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Il premio Nobel per la pace 2023 a Narges Mohammadi
Conflitti
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Foto: Nobelprize.org
Il Premio Nobel per la Pace 2023 è stato assegnato all'attivista iraniana Narges Mohammadi “per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e la sua lotta per promuovere i diritti umani e la libertà per tutti”. Mohammadi è oggi una delle più celebri attiviste per i diritti delle donne e per i diritti umani in Iran e ha sostenuto tra le altre cose le proteste cominciate l’anno scorso dopo la morte di Mahsa Ami.
Nel 2009 la Fondazione Alexander Langer le aveva attribuito il Premio Internazionale Alexander Langer riconoscendo il suo impegno per la difesa dei diritti umani e della libertà di espressione. Narges, infatti, è stata una stretta collaboratrice di Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace nel 2003, ricoprendo la carica di portavoce e vicepresidente del Centro per la difesa dei diritti umani, che fornisce assistenza legale a centinaia di dissidenti. Il 7 settembre 2008 Narges Mohammadi diventa anche presidente del comitato esecutivo del Consiglio Nazionale della pace in Iran, una vasta coalizione che si propone di evitare il pericolo di uno scontro militare interno e si oppone a ogni logica militare e violenta. Nata nel 1972 a Zanjan, una città a circa 300 chilometri a nord-ovest di Teheran, la capitale iraniana, si è laureata in Fisica, ma fin dagli anni dell’università è stata impegnata nei movimenti clandestini per i diritti delle donne e si è concentrata soprattutto sulla difesa dei diritti dei carcerati e dei prigionieri politici, e sulle campagne per l’abolizione della pena di morte.
Narges oggi non è una donna libera. Attualmente sta scontando una condanna a dieci anni di carcere nella famigerata prigione Evin di Teheran accusata di diffusione di propaganda contro il regime, per questo è stata arrestata 13 volte e condannata cinque volte per un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate. Narges non solo ha pagato il suo impegno con la perdita della libertà e le torture, ma anche con la separazione dal marito Taghi Rahmani, oggi in esilio in Francia, che l’attivista non vede di persona da molti anni.
"Se le autorità iraniane prenderanno la giusta decisione la rilasceranno così che potrà essere qui per ritirare il premio a dicembre", ha detto la presidente del comitato dei Nobel di Oslo Berit Reiss-Andersen. Il Premio Nobel a Narges Mohammadi, ha aggiunto, "è anche un riconoscimento alle centinaia di migliaia di persone che hanno protestato contro le politiche di discriminazione e oppressione contro le donne del regime teocratico". I premi Nobel per la Pace di quest'anno e degli ultimi anni dimostrano che "la democrazia è in declino" ha aggiunto Berit Reiss-Andersen motivando l'assegnazione del premio di quest'anno a Narges Mohammadi, attraverso il quale il comitato spera di inviare un segnale al governo iraniano affinché "ascolti il proprio popolo".
Per Pasquale Pugliese del Movimento Nonviolento "Il premio Nobel per la Pace a Narges Mohammadi, in carcere dal 2016 e condannata a 157 frustate e 31 anni di galera, riconosce e premia la lotta delle donne iraniane contro il regime teocratico al potere, per il riconoscimento dei diritti di tutte e di tutti. A mani nude, con una coraggiosa e tenace disobbedienza civile. Un esempio della forza della nonviolenza".
Nell’ultimo anno, le autorità iraniane hanno commesso una sequela di crimini per stroncare ogni minaccia al loro potere. Sono centinaia le uccisioni illegali, sette i manifestanti impiccati, decine di migliaia gli arresti arbitrari, troppe le torture e gli stupri a danno delle donne. Le famiglie delle vittime hanno subito e continuano a subire intimidazioni. Le donne e le ragazze che sfidano le leggi sull’obbligo d’indossare il velo diventano bersaglio di rappresaglie e per moltissime di loro Narges Mohammadi è stata ed è un importante esempio di resistenza civile nonviolenta.