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Rwanda: termina l'embargo sulle armi Usa
Conflitti
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L'amministrazione americana ha deciso di rimuovere l'embargo per la vendita di forniture belliche all'esercito e al governo ruandese, introdotto nove anni fa all'indomani del genocidio del 1994, nel quale, secondo il tribunale ruandese di Gikonko persero la vita circa 800mila persone sia di etnia tutsi che hutu. Le aziende Usa potranno avere relazioni commerciali soltanto con le forze armate ruandesi, mentre permane il divieto di esportare armamenti ed equipaggiamenti militari a entità non governative. La ripresa del commercio di armi avviene mentre dalla vicina Repubblica Democratica del Congo rimbalzano accuse di coinvolgimento dell'esercito ruandese negli scontri ancora in corso nell'est dell'ex Zaire.
In occasione del recente Meeting internazionale sulle migrazioni di Loreto, Eugenio Melandri, coordinatore dell'Associazione "Chiama l'Africa", ha lanciato una campagna per l'abolizione del commercio di armi leggere verso l'Africa. "L'Africa ha bisogno di tutto meno che di armi. Ha bisogno che ci si metta al suo fianco per appoggiare la società civile che si organizza e che resiste anche nei momenti più difficili. Purtroppo - continua Melandri - nel continente africano sono in atto tante guerre molte delle quali combattute anche da ragazzi e da bambini con armi che non sono fabbricate nel continente ma provengono dall'estero. Alcuni anni fa le Nazioni Unite hanno lanciato una proposta di moratoria del commercio delle armi leggere verso l'Africa; purtroppo la proposta è rimasta lettera morta."
Alcune settimane fa "Chiama l'Africa" aveva criticato la decisione dell'amministrazione romana di avviare progetti di cooperazione con la capitale ruandese Kigali alla luce del coinvolgimento delle autorità ruandesi nel conflitto che dal 1998 ha provocato oltre 3 milioni di morti nella Repubblica Democratica del Congo.
Tale coinvolgimento è documentato anche dalle fonti ufficiali. L'Onu ha pubblicato due rapporti in cui questo dato emerge in tutta la sua chiarezza. Inoltre denuncia l'associazione Chiama L'Africa il regime del presidente Kagame - che gode di buoni appoggi a Washington - rivela sempre di più il suo volto autoritario e repressivo anche all'interno del paese, dove molti oppositori sono perseguitati o addirittura fatti sparire.
Nei giorni scorsi sono stati interrogati quattro esponenti di primo piano dell'opposizione, accusati di provocare 'divisione etnica' nel 'Paese delle mille colline'.
Fonti: Misna, UN Integrated Regional Information Networks, Chiama l'Africa, Vita.