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Nassiriya: omissione colposa, tre ufficiali rinviati a giudizio
Conflitti
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Rinviati a giudizio dal procuratore militare di Roma, Antonino Intelisano, tre ufficiali accusati di aver colposamente omesso di approntare una serie di misure idonee alla difesa di Base Maestrale, l'installazione militare nel centro di Nassiriya in Iraq in cui morirono 19 italiani nell' attentato del 12 novembre 2003. I tre ufficiali devono rispondere del reato previsto dal Codice penale militare di guerra di aver omesso di provvedere ai mezzi necessari alla difesa del forte di cui avevano il comando.
Gli imputati sono i generali dell'Esercito Vincenzo Lops e Bruno Stano, che si sono avvicendati al comando del contingente nazionale, e il colonnello dei Carabinieri Georg Di Pauli, comandante della Msu, l'unità specializzata multinazionale dell' Arma che aveva il suo quartier generale proprio nella Base Maestrale. In particolare, sempre secondo quanto si è appreso, al colonnello Di Pauli la Procura contesterebbe di non aver adeguatamente protetto l'ingresso della base con posti di sbarramento, escobastian, grandi contenitori pieni di ghiaia, e altre predisposizioni. Per quanto riguarda invece i generali Lops e Stano, l'aspetto specifico dell' accusa riguarda la mancata predisposizione di un dispositivo di difesa idoneo nel suo complesso, anche in relazione a una serie di warning, cioe' allarmi relativi a possibili attacchi.
In un video trasmesso da RaiNews24 alla fine di giugno del 2006, emerse un particolare che forniva ulteriore sostegno all'ipotesi che la strage è stata aggravata da carenti o errate misure di sicurezza: dopo l'attacco suicida del camion-bomba, esplodono le munizioni di un piccolo deposito d'armi della base. Un elemento che, accompagnato dalla constatazione che nei cadaveri di alcuni dei militari morti siano stati rinvenuti proiettili in dotazione all'esercito, porta a supporre che alcuni dei caduti siano morti a seguito dell'esplosione della casamatta, situata in un luogo troppo vicino agli alloggi.
Il generale Fabio Mini, contattato da PeaceReporter, ha spiegato che, nel suo lavoro di verifica della capacità e della preparazione del Comando italiano in Iraq, aveva inoltrato al Capo di Stato Maggiore dell'Esercito un rapporto in cui si elencavano una serie di cose che a Nassiriya non avrebbero funzionato. "Suggerii al Capo di Stato Maggiore di presentare le mie considerazioni alla magistratura - spiega Mini -, in quanto avrebbero potuto risultare utili nell'inchiesta di Intelisano". Quali erano queste 'indicazioni'? "Prendevo in considerazione il grado di sicurezza passiva in atto a Nassiriya, interrogandomi sul come mai fosse stata scelta quella sede per il Comando e come mai le misure del precedente contingente Usa che occupava l'installazione non fossero state rispettate. Girava l'idea che la caserma fosse stata gestita come si gestiscono le caserme dei Carabinieri in Italia. Ma lì eravamo in Iraq". Come commenta la decisione di Intelisano? "Nell'ambito della sua inchiesta sono emerse ipotesi di responsabilità abbastanza gravi, bisogna che vengano portate alla luce del sole in modo da essere chiarite una volta per tutte" - conclude il generale Mini.