Quando c’è sentimento, non c’è mai pentimento?

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C’è una scena memorabile nella serie “House of Cards” dove una donna chiede ad un’altra donna, la protagonista femminile, se si sia pentita di non aver avuto figli. Lei risponde con un lungo silenzio di disapprovazione e poi domanda, di rimando: “E tu, ti sei pentita di averne avuti?”.  

Madri che si sono pentite di aver fatto figli: per chi volesse approfondire il tema, c’è tutto un mondo che è partito da uno studio del 2015 intitolato “Regretting motherhood”, della sociologa israeliana Orna Donath. Da poco è sorto anche “Il movimento delle madri pentite” – lanciato e portato avanti da Karla Tenório, attrice e scrittrice brasiliana, che si può trovare al profilo Instagram @maearrependida. Non si tratta di non voler bene ai propri figli – speriamo sia ovvio - ma di mettere in discussione l’idea secondo la quale essere madri è la cosa più bella del mondo e per essere delle brave madri bisogni dedicarsi in toto all’altro.

C. ed I. hanno accettato di raccontarci le loro storie di pentimento: una attraverso la scrittura, l’altra attraverso un’intervista. Ecco i loro racconti. 

Sulla maternità C. scrive “Ci ho messo un po’ ad elaborare il fatto di diventare mamma, anche dopo il parto. Un po’ per come sono rimasta incinta, che è stata una sorpresa; poi non sono sicuramente mai stata una di quelle che pensava alla maternità. Ho avuto un periodo in cui avrei voluto tornare indietro, mi dicevo ‘che cosa hai fatto’. Poi negli anni mi sono resa conto che questo sentire era più che altro legato alle difficoltà di comunicazione: per capirci, tutto quello che fa parte del mondo relazione di coppia con il papà. Poi mi sono messa in pari col fatto di essere diventata mamma, non perdo neanche più tempo ed energie a dire ‘mi piacerebbe tornare indietro’; però è stato un lavoro di consapevolezza.Poi non sono la mamma super lanciata, ci sono le difficoltà, tante, ogni giorno, soprattutto poi quando si comincia ad avere a che fare con le istituzioni tipo la scuola. Però ci vedo anche quello che la maternità mi ha dato di positivo, e l’energia che mi ha dato per fare certe scelte e poi portarle anche avanti”.

E poi, rispetto alla difficoltà con la coppia, riporta: “Diciamo che la separazione - per quanto difficile, complessa e piena di ostacoli da superare - comunque ha anche ridimensionato il mio essere mamma, nel senso che per la divisione che ci siamo dati io oggettivamente durante la settimana ho spazio per me. Perciò sì, diciamo che da una parte questa situazione mi ha portata ad avere sicuramente più tempo per me; poi è difficile da gestire, non è che posso realmente fare quello che voglio e poi anche gestire i sensi di colpa, soprattutto all’inizio, mi ha richiesto un sacco di tempo e di energie. In questo momento mi verrebbe da definirmi una mamma realizzata che sa vedere il buono, sa vedere le difficoltà e cerca di tenerle assieme. Ci sono giorni in cui lo strangolerei ma so benissimo che a questo punto la voglia di tornare indietro è stata superata”.

E poi c’è la storia di I., con cui invece abbiamo parlato.

Raccontaci la tua esperienza.

Diciamo che se dovessi, oggi, col senno di poi, rifare un figlio - non lo rifarei; non per me, ma per lui. A volte l’istinto prevale sulle considerazioni che fai. In me era quasi una rivalsa, un creare quella famiglia che non avevo avuto nella mia famiglia - ma quando fai un figlio escono tutti i tuoi problemi non risolti. E il figlio ha giustamente tutti i diritti e tu hai solo doveri. Devi totalmente trasformarti, con l’ansia di non essere adeguata; fai un figlio e conti sui tuoi amici e sulla famiglia, invece no: la famiglia non cambia, ed i figli sono un fastidio per gli amici. Il padre poi aveva iniziato ad avere problemi di droga, ed io mi sono trovata da sola. I padri possono sempre sottrarsi, ma se tu sei madre invece devi assumerti tutte le responsabilità, anche quando non hai voglia. La mia angoscia era: e se succede qualcosa a me? Ti viene una rabbia dentro, perché non puoi sottrarti.  

Tutti elementi che non avevi considerato, per forza di cose.

Quando sei incinta vedi le cose belle, tendi a vedere te col bambino mano nella mano, con questa relazione empatica… ed è vero, in parte è così. Però c’è tutto il resto di cui tu non hai tenuto conto. Quando ho lasciato il padre mi sono dovuta ricostruire una vita completamente diversa, ho fatto di tutto. Poi fino ai 12 anni del bambino non ho avuto uno spazio mio neanche a morire, la mia vita era sparita. Dopo 12 anni mi sono impuntata ed ho detto basta. 

Cos’è successo nella relazione con tuo figlio a quel punto?

Per assurdo con mio figlio la relazione è fluita molto di più, perché una madre serena cambia totalmente la prospettiva; ora abbiamo una relazione bellissima - lui è orgoglioso di me, io mi sento più adeguata. Non puoi perdere completamente di vista te stessa per dedicarti interamente a qualcun altro. È un po’ un circolo in cui entri e da cui non sai come uscire. C’era la rinuncia, che adesso non esiste più.

Pensi che se avessi avuto un aiuto intorno a te sarebbe stato diverso?

Sai, a volte avere persone con cui condividere modelli ed impressioni aiuta perché lo puoi integrare con quello che pensi tu. E poi la gestione del padre, tossicodipendente: capire come tenerlo nella vita del figlio, aiutando in quello che potevo pur lasciandolo e non stando più insieme. Alla fine avevo due bambini: uno di 40 anni ed uno di 3 e dovevo gestirmi tra i due. Evidentemente aiutavo il padre per mio figlio. Prima ho sentito tanta rabbia, poi pian pianino è arrivata l’armonia, grazie alla pratica dello yoga.

Consapevolezze che hai acquisito?

Mi sono resa conto che ero sempre scappata nella mia vita. Quando le cose non funzionavano io uscivo di scena. Avere un figlio ti radica, e fermarmi per me è stato accettare la realtà quotidiana e calarmici dentro. Ma mi sentivo in gabbia con questo bambino, mi sentivo soffocare e non mi sentivo aiutata. Poi certo, un figlio a livello di crescita personale per una donna è incredibile, cambia tutto. 

Considerazioni finali? 

Il risultato è buono quindi alla fine deve essere andata bene, pur con tutte le mie manchevolezze. Mio figlio mi ha riconosciuto di amarlo e metterlo sopra qualsiasi cosa e questo ha fatto sì che sia un ragazzo allegro, sorridente, studioso. Io gliel’ho anche detto che facevo questa intervista che mi sono pentita ma che lo amo da morire, e lui mi ha detto che a seconda di cosa avrei raccontato avrebbe deciso se aprirmi la porta quando tornavo (ride, ndr). Credo che una donna debba sapere che quando decide di avere figlio sta tutto a lei, è una scelta solo sua perché poi dipenderà tutto da lei. Chiaro ci sono le eccezioni, ma per la maggior parte dei casi va così. Adesso mi guardo indietro e sono felice, nonostante sia pentitissima ne è valsa la pena.

Novella Benedetti

Giornalista pubblicista; appassionata di lingue e linguistica; attualmente dottoranda in traduzione, genere, e studi culturali presso UVic-UCC. Lavora come consulente linguistica collaborando con varie realtà del pubblico e del privato (corsi classici, percorsi di coaching linguistico, valutazioni di livello) e nel tempo libero ha creato Yoga Hub Trento – una piattaforma che riunisce varie professionalità legate al benessere personale. È insegnante certificata di yoga.

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