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Iraq: solidarietà agli iracheni sotto occupazione
Conflitti
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Dall'Iraq occupato giunge un appello che chiede sostegno e solidarietà con gli iracheni. Eman Ahmed Khammas, direttore dell'International Occupation Watch Center, definisce gli attacchi di questi giorni come strategia per terrorizzare la popolazione irachena. Solo a Falluja sono stati uccisi più di 300 iracheni e 500 i feriti e ancora in altre decine di città si continua a combattere sotto il fuoco delle forze di occupazione che stanno contravvenendo alla Convenzione di Ginevra che proibisce di tenere le comunità civili sotto assedio. A Falluja l'ospedale è stato occupato dai medici di occupazione e quindi solo le moschee sono i luoghi in cui sono assistiti i feriti con le donazioni di sangue. "L'occupazione armata è tutt'altro che la libertà promessa dall'autorità temporanea in Iraq" continua Eman Ahmed che si appella a tutta la società civile affinchè si mobiliti organizzando manifestazioni che stanno gia avvenendo da Montreal a Istanbul, da Los Angeles a Tokyo.
La terribile vicenda dei tre giapponesi in ostaggio in Iraq sta facendo tremare il mondo. Uno dei tre è Noriaki Imai, un diciottenne giornalista di Hokkaido recatosi in Iraq per documentare le conseguenze delle armi all'uranio impoverito. Anche gli altri due giovani sono "contro questa guerra" e sono Nahoto Takato, 34 anni, operatrice umanitaria facente parte di un Ong e l'altro è Soichiro Koriyama, 32 anni, fotografo freelance che collabora Asahi Weekly. Si teme che il governo giapponese non farà grandi sforzi visto che sono contro la politica del governo. Per chiedere la loro liberazione è stato predisposto un appello uscito in inglese da poter spedire alle autorità giapponesi. I genitori di due dei tre giovani, ricordando l'impegno contro la guerra dei loro figli, hanno chiesto al governo Koizumi di ritirare le truppe dall'Iraq.
Intanto Paxchristi nel giorno del venerdì santo fa un invito alle comunità cristiane affinchè offrano un gesto di solidarietà e vicinanza ai fratelli musulmani portando alle loro moschee un segno di riconciliazione, un ramo di ulivo e una bandiera con i colori della pace, primavera dell'uomo. "Chi ha deciso questa guerra, ne risponderà alla propria coscienza, a Dio e all'umanità. Chi ha deciso che perfino i luoghi di preghiera sono obiettivi strategici, chi ha deciso di bombardare anche una moschea in Iraq per uccidere coloro che vi si sono rifugiati ha definitivamente deciso che non esistono santuari di pace, spazi di riconciliazione, luoghi di intima ricomposizione, di sofferta invocazione, di coraggiosa e profetica verifica del nostro agire".[AT]
Altre fonti: International Occupation Watch Center