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I braccianti agricoli, risorsa e vergogna dell’Europa… e dell’Italia
Conflitti
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Foto: Unsplash.com
Durante il lockdown, in situazione di emergenza Covid-19 e con gran parte delle frontiere europee chiuse, abbiamo avuto la percezione più chiara di quanto l’agricoltura europea sia dipendente dai migranti stagionali. In Europa, Coldiretti denunciava la mancanza di 1 milione di lavoratori agricoli, e in Italia la denuncia era stata di cica 250mila stagionali mancanti per effettuare la raccolta nei campi. Una vera e propria emergenza lavoratori.
Più di un quarto del raccolto ortofrutticolo in Italia ogni anno è fatto da lavoratori stranieri, tra comunitari, extracomunitari e irregolari. Il coronavirus ha reso il loro arrivo complicato, tra divieti di transito alle frontiere e, ora, l’obbligo di quarantena. Secondo i dati della Coldiretti, un terzo dei braccianti che lavorano nelle campagne italiane arrivano dalla Romania (107mila); poi dal Marocco (35mila), dall’India (34mila), dall’Albania (32mila), Senegal(14mila), Polonia (13mila), Tunisia (13mila), Bulgaria (11mila), Macedonia (10mila), Pakistan (10mila). Dati, lo ricordiamo, che non tengono conto del lavoro sommerso degli irregolari.
Attualmente, la criticità relativa alla manodopera agricola persiste. Come ritiene Coldiretti, “in Italia mancheranno 100.000 lavoratori stagionali provenienti dai paesi dell’Est”, in considerazione del recente provvedimento del governo con cui si introduce la quarantena per chi arriva da Bulgaria e Romania, paesi nei quali si è registrato un aumento dei contagi. Insomma, nell’ambito della necessaria misura per tutelare la salute e scongiurare un ritorno della pandemia, è innegabile, sottolinea Coldiretti, che “permane una preoccupazione che il vincolo della quarantena limiti gli arrivi per la vendemmia che tradizionalmente inizia ad agosto e continua a settembre ed ottobre con la raccolta delle grandi uve rosse e che si protrae fino a novembre».
Quello del lavoro agricolo, seppur così prezioso, è uno tra gli ambiti maggiormente soggetti allo sfruttamento.Molti dei braccianti sono cittadini europei e sono tra gli 800 mila e 1 milione: 370 mila in Italia, 300 mila in Germania, 276 mila in Francia e 150 mila in Spagna. In questa stima, mancano i lavoratori provenienti da Maghreb e Africa Subsahariana, invisibili perché senza contratto di lavoro e spesso ridotti in schiavitù dal caporalato: «In Europa, stimiamo che circa 4 milioni di lavoratori dell’agricoltura operino in condizioni di illegalità, lavoro precario e sfruttamento, che si tratti di stagionali, a cottimo o forme di altri contratti insicuri», ha affermato Stephen Gilmore, portavoce di Effat, il sindacato europeo dei lavoratori agricoli. Come riporta Il Corriere Economia, per quanto riguarda l’Italia “non sembra aver supplito fino a questo momento alla lacuna, il provvedimento di emersione dal lavoro nero varato dalla ministra dell’agricoltura Bellanova. Secondo il report del ministero diffuso il 15 luglio scorso, le domande di regolarizzazione sono state 112.300, un numero di gran lunga inferiore alle 200.000 preventivate. Oltre l’80% delle pratiche riguarderebbe richieste di impiego per lavoro domestico (colf e badanti) e solo la restante parte per l’agricoltura”.
In questo contesto, le condizioni di lavoro sono drammatiche, come possiamo vedere nel proliferare degli affollatissimi accampamenti informali, veri e propri ghetti per i migranti stagionali, una vergogna sotto gli occhi di tutti in varie parti d’Italia da nord a sud.
Da più parti la società civile lavora per migliorare la situazione abitativa dei braccianti. Nel Saluzzese in Piemonte, ad esempio, si trova il più importante polo ortofrutticolo del Nordovest d’Italia. Qui la situazione dei braccianti agricoli è drammatica, moltissimi sono africani, sottopagati e senza un tetto, che hanno dormito in strada anche nel periodo dell’emergenza sanitaria. Come ben raccontato nel video-documentario girato da Caritas, «Anche senza una possibilità alloggiativa arrivano perché sono talmente fragili che ne hanno necessità per mantenere il permesso di soggiorno. È una manodopera fondamentale perché è quella che raccoglie più della metà della frutta del territorio da oltre 10 anni» racconta Virginia Sabbatini di Caritas Saluzzo, ente attivo sul territorio con un progetto di Accoglienza Diffusa per permettere ai braccianti di avere una sistemazione alloggiativa dignitosa durante il periodo lavorativo. Un ambito che necessita di soluzioni, nel rispetto dei diritti umani e con lo spettro dell’emergenza sanitaria sempre in agguato.
Lia Curcio

Sono da sempre interessata alle questioni globali, amo viaggiare e conoscere culture diverse, mi appassionano le persone e le loro storie di vita in Italia e nel mondo. Parallelamente, mi occupo di progettazione in ambito educativo, interculturale e di sviluppo umano. Credo che i media abbiano una grande responsabilità culturale nel fare informazione e per questo ho scelto Unimondo: mi piacerebbe instillare curiosità, intuizioni e domande oltre il racconto, spesso stereotipato, del mondo di oggi.