Somalia: civili in trappola dei conflitti a Mogadiscio

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Nuovo allarme in Somalia: dopo che la settimana scorsa gli scontri nella capitale Mogadiscio hanno provocato quasi 90mila sfollati e, in un comunicato senza precedenti, 39 agenzie umanitarie avevano evidenziato di non poter rispondere alla "catastrofe umanitaria" per via della mancanza di sicurezza nella nazione del Corno d'Africa, Medici Senza Frontiere - MSF esprime oggi 'profonda preoccupazione' per la popolazione rimasta nella capitale somala dove la violenza continua ad aumentare.

"A Mogadiscio in questo momento non esiste un posto sicuro dove andare" - afferma Colin McIlreavy, capo missione di MSF in Somalia. "Le persone sono in trappola, non possono permettersi di fuggire o hanno troppa paura di lasciare Mogadiscio". MSF è una delle poche organizzazioni internazionali che fornisce servizi medici a Mogadiscio e sta osservando un aumento della violenza proprio nelle zone attorno a una delle sue cliniche. Ex residenti di un quartiere densamente popolato vicino alla clinica di MSF hanno descritto uomini armati che marciavano lungo le strade saccheggiando le case e in alcuni casi sparando a civili disarmati. MSF ha chiesto a tutte le parti in conflitto di non compiere attacchi indiscriminati contro i civili e di rispettare il diritto internazionale umanitario, garantendo la possibilità ai feriti di essere soccorsi.

Gli elevati livelli di insicurezza spesso impediscono ai feriti di ricevere assistenza medica. Le equipe di MSF non sempre sono in grado di aiutare individui che vengono feriti da schegge di granata o pallottole durante i combattimenti notturni. Molte persone si sono rifugiate in campi improvvisati sorti ovunque nella città, privi di ogni bene di prima necessità se non abiti stracciati e teli di plastica come riparo - che non li proteggono dai proiettili, dai colpi di mortaio e dalle granate. Ci sono pochi uomini in questi campi, molti se ne sono andati, lasciando le donne a lottare per curare i propri bambini, vulnerabili alle violenze e alle razzie. La scorsa settimana, MSF ha curato tre donne che erano state violentate nelle loro case la notte precedente da uomini armati. Anche l'Unhcr riferisce numerosi casi di stupro riportati all'Agenzia Onu dai capi di alcuni degli insediamenti che hanno chiesto un miglioramento delle condizioni di sicurezza e dei livelli di protezione degli sfollati interni.

Nel corso delle ultime settimane, il personale di MSF a Mogadiscio ha raccontato di come i combattimenti siano sempre più vicini alla clinica. Alcuni operatori non sono in grado di spostarsi a causa delle strade chiuse per la violenza. "Abbiamo visto un'importante riduzione nel numero di persone che vengono nella nostra clinica da alcuni quartieri dove i combattimenti sono stati pesantissimi. Questo conferma le storie che ascoltiamo dalle persone che fuggono da questi quartieri per andare in alte parti di Mogadiscio" - racconta il dr. Fuad, un medico di MSF che lavora nella clinica di Mogadiscio. Molti di quelli che possono permetterselo abbandonano la città, ma corrono un rischio molto alto. "Non ho mai visto posti di blocco come quelli tra Mogadiscio e Galcayo: in 300 chilometri, sono riuscito a contarne ben 86 dove veniva chiesto denaro per passare. A metà del nostro viaggio i soldi non bastavano e ci hanno preso tutto" - ha raccontato un uomo intervistato dall'equipe di MSF a Galcayo, a nord di Mogadiscio. MSF è presente in Somalia dal 1991, e oggi opera in 10 regioni centrali e meridionali del paese con oltre 50 operatori internazionali e circa 600 operatori somali.

Dal 2004 in Somalia c'è un Governo Federale Transitorio sostenuto dall'Onu, ma le forze somale devono contrastare gli attacchi giornalieri dei ribelli delle Corti islamiche e dei "signori della guerra". [GB]

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