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Italia: appello per il 19 e la non validità delle elezioni
Conflitti
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"Intorno al rapimento di Giuliana è scattato un sentimento di solidarietà che chiede la liberazione della nostra compagna. In tante città già si vede il segno di questo scatto, quasi la volontà di trasformare un moto in un movimento. Come se una donna prigioniera, con un volto che tutti hanno imparato a riconoscere, avesse la forza di risvegliare i sentimenti della maggioranza della popolazione, contraria alla guerra e a ogni terrore, e forse, oggi, pronta a battersi con parole e azioni di pace per far cessare l'una e l'altro. Guerra e terrore che non sono finiti quando l'ha decretato Bush, né quando una parte della popolazione irachena ha sfidato bombe e autobombe per andare a votare. E' frutto anche di quella guerra il rapimento di Florence e Giuliana e di chi oggi è nelle mani di chissachì, in un inferno iracheno fatto di oppressione e autobombe che allungano l'elenco dei civili ammazzati. Si potrebbe organizzare una manifestazione nazionale per la pace e la liberazione di Giuliana, ci dicono in tanti, servirebbe a tenere alta l'attenzione. Si potrebbe fare a Roma, sabato 19 febbraio, sperando che si trasformi nella festa per l'avvenuta liberazione di Giuliana. Si potrebbe".
A questo appello del quotidiano "Il Manifesto" ha gia risposto l'Arci dicendo che la manifestazione si può organizzare. "Impegnarci per la liberazione di Giuliana è un modo per aiutare a liberare tutti noi, a darci la forza per continuare a resistere. Il vaso di Pandora aperto con l'occupazione dell'Iraq continua a spargere i suoi demoni: guerra e rischi di nuove guerre, terrore, torture, razzismo, intolleranza. Invertire la rotta è possibile: finisca l'occupazione dell'Iraq, si ristabilisca il primato del diritto internazionale, restituendo al popolo iracheno il diritto di decidere il proprio futuro. E l'Italia ritiri immediatamente le sue truppe, per dare un contributo attivo in questa direzione". Secondo Enrico Peyretti, storico nonviolento legato a Rete di Lilliput, il 19 febbraio si potrebbe promuovere una manifestazione formicolare, sul territorio, insieme a quella centrale a Roma. "Chi non può per le più varie ragioni, ma può dedicare tre ore, organizzi con gli altri un presidio davanti al propino municipio, fino al più piccolo d'Italia, chiedendo al sindaco di trasmettere al governo e ai media il messaggio di questa presenza vigilante per dire la volontà di pace, per il popolo iracheno, per Giuliana, per tutti".
Luciano Muhlbauer dei SinCobas si augura che per il 19 febbraio Giuliana sarà già tornata libera ma per questo avvenga è imporntante sostenerla anche con la manifestazione indetta dal quototidiano "Il Manifesto". "Serve a noi stessi, in questa Italia, dove proprio oggi una parte delle opposizioni sembra riscoprire incredibilmente il vecchio vizio della "guerra buona", ipotizzando astensioni fuori luogo sul rifinanziamento della missione militare italiana". Infatti secondo diversi esponenti delle opposizioni, infatti, la recente alta affluenza nelle prime elezioni libere del nuovo Iraq ha radicalmente cambiato le carte in tavola. Ma le cifre rese note dalla Commissione Elettorale Indipendente irachena sono fumose e contradditorie. Su questo Giulietto Chiesa, eurodeputato e presidente di Megachip tuona sulle parole di Fassino che ha rilanciato il dato degli otto milioni di elettori in Iraq. "La stessa Commissione Elettorale ha comunque detto che ha votato il 57% degli "elettori iscritti". Quanti erano gli elettori iscritti? Il dato preciso non è mai stato fornito. Per la banale ragione che non ne esisteva uno. Non si sono iscritti perché avevano paura dei terroristi? Sicuramente in parte è stato così. Ma questo conferma clamorosamente l'invalidità di queste elezioni".
Nell'articolo Giulietto Chiesa continua sottolineando un altro punto: "nei seggi aperti all'estero, dove i problemi di sicurezza non esistevano, solo il 25% degli iracheni si sono iscritti alle liste anche se non c'era nessun pericolo. Ma questi sono dettagli tecnici secondari. Il più importante dei quali è che quegli iracheni sono andati a votare senza sapere chi erano i candidati. I partiti ammessi al voto erano stati resi noti in anticipo, ma le liste dei candidati erano rimaste segrete per motivi di sicurezza!" Il tutto senza osservatori internazionali. L'Onu aveva deciso di non mandare nessuno. La stessa cosa hanno fatto l'Osce e l'Unione Europea: "per l'assenza delle condizioni minime di sicurezza" E' fallito anche il tentativo del governo canadese di costituire una missione speciale per il controllo elettorale in Irak. In alternativa fu deciso di aprire un ufficio ad Amman, Giordania, in cui avrebbero lavorato "da sei a dodici analisti", per studiare i dati provenienti dall'interno dell'Irak. La comunità internazionale, dunque, aveva proclamato, implicitamente, alla vigilia del voto, la sua palese invalidità.
Altre fonti: Megachip, Il Manifesto