www.unimondo.org/Guide/Guerra-e-Pace/Conflitti/Ruanda-minacce-e-vessazioni-per-elezioni-presidenziali-82981
Ruanda: minacce e vessazioni per elezioni presidenziali
Conflitti
Stampa
Alla vigilia delle elezioni presidenziali del 25 agosto in Ruanda Amnesty International condanna fermamente il crescente numero di minacce e intimidazioni politiche compiute nei confronti di privati e comunità locali.
Fra le strategie usate dal Fronte patriottico ruandese (Rpf) per minare il supporto all'opposizione vi sono la detenzione di oppositori politici, l'affiliazione forzata nelle fila del partito Rpf e l'intimidazione violenta, incluse le minacce di morte. Il candidato del Rpf, l'attuale presidente Paul Kagame, sta conducendo una campagna elettorale il cui messaggio principale consiste nell'accusare gli altri candidati di incitare alla ‘divisione etnica'.
Il candidato principale ed ex primo ministro, Faustin Twagiramungu, durante la sua campagna ha incontrato numerosi ostacoli. Questa settimana è stato costretto ad interrompere la sua campagna per alcuni giorni in seguito a minacce di morte che il suo autista e il suo assistente personale hanno ricevuto dagli agenti di sicurezza ruandesi. Twagiramungu ha anche dovuto affrontare difficoltà logistiche: la polizia ha ritirato i suoi volantini politici con la motivazione che erano discriminanti nei confronti delle etnie e il governo gli ha impedito di prenotare locali per organizzare eventi di campagna politica in tutto il paese.
"Il governo ruandese sta gestendo le prime elezioni post genocidio in un clima di paura e intimidazione. Come può il popolo ruandese esercitare liberamente i propri fondamentali diritti politici se vengono arrestate persone semplicemente perché non parteciperebbero a raduni di supporto al Fronte patriottico ruandese (Rpf), il partito al governo?" ha chiesto Amnesty International. Il governo sta vessando coloro che hanno firmato la lista ufficiale a sostegno della candidatura di Twagiramungu.
Secondo quanto riferito, presunti oppositori politici sono stati detenuti e in seguito rilasciati a condizione che rinunciassero alla loro affiliazione ai partiti dell'opposizione e mostrassero insegne del partito Rpf. Le testate giornalistiche filogovernative stanno conducendo una campagna denigratoria contro Twagiramungu.
Twagiramungu concorre come indipendente, dal momento che il suo ex partito, il Movimento Democratico Repubblicano (MDR), è stato messo al bando all'inizio dell'anno. Twagiramungu ha cercato di fondare un nuovo partito l'ADEP-Mizero, a cui il governo ha però negato status legale accusandolo di ricevere fondi stranieri e non essere in linea con la Costituzione. La polizia ha convocato quotidianamente i leader di ADEP-Mizero per sottoporli ad interrogatori, come stratagemma del governo per ostacolare la loro campagna in favore di Twagiramungu. Secondo quanto riferito, recentemente a due leader del partito, Célestin Kabanda e Jean Minani, sono stati ritirati i passaporti. Léonard Kavutse, un ex membro del Parlamento appartenente al MDR e fondatore di ADEP-Mizero, è trattenuto nella stazione di polizia di Gikondo, nella capitale Kigali, dal 19 agosto.
Secondo Jenue Afrique Economie i due candidati puntano allo sviluppo rurale, mentre in paese sta vivendo una politica di privatizzazioni che vede coinvolta anche la compagnia telefonica Rwandatel. Il te sta diventando la maggiore produzione del paese superando anche quella del caffe e del coltan (colombo-tantalite), minerale usato per le componenti elettroniche dei telefonini.
Il paese è passato tristemente alla ribalta per i massacri con centinaia di migliaia di morti tra le due etnie Tutsi e Hutu. La minoranza Tutsi ha sempre combattuto contro il regime Hutu, sorto subito dopo l'indipendenza nel 1962. L'episodio più tragico risale al 1994, quando i governanti Hutu pianificarono e attuarono il genocidio sistematico di un milione di Tutsi. La reazione fu altrettanto violenta, e dopo mesi di combattimenti, e altre migliaia di morti, i Tutsi conquistarono Kigali e il governo del Paese.
Fonte: Warnews, Jenue Afrique Economie, Amnesty International