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Iraq: l'autodifesa di Falluja non va in Conferenza
Conflitti
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Dal convegno 'Costruire ponti di pace' con alcuni esponenti della società civile tenutosi ieri a Roma arriva un monito per l' autodifesa riconosciuta dal diritto internazionale. ''C'e' un complotto dei servizi di intelligence per organizzare la distruzione di Falluja perche' la nostra citta' e' diventata un simbolo di resistenza alla maggiore potenza del mondo" ha commentato Mohammed Alla, presidente del Centro Studi per i diritti e la democrazia di Falluja che ha chiesto alla comunita' internazionale che ponga fine a questa mattanza.
''Non appartengo alla resistenza armata - continua Alla - ma conosco la mia gente che vuole difendere la propria dignita' e reagisce alla violenza e alla stupidita' degli americani". ''La guardia nazionale irachena - sottolinea l'esponente iracheno - dovra' fare da apripista alle forze americane. Sara' sacrificata, costretta a combattere contro i propri connazionali. Iracheni contro iracheni. Cosi' gli americani potranno dire che in Iraq c'e' la guerra civile e che deve essere stroncata''. Gli americani ''hanno detto che tra i motivi dell'assedio a Falluja c'era il fatto che vi si nascondeva Abu Musab al Zarqawi (luogotenente di Osama bin Laden in Iraq) - osserva Mohammed Alla - Ora dicono che e' scappato. Ma come ha fatto a scappare se la citta' e' circondata?''. Secondo Alla i bombardieri americani avrebbero lanciato decine di bombe a frammentazione, fino a 25 in un solo giorno.
Oltre alla cessazione delle operazioni militari è emersa chiara la richiesta di creare un corridoio umanitario in quanto nessun aiuto agli abitanti e' permesso dagli americani. Richieste sostenute anche da alcuni parlamentari tra cui il senatore Francesco Martone capogruppo in commissione esteri che con un interrogazione urgente ha chiesto al Ministro della Difesa Martino di rendere pubblico il numero dei morti civili durante gli scontri, visto che lo impone la Convenzione di Ginevra oltre che togliere le restrizioni alla libertà di movimento dei giornalisti nel teatro di guerra.
Sarebbero infatti circa 600 - e non alcune decine, poi un'ottantina, come in precedenza dichiarato dallo stato maggiore Usa - le vittime tra i cosiddetti ribelli, sebbene l'esercito statunitense, fonte di questi dati, non sia ancora in grado di dare dei risultati definitivi dei drammatici scontri verificatisi nella città e dei bombardamenti che, copiosi, li avevano preceduti. Il bilancio delle vittime tra i soldati a stelle e strisce parla di 18 morti e di 69 feriti. In realtà, nell'ospedale statunitense di Landstuhl, in Germania, sarebbero arrivati, secondo fonti locali, almeno 200 feriti, a dimostrazione della gravità degli scontri dei giorni scorsi.
Secondo il senatore Martone "a queste condizioni la Conferenza di Pace già nata con forti divergenze circa il suo mandato, sarebbe ora solo un'occasione per legittimare lo status quo, rafforzato a suon di bombe e armi". Da rivelazioni di Le Monde si apprende che i rappresentanti dei paesi che devono partecipare alla conferenza internazionale su l'Irak, il 22 ed il 23 novembre a Charm el-Cheikh (i paesi del G8, i vicini dell'Iraq, i rappresentanti dell'Organizzazione della conferenza islamica e della lega araba, e quelli del governo provvisorio iracheno) hanno accordato una dichiarazione finale che ricorda i principi contenuti nella risoluzione 1546 adottata dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU nel mese di giugno: incoraggia la prosecuzione del processo politico, e ribadisce il sostegno dei partecipanti allo svolgimento delle elezioni generali in Iraq nel gennaio 2005. Riprende anche i termini di questa risoluzione sul carattere temporaneo della presenza delle truppe straniere in Iraq, il mandato della forza multinazionale che deve essere riesaminato entro dodici mesi - cioè nel giugno 2005- o su richiesta del governo provvisorio del primo ministro iracheno, Iyad Allawi. La Francia ha chiesto che una riunione delle diverse fazioni irachene fosse organizzata parallelamente alla conferenza diplomatica, ma non ha ottenuto altro che la promessa d'une riunione allargata dopo Charm el-Cheikh, senza garanzie finora su coloro che sarebbero invitati a parteciparvi. [AT]
Altre fonti: Eco giustizia, Osservatorio Iraq