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Olimpiadi: Amnesty incontra il Coni, pressioni sulla Cina
Conflitti
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Amnesty International esprime soddisfazione per l'esito dell'incontro con i vertici del Coni e continuerà a sottoporre al Coni informazioni relative alla situazione dei diritti umani in Cina nei mesi che precederanno l'inizio dei Giochi olimpici. Lo riporta un comunicato della Sezione Italiana di Amnesty International: ieri mattina una delegazione di Amnesty, guidata dal direttore Gabriele Eminente, ha incontrato il presidente del Comitato olimpico nazionale italiano Giovanni Petrucci, il segretario generale Raffaele Pagnozzi e il presidente del Comitato italiano paralimpico Luca Pancalli.
La delegazione di Amnesty International ha presentato la propria campagna "Pechino 2008: Olimpiadi e diritti umani in Cina", soffermandosi in particolare su quattro forme di violazione dei diritti umani particolarmente collegate alla preparazione dei Giochi olimpici: l'amplissimo uso della pena di morte, la censura nei confronti dei giornalisti della carta stampata e di Internet, il vasto ricorso alla rieducazione attraverso il lavoro e ad altre forme arbitrarie di detenzione amministrativa e, infine, la repressione nei confronti dei difensori dei diritti umani.
Il presidente Petrucci ha confermato che il Coni sostiene i valori dell'olimpismo ed è interessato e sensibile al dialogo con Amnesty International, parallelo a quello che intercorre a livello mondiale tra il Comitato olimpico internazionale e il Segretariato dell'organizzazione per i diritti umani. Ha inoltre ribadito che le atlete e gli atleti sono liberi di aderire alle iniziative di Amnesty International. Su sollecitazione del presidente Pancalli, infine, Amnesty International si è impegnata a seguire con attenzione la situazione dei diritti umani delle persone diversamente abili in Cina, particolarmente delle atlete e degli atleti cinesi che prenderanno parte ai Giochi paralimpici di settembre.
Un confronto positivo, dunque, dopo che scorso dicembre la Sezione Italiana di Amnesty International aveva rivolto precise accuse al Comitato Olimpico Internazionale (Cio) e al Coni denunciando la "cortina di silenzio sulla questione dei diritti umani in Cina". Amnesty aveva rivolto accuse precise anche al Coni: "Dobbiamo rilevare - ha detto Pobbiati - che l'interlocuzione con il Coni è stata impossibile. E ci risultano anche pressioni su atleti che avevano dato disponibilità a essere testimonial della nostra campagna. E' vergognoso". In un nota il Coni aveva risposto che "Mai nessun dirigente del Coni ha fatto pressioni su qualsiasi atleta italiano per dissuaderlo da campagne di testimonianza e sensibilizzazione in difesa dei diritti umani".
Intanto, dopo l'annuncio delle dimissioni di Steven Spielberg da consigliere artistico dei Giochi olimpici di Pechino, l'Independent ha pubblicato un appello di otto premi Nobel che chiedono alla Cina di fare pressioni sul Sudan affinché ponga fine alla guerra in Darfur. "Sul quotidiano britannico è riportato in prima pagina il testo integrale della lettera, inviata nei giorni scorsi al Presidente cinese Hu Jintao anche da tredici atleti olimpici e quarantasei parlamentari, insieme a celebrità come Mia Farrow e la leggenda dell'hip-hop Russell Simmons" - riporta Antonella Napoli di Articolo 21. Nella missiva si critica il sostegno garantito dalle autorità cinesi a Khartoum, "che continua a compiere atrocità contro il suo popolo".
Nell'intervento pubblicato sull'Independent, oltre alla richiesta di garantire un supporto al contingente di pace dell'Onu dispiegato nella regione sudanese, è elencata una serie di azioni che Pechino dovrebbe avviare nei confronti di Khartoum. Fornire subito metà degli elicotteri da trasporto di cui ha bisogno la missione; sostenere l'adozione di misure punitive contro funzionari di Khartoum, come previsto dalle sanzioni Onu, fino a quando non verranno ripristinate pace e sicurezza in Darfur; sospendere la cooperazione militare con il regime sudanese e collaborare con Stati uniti, Francia e Regno Unito nel sostegno dell'azione di Onu e Unione africana in Darfur, nel Sud Sudan e in Ciad. Questi i principali punti dell'appello promosso dalla Save Darfur Coalition e rilanciato in Italia da Articolo 21 e Italians for Darfur. [GB]