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Iraq: situazione drammatica, 2 mila in fuga ogni giorno
Conflitti
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In Iraq, un terzo della popolazione ha bisogno di aiuti d'emergenza a causa della crisi umanitaria provocata dalla guerra e dalla violenza in atto nel Paese. "A circa 8 milioni di persone servono urgentemente acqua, servizi fognari, cibo, e alloggio, mentre sono oltre 2 milioni - in maggioranza donne e bambini - quelli che sono stati costretti ad abbandonare le loro case, e ora vivono da sfollati all'interno dell'Iraq, senza un reddito su cui poter contare" - segnala il nuovo rapporto sulla situazione umanitaria in Iraq redatto dall''organizzazione internazionale Oxfam assieme al NGO Coordination Committee in Iraq (NCCI) - il coordinamento che raggruppa le Ong che operano in Iraq - e reso pubblico nei giorni scorsi. Lo studio - dal titolo "Rising to the Humanitarian Challenge in Iraq" (Essere all'altezza della sfida umanitaria in Iraq) - afferma che, nonostante la violenza armata sia la maggiore minaccia che oggi si trovano ad affrontare gli iracheni, la popolazione sta vivendo anche un'altra crisi "di portata e gravità allarmante", minacciata sempre più da malattie e malnutrizione.
La situazione dell'elettricità è drammatica e la rete è prossima al collasso: le province rifiutano di condividere l'elettricità in tutto il Paese e l'offerta soddisfa solo metà della domanda. A Baghdad, la fornitura di elettricità è stata sporadica per tutta l'estate e adesso è ridotta a poche ore al giorno. Anche la fornitura idrica nella capitale è stata gravemente limitata dalle interruzioni di ernergia e dai tagli che hanno colpito le stazioni di pompaggio e di filtraggio. La rete elettrica in Iraq è sull'orlo del collasso, a causa dei sabotaggi degli insorti, dell'aumento della domanda, delle carenze di carburante, e delle province, che stanno scollegando le centrali locali dalla rete nazionale, dicono alcuni funzionari.
Sono almeno due milioni gli iracheni che sono fuggiti all'estero in cerca di rifugio dalle violenze . "Due mila iracheni stanno fuggendo ogni giorno dalle loro case: è il più grande esodo di massa che si ricordi in Medio Oriente, e fa sembrare piccolo al confronto qualsiasi cosa si sia vista in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale" - riporta The Independent. Quattro milioni di persone, un iracheno su sette, sono scappate via, perché se non lo avessero fatto sarebbero state uccise. Due milioni hanno lasciato l'Iraq, per lo più per la Siria e la Giordania, e un egual numero è sfollato all'interno del Paese.
L'UNHCR sta avendo difficoltà a raccogliere i 100 milioni di dollari per i soccorsi: l'organizzazione afferma che i due Paesi che si stanno prendendo cura della maggior percentuale di rifugiati iracheni - Siria e Giordania - non hanno ancora ricevuto "quasi nulla dalla comunità internazionale". Secondo l'Alto Commissariato dell'Onu per i Rifugiati, circa 1,4 milioni di iracheni sono fuggiti in Siria, la Giordania ne ha accolti 750.000, mentre Egitto e Libano hanno visto 200 000 iracheni entrare nel loro territorio.
Il parlamento iracheno non è riuscito ad approvare la legge sul petrolio e sul gas prima della pausa estiva malgrado le forti pressioni di Washington. "Ma è tutt'altro che una cattiva notizia, dato che nel Paese si fa sempre più forte e diffusa l'opposizione a quella che oramai in molti considerano una minaccia significativa per gli interessi nazionali" - commenta 'Un ponte per...' che da tempo segue la vicenda a fianco dei sindacalisti locali e chiedendo all'Eni di non partecipare alla 'svendita' del petrolio iracheno. Il rinvio della decisione da parte dle parlamento iracheno rappresenta per l'Amministrazione Bush "una cosa seccante" - commenta Jonathan Steele su The Guardian "dato che essa aveva pubblicizzato tale approvazione come "parametro" nella sua battaglia per fare in modo che il Congresso non fissasse un calendario per il ritiro delle truppe Usa".
Nei giorni scorsi il Ministero del Petrolio iracheno aveva ordinato di "considerare illegali le organizzazioni sindacali del settore e qualunque organismo che ad esse faccia riferimento". Un fatto che ha provocato la protesta dei sindacati dei lavoratori del petrolio iracheni: Hassan Jumaa Awad al Asadi, presidente della Iraqi Federation of Oil Unions (IFOU), che raggruppa oltre 26.000 lavoratori del settore petrolifero nelle quattro province del sud del Paese (Bassora, Maysan, Muthanna e Dhi Qar), ha detto che la federazione rifiuta l'ordinanza del Ministero del Petrolio, "perché somiglia, nel contenuto, alla decisione del precedente regime che ha trasformato tutti i lavoratori in impiegati". [GB]