Meloni all’ONU. Ovvero, dalla parte privilegiata dell’Assemblea

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Il fact-checking va di moda. 

Da un po' di anni. 

Forse uno zampino in tal senso l’ha dato nel 2003 l'intervento del Segretario di Stato statunitense Colin Powell in Consiglio di Sicurezza per ottenere l’autorizzazione all’intervento militare in Iraq. Le prove del possesso di armi batteriologiche detenute da Baghdad furono poi verificate come un aberrante FALSO.

Vent’anni dopo una analoga ispirazione ha pervaso il discorso della premier Giorgia Meloniintervenuta alla 78° Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite a New York lo scorso 20 settembre. Lo schema di base del suo discorso, proferito in diretta streaming dinnanzi ai rappresentati degli altri 192 Stati membri dell’ONU, ha ricalcato un consueto schema incentrato sulla significatività dell’organismo mondiale per la pace e la sicurezza internazionali nonché sull’onore e, al contempo, sulla responsabilità di poter sedere all’interno del consesso e di pronunciare il discorso. VERO.

Meloni premette poi che ritiene fondamentali per l’ONU due elementi, che “hanno dato un senso a questo luogo”: il primo, l’esistenza delle nazioni come risposta al bisogno naturale degli uomini di avere una identità comune, con cui condividere la memoria storica, le leggi, gli usi e i costumi. Il secondo, l’esistenza di una istituzione mediante la quale risolvere le controversie internazionali senza l’uso della forza. Il salto a un sillogismo imperfetto è breve: la presidente del Consiglio lascia la consueta traccia edulcorata in stile ONU, saggiamente proposta dagli addetti della Farnesina in 70 anni di esperienza, e passa al consueto linguaggio complottista e allusivo che pervade la politica italiana, laddove con enfasi indica che “dobbiamo respingere il racconto interessato e utopico di chi dice che un mondo senza nazioni, senza confini e senza identità, sarebbe anche un mondo senza conflitti”. E subito dopo si collega l’assenza di identità al ritorno della forza come strumento di risoluzione del conflitto. “La scelta è tra la Nazione e il caos, e tra la Ragione e la prevaricazione.” FALSO.

Nessuna deduzione, solo un punto di vista pregiudizievole e ignorante (ossia che ignora) degli studi di tanti intellettuali del nostro secolo, in primis dello storico Eric Hobsbawm e il suo noto “Nazioni e nazionalismi dal 1780” che confuta l’idealismo della creazione della nazione per rilegarla a fenomeno storico e funzionale a dinamiche sociali-economiche-culturali. VERO

Ma è dopo che viene il bello, queste sono soltanto le premesse. Il discorso tocca ampiamente il conflitto in Ucraina, le cui conseguenze, si dichiara, impattano soprattutto “le Nazioni del sud del mondo”, “le nazioni più povere”. E qui il discoro di Meloni prosegue con i temi tanto cari all’ONU, con “l’attenzione dell’Italia rivolta particolarmente verso l’Africa,dove nazioni già provate dai lunghi periodi di siccità e dalle conseguenze dei cambiamenti climatici si trovano oggi di fronte a una situazione difficilissima anche in termini di sicurezza alimentare, che le espone ancora di più all’instabilità, e le rende facili prede del terrorismo e del fondamentalismo”. Anche se non si indica quale sia la particolare politica di attenzione del Belpaese, VERO.

Colpo di genio nelle frasi successive del discorso, laddove nuovamente si lascia il passo al complotto internazionale. “È una scelta. Creare il caos e diffonderlo. E in quel caos, che produce decine di milioni di persone potenzialmente in cerca di condizioni di vita migliori, si infiltrano reti criminali che lucrano sulla disperazione per collezionare miliardi facili”. Pesta e corna, quindi, sui trafficanti di esseri umani che organizzano la tratta dell’immigrazione illegale di massa, che pensano solo al guadagno nel pieno disprezzo della vita degli esseri umani che a loro si affidano. VERO

Ed ecco quindi la frase perno del discorso “È a questa gente che un certo approccio ipocrita in tema di immigrazione ha fatto arricchire a dismisura”. Ossia, vengono prima elencate alcune delle principali cause delle migrazioni internazionali (fame, guerre, terrorismo), si ricorda come ci sia un lucro sulla disperazione e si getta la colpa di questa situazione non sulla mancanza di politiche migratorie legali, che toglierebbero i disperati dalle mani di trafficanti, ma su chi dà una mano per lenire le sofferenze di chi è incappato in questa rete. Meloni prosegue senza domandarsi ad alta voce “Come posso io, in quanto capo di Stato, membro dell’UE e del G8, impedire questa tratta di esseri umani?” ma puntando il dito contro l’ONU: “Perché davvero una organizzazione come questa, che crede nella dignità e nel valore della persona umana, può voltarsi dall’altra parte di fronte a questo scempio [la tratta]?”. FALSO

Nessuno può eliminare del tutto le ragioni delle migrazioni, di certo il miglioramento uniforme globalmente delle condizioni di vita aiuterebbe ma, da che mondo è mondo, le persone si sono spostate per tante ragioni. Alcune sono state già citate e possono essere arricchite anche da una banale, ma comprensibile, volontà di cercare migliori condizioni di vita, alla base della scelta di migrare per i quasi 6 milioni di italiani residenti all’estero al 1° gennaio di quest’anno. 127.350 italiani sono partiti per andare a lavorare all’estero solo lo scorso anno. Non è l’ipocrisia dell’ONU (di cui peraltro l’Italia è parte, come così come dell’UE etc., occorre ricordarselo ogni volta si attribuiscono responsabilità a enti sovranazionali nel quale anche l’Italia dovrebbe e potrebbe fare la sua parte), è l’ipocrisia di chi ha responsabilità governative e non governa. Di chi usa solo la forza per dare soluzione alle crisi internazionali, anziché la contemplata ragione citata all’inizio del discorso. Blocchi in mare, accordi e sovvenzioni a Paesi canaglia per fare respingimenti di migranti, contrasto alle operazioni di soccorso e così via: queste sono le risposte (e le proposte) dell’Italia di oggi. VERO

In ultimo, forse sarebbe stato utile indicare come la famiglia dell’ONU ha una sua specifica organizzazione che si occupa di migrazione, l’IOM (Organizzazione Internazionale Migrazioni), e un’altra, l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (UNHCR), che si dedica per l’appunto ai rifugiati. Entrambe non distribuiscono ipocrisia ma formule risolutive che darebbero dignità al migrante, e salvaguarderebbero la persona, ma che gli Stati devono adattare, le nazioni, appunto unite. IOM e UNHCR hanno in più occasioni criticato l’Italia per il mancato rispetto delle norme internazionali in materia di diritti umani, un po’ come i trafficanti di essere umani. I respingimenti e il mancato soccorso in mare si configurano parimenti. VERO

E laddove mai le nazioni, intese come manifestazioni di protervia di un’etnia nei confronti di un’altra, lo sono state? VERO

Forse su una cosa Giorgia Meloni ha ragione: la debolezza dell’ONU sta nei fondamenti di aver creduto, alla luce del mondo post-bellico dell’ottobre 1945 quando lo Statuto dell’ONU fu adottato, che le Nazioni potessero essere Unite per dare soluzioni. Di certo, però, allora era impossibile intravedere i nuovi (difficili) orizzonti di una grande comunità multietnica nel mondo. Ora no, occorrerebbe prenderne atto e chi si oppone, in maniera non ipocrita, dovrebbe parlare di difesa del proprio privilegiato benessere più che di salvaguardia dell’identità nazionaleVERO

Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.

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