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Libano: sale la tensione, pericolo di una guerra civile
Conflitti
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“Il sangue dei sunniti sta bollendo”. Al grido di uno slogan minaccioso, migliaia di sunniti sono scesi nelle piazze del Libano per protestare. Nella prima mattinata, mentre il presidente libanese Michel Suleiman riprendeva le consultazioni per individuare il nuovo capo dell’esecutivo, i sostenitori del premier deposto Saad Hariri sono scesi in piazza per quella che è stata soprannominata “la giornata della collera”. E proprio mentre la piazze si infuocavano Suleiman incaricava per la guida del nuovo esecutivo Najib Miqati, uomo indicato da Hezbollah, facendo salire ulteriormente la rabbia dei manifestanti.
La crisi libanese rischia così di avviarsi verso un epilogo violento. La possibilità di una guerra civile nel Paese dei Cedri non è mai stata tanto alta negli ultimi anni. A Beirut, questa mattina, le scuole sono rimaste chiuse. Il traffico nella capitale è notevolmente ridotto e molte banche e negozi hanno preferito tenere le saracinesche abbassate. I militari, sono in stato di allerta e scontri sono segnalati in diversi quartieri di Beirut e Tripoli, città natale della famiglia Hariri.
Nel quartiere Cola, a Sud della capitale, proprio a ridosso del quartiere sciita di Haret Hrek, roccaforte di Hezbollah, mentre l’esercito è intervenuto per rimuovere le barricate alzate dai manifestanti, si sono uditi colpi di arma da fuoco. Due manifestanti sono stati feriti, invece, nella zona di Wata al-Mosseitbeh.
Una troupe di Al- Jazeera, è stata presa d’assalto a Tripoli, nel Nord del Paese. L’auto è stata data alle fiamme dai manifestanti inferociti e i giornalisti si sono rifugiati in un palazzo della centrale piazza Al-Nur, anche questo subito assediato. Mentre le forze speciali dell’esercito cercavano di mettere in salvo i giornalisti, qualcuno dalla folla ha aperto il fuoco. Sempre a Tripoli, due uffici del ministero dell’Economia sono stati bruciati e gli impiegati al loro interno picchiati. Nel tardo pomeriggio la situazione, che pure rimane molto tesa, è tornata alla tranquillità. Il bilancio, secondo fonti mediche, è di 20 feriti, anche se i numeri potrebbero crescere.
Da mesi, oramai, il Libano è sull’orlo della guerra civile. A far vacillare i già fragili equilibri è sempre Hezbollah, che non ha mai accettato la legittimità del Tribunale speciale per il Libano, creato nel 2007 per indagare sull’attentato che nel febbraio del 2005 uccise l’allora premier Rafik Hariri e altre 22 persone e l’ha sempre definito un “progetto israeliano” che utilizza “falsi testimoni”.
Il 12 gennaio dopo che 10 ministri di Hassan Nasrallah si sono ritirati dal governo del figlio ed erede politico di Rafik, Saad, seguiti dal leader druso Walid Jumblad, colpevole di non aver bloccato le indagini, il governo è andato al collasso, aprendo ufficialmente la crisi. Nei giorni successivi, prima l’Arabia Saudita, che sosteneva la maggioranza parlamentare guidata da Hariri, vicino all’occidente e poi i ministri degli esteri di Qatar e Turchia, hanno sospeso la mediazione che tentava di sbloccare la situazione di stallo.
Un quadro che fa preoccupare le cancellerie internazionale e non solo. Con la Siria e l’Iran del presidente Mahmud Ahmadinejad, sostenitori e finanziatori di Hezbollah, che potrebbero così espande, nell’eventualità di una presa del potere del gruppo sciita, il proprio controllo sul Paese. Preoccupando tutti, ma soprattutto Israele, che si sentirebbe ancora più circondata e potrebbe ricorrere a soluzioni poco pacifiche. Facendo infiammare la polveriera mediorientale.
Il leader della resistenza libanese Nasrallah ha detto, dopo l’incarico a Miqati di formare il nuovo governo, che “dopo la morte di Rafiq Hariri abbiamo più volte avuto opportunità di entrare nel governo, ma a noi non interessano i ministeri, siamo una formazione impegnata nella resistenza”. L’oramai ex primo ministro Saad Hariri ha invitato i suoi manifestanti alla calma, anche se, ha sottolineato, “Hezbollah non può pensare di controllare il potere con la forza delle armi”. Ma solo nei prossimi giorni, quando la “giornata della collera” sarà termina si potrà sapere quali saranno le sorti del Libano.
Andrea Bernardi
(Inviato di Unimondo)