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Mondo: 81 i giornalisti uccisi, peggio dei tempi del Vietnam
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Nel 2006 sono stati 81 i giornalisti uccisi in 21 nazioni mentre esercitavano la loro professione ai quali vanno aggiunti 32 collaboratori (autisti, traduttori o guide) che sono morti insieme a loro: erano stati 63 giornalisti e cinque collaboratori nel 2005. In 20 anni di guerra in Vietnam erano stati uccisi 64 giornalisti: tanti quanti ne sono morti negli ultimi dodici mesi soltanto in Iraq, il Paese che si conferma, considerando anche i 17 rapimenti - di cui sei terminati con un'esecuzione - come il più pericoloso per i reporter. Dall'inizio dell'intervento militare anglo-americano a marzo del 2003 sono stati 139 i giornalisti uccisi in Iraq, più del doppio di quanti persero la vita in Vietnam tra il 1955 e il 1975. Lo segnala il Rapporto 2006 sulle violazioni della libertà di stampa, stilato come ogni anno da Reporters sans frontières (RSF). E sempre nel 2006 cinquantasei giornalisti sono stati rapiti, la maggior parte nella Striscia di Gaza e in Iraq.
Bisogna risalire al 1994 per trovare un bilancio peggiore, 103 vittime, mentre c'erano allora vari teatri di guerra, dal conflitto in Rwanda a quelli in Algeria ed ex-Jugoslavia. Nel 2006 sono stati aggrediti o minacciati 1.472 reporter e 871 sono stati arrestati: entrambi i dati in sensibile aumento rispetto all'anno precedente. "Il 2006 è stato l'anno peggiore. Un anno di brutalità e di impunità continua nell'uccisione dei giornalisti" - denuncia RSF. Dei 64 giornalisti uccisi in Iraq la quasi totalità stati giornalisti iracheni, ma "le indagini sono estremamente rare o non avvengono proprio" - denuncia il rapporto. Il secondo posto più pericoloso al mondo per i giornalisti è il Messico, che con nove giornalisti uccisi quest'anno ha superato la Colombia; al terzo posto con sei morti le Filippine.
Anche la Russia è pericolosa, con tre giornalisti morti, compresa Anna Politkovskaya, critica nei confronti del presidente Vladimir Putin, uccisa a colpi di arma da fuoco a Mosca ad ottobre. "In tutto, 21 giornalisti sono stati uccisi in Russia da quando Vladmir Putin è salito al potere nel marzo 2000" - spiega Rsf, aggiungendo che il Cremlino ha messo insieme un team di 150 investigatori per fare luce sulla morte di Politkovskaya. "La verità è pericolosa e il potere spesso la teme" - commenta Mimmo Candito, presidente italiano di Reporters sans frontierès: "La consapevolezza che tutti i poteri ormai hanno della centralità dell'informazione, nelle dinamiche della vita sociale, spinge a tentare in ogni modo un controllo sempre più forte e spregiudicato, fino all'uccisione o alla censura violenta sul lavoro giornalistico, per condizionarne la libertà di indagine, l'autonomia di espressione, la forza della denuncia".
RSF conta inoltre oltre 1400 casi di aggressioni e intimidazioni verso giornalisti nel corso dell'anno passato, e segnala che spesso una intensificazione di queste minacce si registra durante le campagne elettorali. L'unico parametro in miglioramento rispetto al 2005 è quello dei media censurati: sono 912 contro i 1006 dell'anno precedente, mentre il primato della censura va alla Thailandia.
Anche internet, spesso considerato immune dalla censura, se la deve vedere con tredici Paesi nemici della libertà telematica: Arabia Saudita, Bielorussia, Birmania, Cina, Corea del Nord, Cuba, Egitto, Iran, Uzbekistan, Siria, Tunisia, Turkmenistan e Vietnam. Nel corso del 2006 sono stati arrestati 871 reporter e sono stati 56 i rapimenti di giornalisti in 10 nazioni. RSF rileva che tutti i rapimenti avvenuti nella striscia di Gaza si sono conclusi positivamente, cioè con la liberazione degli ostaggi, mentre in Iraq, su un totale di 17 rapimenti, 6 giornalisti sono stati uccisi dai loro carcerieri.
Ma c'è una notizia positiva: l'adozione da parte del Consiglio di Sicurezza dell'Onu della risoluzione 1738 per la protezione dei giornalisti nelle zone di conflitto. La proposta di risoluzione era stata avanzata prima di Natale dal ministro degli Esteri francese, Philippe Douste-Blazy. [GB]