Iraq: si Onu alla risoluzione Usa, tanti no all'occupazione militare

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Con la votazione all'unanimità del Consiglio di Sicurezza dell'Onu è passata la seconda risoluzione sull'Iraq presentata dagli Stati Uniti con la quale è stato invitato il Consiglio governativo iracheno a sottoporre entro il 15 dicembre al Consiglio di Sicurezza "un calendario e un programma per la redazione della nuova costituzione e per l'indizione di elezioni democratiche in base alla nuova costituzione". Mosca, Parigi e Berlino hanno ceduto per il bene superiore che è "l'unità del Consiglio di sicurezza" però, hanno chiarito che nonostante il loro voto a favore non manderanno truppe in Iraq né stanzieranno fondi per la sua ricostruzione più di quanto abbiano già promesso. Il prossimo 23 e 24 ottobre gli Stati Uniti saranno seduti durante alla conferenza internazionale di Madrid attorno al tavolo dei paesi creditori, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale. Il programma per lo svilluppo delle Nazioni Unite (Undp) e la Banca Mondiale hanno stimato sui 36 miliardi di dollari l'ammontare dei finanziamenti per la ricostruzione per i prossimi 4 anni, in aggiunta ai 19 miliardi di aiuti non militari previsti dal regime di transizione.

E dagli Stati Uniti, dalla conferenza stampa contro le spese militari di "War Resisters" e dal "Comitato statunitense War Tax Resistance" - a cui ha partecipato l'attivista Julia Butterfly Hill, rimasta per due anni su una sequoia del Canada - giunge la notizia che più di 140.000 dollari non verranno versati nelle casse del governo statunitense ma in quelle di varie organizzazioni di servizi no profit e organizzazioni ambientali. "Pagare tasse per uccidere persone innocenti non mi è possibile come cristiana e come attivista" ha dichiarato Julia Butterfly. Attualmente l'amministrazione americana ha chiesto ai cittadini statunitensi 87 miliardi di dollari per l'occupazione militare del distrutto Iraq. Secondo gli organizzatori i soldi destinati per l'occupazione dell'Iraq andranno a mancare nei capitoli di bilancio tagliando spese sui servizi sociali, formazione, sanità con 93 miliardi di dollari e benefici alimentari per 13 miliardi di dollari.

Per il prossimo 25 ottobre è organizzata una grande marcia a Washington per chiedere la fine dell`occupazione dell`Iraq. United for Peace and Justice e Act Now to Stop War & End Racism si sono unite in una mobilitazione che cade nel secondo anniversario del Patriot Act, la legge che dopo l'11 settembre ha ristetto negli Stati Uniti i diritti civili e politici con l`arresto indiscriminato per motivi politici di centinaia di attivisti con l'autorizzazione di detenzioni indefinite. Sul questa legge è stata aperto un osservatorio da parte della società civile che è consultabile al sito Patriot Watch.

In Italia da parte delle organizzazioni e le associazioni del Tavolo di solidarietà con le popolazioni dell'Iraq continua la pressione verso il presidente della Camera dei Deputati per la non partecipazione italiana all'occupazione militare dell'Iraq. E' possibile firmare la petizione online o scaricare il modulo per promuoverla. Intanto Ramzi Kysia, attivista pacifista arabo-americano, è in Italia per un giro di conferenze (Bologna e Milano) per raccontare il suo contributo di testimone informato e critico delle politiche degli Stati Uniti e dei loro effetti nella regione. Da quando è iniziata l'occupazione degli Stati Uniti, ha aiutato un gruppo di giovani universitari iracheni a dare vita a Baghdad ad un giornale indipendente; Al-Muajaha. Produttivo scrittore, i suoi saggi sono stati pubblicati Huston Chronicle, San Diego Tribune, Jordan Times and Common Dreams.

Fonte: War Resister, Un Ponte per , Nazioni Unite, United for Peace, Tavolo di solidarietà con le popolazioni dell'Iraq

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