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Iraq: Amnesty denuncia violazioni delle truppe Usa
Conflitti
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"Dopo oltre cento giorni di occupazione, le promesse di diritti umani per tutti gli iracheni devono essere ancora realizzate". Lo afferma Amnesty International in un comunicato nel quale l'organizzazione accusa le truppe statunitensi in Iraq di violazioni dei diritti umani denunciando le condizioni "spaventose" in cui si trovano centinaia di prigionieri detenuti senza alcuna imputazione, molti dei quali non possono avere un contatto ne' con un avvocato, ne' con la propria famiglia.
In questi giorni una delegazione di Amnesty sta visitando l'Iraq per incontrare i sopravvissuti alle passate ed attuali violazioni dei diritti umani e ha inviato alle Autorita' della Coalizione un memorandum con dettagliate raccomandazioni sull'implementazione della legge, sull'uso della forza, le pratiche di detenzione e sul sistema processuale.
Intanto la BBC ha ammesso che David Kelly, lo scienziato inglese trovato morto suicida la scorsa settimana, era la fonte che aveva procurato le notizie sui rapporti gonfiati riguardanti le armi di distruzione di massa. Del micidiale arsenale non è stata rinvenuta alcuna traccia, mentre continuano le violenze in Iraq con altre vittime tra i soldati americani e gli iracheni. Anche un operatore della Croce Rossa Internazionale è stato ucciso.
Negli scorsi giorni più di diecimila persone hanno partecipato a Najaf, la città santa sciita (circa 130 chilometri a sud di Baghdad), ad una manifestazione antiamericana, scandendo slogan contro l'occupazione militare del Paese, lanciando pietre contro il comando Usa locale ed inneggiando a Seyyed Moktada al Sadr, un giovane religioso sciita fondamentalista che sta riscuotendo il favore della popolazione locale.
In Italia, mentre la Camera dei deputati discute il Decreto legge per interventi urgenti a favore della popolazione irachena, nonché a proroga della partecipazione italiana a operazioni militari, il Tavolo di solidarietà con le popolazioni dell'Iraq e il Comitato Fermiamo la guerra denunciano la poca chiarezza del decreto. Le organizzazioni si oppongono all'invio di soldati italiani in Iraq e al ruolo dell'Italia come potenza occupante assieme agli Usa e alla Gran Bretagna. Nel frattempo le aziende italiane si mettono in fila (oltre 200, di cui una dozzina già vincitrici di appalti) per partecipare alla torta della ricostruzione.
Fonti: Amnesty International, Misna, Warnews, Tavolo di solidarietà con le popolazioni dell'Iraq.