelle scorse settimane di rafforzare Amisom, indicata come l'unica "opzione realistica in questo momento" per favorire la stabilità nel Paese, riferendo di aver chiesto ad almeno 50 Paesi e a tre organizzazioni internazionali di sostenere l'invio di una forza multinazionale e ottenendo risposte "molto tiepide o negative". Tuttavia, nei giorni scorsi si è appreso che gli Stati Uniti stanno facendo circolare alle Nazioni Unite una bozza di risoluzione che prevede il dispiegamento di una forza di pace Onu in sostituzione dell'Amisom, e che fissa al prossimo 1 giugno la scadenza per il Consiglio di sicurezza per prendere una decisione. [GB]