Pax Christi: disarmare il mondo (a cominciare dal 2012)

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Come da tradizione si sono svolte in varie città italiane molte manifestazioni, patrocinate da associazioni e movimenti cattolici ma non solo, per celebrare la 45° Giornata Mondiale della Pace.

Tra le varie iniziative messe in campo ricordiamo quelle della Comunità di Sant’Egidio, che ha invitato ad unirsi al messaggio del Papa Benedetto XVI “Educare i giovani alla Giustizia e alla Pace”, “nella convinzione che ripartire dal mondo giovanile e dalla responsabilità nei confronti delle nuove generazioni è una della grandi vie per umanizzare le società contemporanee, per la realizzazione del bene comune e l’affermazione della pace nel mondo”. Così si legge ancora in un comunicato stampa relativo all’evento celebrato ieri: “È in questo spirito che anche quest’anno - il 1 gennaio 2012 - si svolgeranno circa 650 manifestazioni nel mondo, promosse dalle Comunità di Sant’Egidio in collaborazione con tante altre realtà e gruppi, associazioni e movimenti, credenti e non: tutti veri amici della pace. L’insistenza nel ripetere ogni anno l’iniziativa esprime la volontà di non rassegnarsi mai all’impossibilità di costruire la pace insieme alla scelta di non accettare in alcun caso la guerra come “inevitabile”.

Il movimento Pax Christi ha invece salutato l’anno con una tre giorni di incontri a Brescia, al termine dei quali si è svolta la 44ª Marcia nazionale della pace. Così Famiglia cristiana presenta l’incontro: “Il tema scelto, che viene introdotto da monsignor Giovanni Giudici, vescovo di Pavia e presidente dell’organizzazione, ha direttamente a che fare con la città di Brescia che quest’anno ospita sia la marcia che il convegno: «Disarmo vuol dire futuro. Per un’economia di giustizia e di pace». La patria di Paolo VI, infatti, è anche la provincia nella quale si produce il maggior numero di armi nel nostro Paese. La riflessione a tutto campo analizza anche la possibilità di riconversione delle industrie belliche e l’intreccio tra commercio delle armi e investimenti delle banche”.

Monsignor Giudici, nell’introdurre i lavori, ha affermato tra l’altro: “Il nostro obiettivo è testimoniare con opere e parole il rapporto tra il Cristo e la pace e far crescere nel popolo di Dio il gusto della pace”. Guardando alla realtà italiana “c’è un’atmosfera di violenza che si raggiunge da ogni parte e che segna anche la nostra convivenza civile: il mio assalitore viaggia accanto a me, è seduto vicino a me in metropolitana, è uno sconosciuto che cammina sulla mia strada. La pace allora si costruisce in questo contesto”. E infine l’obiettivo: “dobbiamo essere persone che sanno contemplare la possibilità della pace”.

Tra i vari relatori del convegno, Giorgio Beretta, già caporedattore di Unimondo, ha dato le cifre dell’esportazione di armamenti che dall’Europa (e dall’Italia) giungono nelle varie zone calde del mondo. Dal 1990, anche grazie alla lotta di pax Christi e di altri movimenti, l’Italia si è dotata di una legge sul commercio delle armi che non è una legge pacifista, ma mette alcuni paletti: è vietato vendere armi a paesi sotto embargo, dove ci sono gravi violazioni dei diritti umani, a paesi che sono in conflitto... Che bilancio si può fare vent’anni dopo? Lungo tutti gli anni 90 (fino al 2002) l’export italiano di armi è stato costante aggirandosi intorno ai 1, 5 miliardi di euro: negli ultimi anni invece, a discapito della crisi, l’industria militare ha avuto un’impennata nel fatturato. Nel 2010 le consegne di armi sono arrivate ai 3 miliardi di euro; oltre il 47% delle esportazioni finisce a paesi fuori dalla Nato e dall’Unione Europea. Ciò significa che la legge non è riuscita a prevenire il commercio di armi con paesi in guerra.

Dal 2000 è partita la campagna contro le Banche Armate che è riuscita a fare almeno una piccola breccia nell’opinione pubblica: i movimenti pacifisti, i gruppi cattolici, le parrocchie devono continuare a fare pressione. Occorre monitorare le banche che nel frattempo continuano a cambiare denominazione e a fondersi diventando europee o internazionali. Così è nata un’altra iniziativa, chiamata Science for peace, che fa capo alla fondazione Veronesi e che tiene conferenze internazionali. Tra gli altri gruppi di lavoro ce n’è uno sorto proprio per definire un codice di responsabilità in merito al finanziamento del settore degli armamenti. Il codice all’ambizione di essere presentato come un punto di riferimento a livello internazionale: occorre riflettere su ogni atto, se esso favorisce o allontana la pace. Occorre arrivare al principio condiviso che non tutto quello autorizzato dagli Stati è eticamente lecito e va nella direzione giusta.

In questa direzione vanno le conclusioni finali del convegno in cui tra l’altro si legge: “Educare i giovani alla giustizia e alla pace vuol dire educarci tutti al disarmo delle menti, dei cuori e dei territori. Allontanare la paura. Plasmare una sicurezza comune. Costruire un futuro senza atomiche e un’Italia smilitarizzata nell’economia e nella politica, nella cultura e nel linguaggio, nelle relazioni umane, nelle nostre città.

“Educarci alla giustizia e alla pace vuol dire tagliare le spese militari. Dire NO ai cacciabombardieri F35 Joint Strike Fighter (che costano 15 miliardi di euro), NO ai 100 caccia Eurofighter (10 miliardi di euro), NO a nuove navi di guerra. Rafforzare le spese sociali. Riconvertire l’industria bellica. Sviluppare la cooperazione e il Servizio civile”.

“Educare alla giustizia e alla pace vuol dire chiedere alle proprie banche di uscire dal mercato delle armi. Diffondere negli Istituti di credito una Carta della responsabilità etica per il controllo-riduzione di operazioni finanziarie rivolte alla produzione e al commercio di armi. Realizzare le “tesorerie disarmate” negli Enti locali, nelle parrocchie, nelle diocesi”.

“Educarci alla giustizia e alla pace vuol dire promuovere la festa della Repubblica attivando le “forze disarmate” della società civile”.

Un programma denso e significativo, che va al cuore dell’impegno per la pace e che potrebbe accompagnare e stimolare concretamente tutte le azioni del 2012. [PGC]

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