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Iraq: smentita dagli Ulema e l'impegno delle Ong
Conflitti
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Il Consiglio degli Ulema ha smentito le dichiarazioni rese da uno dei suoi esponenti: Abdul Salam al-Kubaisi, il quale affermava di avere parlato al telefono con i rapitori delle due Simone che gli avrebbero annunciato il rilascio delle due entro 48 ore. Un portavoce del Consiglio ha dichiarato: "C'è qualcuno che sta giocando con il destino degli ostaggi italiani, come già sta succedendo con i reporter francesi". I familiari di Raad Ali Abdul Raziz e di Mahnaz Bassam hanno riferito infatti di avere avuto informazioni secondo cui i 4 sequestrati stanno bene e saranno rilasciati. I servizi segreti italiani sono pero' scettici. Il presidente iracheno ad interim Ghazi Al Yawar, ieri a Bruxelles, ha detto alla stampa di sperare che gli ostaggi siano ancora vivi ma di non avere certezze, ma ha ribadito che il governo iracheno fara' ogni sforzo per favorire la liberazione degli ostaggi. Ospite a Roma di Pax Christi, il vescovo ausiliario di Bagdad monsignor Warduni, ha confermato l'attività di mediazione della Chiesa in Iraq e si è offerto come ostaggio al posto dei rapiti. Uno dei massimi esponenti della Chiesa cattolica di rito caldeo in Iraq ha però anche criticato pesantemente la coalizione, enumerandone gli errori. "Il paese è stato troppo tempo senza controlli alle frontiere - ha detto - e troppe armi continuano a circolare. Senza contare la mancanza di intervento nel campo delle infrastrutture primarie come acqua ed elettricità".
Questa mattina nel centro di Baghdad, si è tenuto anche un corteo indetto dalle organizzazioni non governative operanti in Iraq al quale hanno partecipato più di 500 tra capi tribù sunniti, sciiti e caldei sotto lo slogan "Siamo a fianco dell'Italia e chiediamo il rilascio immediato di questi nostri amici". "Nonostante i morti dei giorni scorsi hanno voluto manifestare per la liberazione di tutti gli ostaggi. Grazie, ci avete commosso e scaldato il cuore" ha dichiarato 'Un Ponte Per'. Intanto l'ultimo volontario italiano delle Ong italiane, Giancarlo R. di Movimondo, lascia per motivi di sicurezza la capitale irachena per recarsi a Damasco da dove continuera' a coordinare le attivita' dell'organizzazione a Baghdad per mezzo di collaboratori locali. Si conferma cosi' la condivisa strategia delle ong italiane che proseguono, anche se non con la presenza diretta sul luogo di operatori italiani, le attivita' umanitarie: chi dalla Giordania (in particolare da Amman), chi dalla Siria, tutte le Ong hanno deciso di continuare il lavoro, di non abbandonare a se stessa Baghdad. Da parte di Fabio Alberti, presidente dell'associazione 'Un Ponte per' non è scartata la possibilità di recarsi prossimamente in Iraq. Il viaggio è rimandato per l'intensa attività che in questa ultima settimana dopo i rapimenti ha coinvolto l'associazione che ha sede a Roma. Fabio Alberti, visto il difficile momento, ha deciso di rinviare l'incontro con il Presidente del Parlamento Europeo, Joseph Borrel proposta dalla segreteria dell'onorevole Vittorio Agnoletto. Dagli operatori di ICS giunge una testimonianza sull'ultimo anno di intervento nel paese. "Il terrore e la guerra sono entrati nella nostra casa di Bagdad, ma non dovranno mai entrare nelle nostre teste" viene riportato a conclusione dello scritto.
Intanto nel nord dell'Iraq i bombardamenti indiscriminati degli americani su Tall Afar hanno provocato la reazione di Ankara che guarda con sospetto l'ambigua politica Usa sul Kurdistan iracheno e che minaccia di interrompere la cooperazione con Washington. "Cio' che viene fatto nuoce alla popolazione civile, e questo e' sbagliato" ha ribadito ieri il ministro Abdullah Gul, aggiungendo che se l'operazione a Talafar continuasse "la cooperazione della Turchia sulle operazioni in Iraq subira' un arresto totale". La Turchia fornisce aiuto logistico fornire agli Stati Uniti ed e' una rotta commerciale chiave per il Paese. La base aerea turca di Incirlik e' stata usata dagli Stati Uniti per il cambio delle proprie truppe. I Turchi considerano l'Iraq del Nord come componente della loro sfera d'influenza - non soltanto a causa dei legami etnici e linguistici vicini con i Turkmeni dell'Iraq ma anche per la presenza di numerose popolazioni kurde da ambo i lati della frontiera. E' poco chiaro quante persone siano state uccise nell'offensiva USA a Talafar, ma rapporti riportano che un certo numero di Turkmeni sia fra le vittime e che molte migliaia sono stati costretti a fuggire. L'ambasciatore degli Stati Uniti in Turchia, Eric Edelman, ha detto che le forze americane stanno facendo del loro meglio per limitare al minimo le perdite civili mentre combattono gli insorti iracheni. [AT]
Altre fonti: Osservatorio sulla legalità, Amisnet, Peace Reporter