Iraq: "un colpo inferto alla società civile tutta"

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I Beati i Costruttori Pace ricordano la grande attenzione alla sicurezza che le due volontarie ebbero durante il loro viaggio a Baghdad a fine luglio.

Siamo ancora increduli. Sapevamo che in Iraq non c'è sicurezza. Per questo Simona Pari e Simona Torretta, con i loro collaboratori iracheni, avevano predisposto un piano perché la delegazione italiana con i rappresentanti di CGIL, Un ponte per ⅀ e Beati i costruttori di pace, a nome del Coordinamento Fermiamo la guerra, nei giorni della permanenza a Baghdad a fine luglio, non corresse rischi e non commettesse imprudenze. A quel programma ci siamo attenuti scrupolosamente. Anche loro si muovevano solo lo stretto necessario e con grande prudenza. Non a caso sono state rapite in ufficio.

Abbiamo incontrato in quei giorni i rappresentanti più diversi e più straordinari delle organizzazioni irachene di società civile, che stanno costruendo, con grande passione e rischio, la democrazia e la sovranità del nuovo Iraq. Quante volte ci siamo sentiti ripetere che la loro era la vera resistenza per uscire dalla occupazione militare e dalla violenza interna! Proprio in questi giorni si stava programmando un nuovo viaggio per definire la delegazione, il più possibile rappresentative della realtà irachena, che venisse in Italia a farci conoscere e incontrare concretamente il volto della società civile di quel Paese, di cui non abbiamo un briciolo di informazione.

Il lavoro di Simona Pari e di Simona Torretta non era rivolto soltanto alla realizzazione di progetti per la popolazione, i bambini in particolare, ma anche a una sensibilità e attenzione politica per la formazione della società civile irachena. Il loro rapimento, assieme ai loro collaboratori iracheni, costituisce una grande violenza inferta alle loro persone, alle loro famiglie, all'Associazione Un ponte per⅀, a tutti coloro che si impegnano e lottano per la pace, ma soprattutto al processo della società civile irachena e a quanti nel mondo sono convinti che l'uso della forza moltiplica, non risolve i conflitti.

Ci prende un grande sconcerto. Ancora non riusciamo a credere che una organizzazione, che si autodefinisce islamica, abbia tenuto un simile comportamento nei confronti di donne, contro la parte più profonda della fede e della cultura islamica. E' anche per questo che sentiamo più grave il fatto, probabilmente non legato a sole forze irachene, ma a intrighi internazionali di chi vuole la destabilizzazione dell'Iraq e di chi ha bisogno della violenza per continuare a legittimare l'occupazione militare per il perseguimento dei grandi interessi in gioco.

Angosciati per quanto accaduto, ma ancora più convinti del realismo politico e della necessità della nonviolenza, esprimiamo forte solidarietà alle persone colpite e diamo la nostra dispononibilità a continuare di persona il cammino delle persone sequestrate.

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