La Siria chiama, il Libano risponde

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Un militante dell’esercito siriano libero – Foto: firstlinepress.org

I jihadisti di Aleppo chiamano alla mobilizzazione di massa contro l’avanzata dell’esercito di Assad e a Tripoli, in Libano, cade la prima testa. Lo sheikh Saadeddin Ghiyeh, religioso sunnita sostenitore del regime siriano, è stato assassinato martedì mattina con due colpi alla testa mentre saliva sulla sua auto nel quartiere centrale di Bahsa, dove viveva. La guerra tra regime siriano e ribelli, che dalla Siria si sposta regolarmente in Libano ormai da quasi due anni, sembra essere arrivata al punto di non ritorno: non più solo autobombe e scontri armati tra quartieri antagonisti. Ora anche gli assassinii mirati.

Martedì scorso, come riporta l’Osservatorio siriano per i Diritti Umani, è giunto da Aleppo il grido dei jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIL), rivolto a “tutte le brigate e a tutti musulmani, perché imbraccino le armi contro il nemico che sta attaccando il territorio islamico”: le truppe dell’esercito di Assad - definite “l’esercito alawita” - avrebbero infatti riconquistato parte della strada che collega Khanasser, Tel Aran e Sfeira “a causa della debolezza dei gruppi ribelli”. Il comunicato, che segue di un giorno quello diffuso da altri sei gruppi islamisti - tra cui il fronte qaedista al-Nusra e le brigate Ahrar al-Sham e Liwa al-Tawhid - invita la Umma (comunità dei fedeli, ndr) a combattere, precisando che “quelli che forniranno una scusa valida per non imbracciare le armi, dovranno sopperire con armi e denaro”.

La zona di Aleppo, presa dai gruppi inneggianti all’Islam più radicale alla fine dello scorso anno, è stata lentamente riconquistata dall’esercito del regime da un mese a questa parte: secondo una fonte militare siriana, la zona intorno all’aeroporto di Aleppo è saldamente in mano alle truppe governative dopo la riconquista della Base 80, un impianto strategico incaricato di mettere in sicurezza l’aeroporto appena fuori dalla seconda città del paese. La riconquista di Assad è proseguita con l’occupazione di Sfeira, a sud-est di Aleppo, ripresa all’inizio di Novembre, e di Tal Aran, uno degli ultimi avamposti ribelli sulla strada per Aleppo.

La chiamata dei jihadisti alle armi non è certo rimasta inascoltata a Tripoli, la città libanese maggiormente colpita dallo scontro tra filo-siriani e anti-siriani, dove “qualcuno” ha accolto l’appello dei fratelli di Aleppo eliminando lo lo sheikh Saadeddin Ghiyeh, membro del Fronte dell’Azione Islamica - coordinamento di organizzazioni sunnite libanesi che sostengono il presidente siriano - e vicino a Hezbollah. Secondo un articolo pubblicato sul quotidiano al-Akhbar, anch’esso vicino al Partito di Dio, l’uccisione di Ghiyeh deve essere letta soprattutto nell’ottica del “tradimento”: il religioso sunnita, infatti, avrebbe iniziato il suo attivismo politico tra le fila di Fatah al-Islam, il gruppo fondamentalista salafita basato nel campo profughi palestinese di Nahr al-Bared, al nord di Tripoli. Entrato in Iraq nel 2003 per combattere gli americani, avrebbe però maturato ostilità nei confronti delle politiche di al-Qaeda e del Wahhabismo dei sauditi, schierandosi quindi al fianco di Assad e di Hezbollah per tutta la durata della guerra siriana.

Trema ora il Libano, con lo spauracchio degli assassinii mirati che hanno fatto da corredo agli ultimi quarant’anni della storia del Paese dei Cedri. Hezbollah, che - stando a fonti vicine al religioso ucciso - avrebbe tentato più volte di convincere Ghiyeh ad allontanarsi da Tripoli per la sua incolumità, ha condannato pubblicamente l’assassinio: nella vigilia della Ashoura, la più sentita tra le festività per gli sciiti, il leader del Partito di Dio Hassan Nasrallah si è rivolto ai fedeli avvisandoli della pericolosità del precedente appena creato. “Questo assassinio - ha dichiarato Nasrallah nel suo discorso - è l’indicazione di un discorso pericoloso che, iniziato a Tripoli, potrebbe raggiungere altre regioni del Libano”. Ha quindi puntato il dito contro i “Takfiri” (gli apostati, ndr), responsabili di “mirare a chiunque si opponga a essi”.

Il discorso si è poi soffermato sulla situazione politica del Libano, con la formazione del nuovo governo Salman in stallo da mesi per il rifiuto della coalizione anti-siriana del 14 marzo, guidata dal Movimento del Futuro di Saad Hariri, di formare un esecutivo con i partiti “che combattono in Siria”. Una versione confermata anche da Fuad Siniora, ex-premier e leader del Blocco del Futuro, che in un’intervista al quotidiano kuwaitiano al-Rai ha confermato la volontà di non accettare di formare un gabinetto con Hezbollah finché combatterà a fianco di Bashar al-Assad. Nasrallah ha invece accusato nuovamente l’Arabia Saudita di ingerenza negli affari libanesi, in particolare di insabbiare gli sforzi per la formazione del nuovo governo tenendo in scacco i partiti anti-siriani che essa sostiene fino al raggiungimento di un accordo sul nucleare iraniano.

Pronta la risposta di Hariri: “Nasrallah ci rivela quelle che lui chiama ‘informazioni confermate dall’Arabia Saudita’ - che in verità sono frutto della sua immaginazione - che il Regno ci abbia chiesto di ritardare la formazione di un governo fino a quando i negoziati relativi alla questione nucleare iraniana non raggiungeranno un risultato. Ma io dico: separiamo il Libano dalla Siria e poi formiamo un governo”.

Giorgia Grifoni

Fonte: nena-news.globalist.it

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