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Bulgaria: traffico illegale d'armi col Sudan
Conflitti
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In Bulgaria il 16 ottobre scorso Rouslan Ivanov e Lyudmil Georgiev (rispettivamente ex ed attuale direttore dell'impresa "Beta") e Nikolay Kratounov, (direttore dell'intermediaria "Rik") sono stati arrestati, ma dopo qualche giorno rilasciati su cauzione, con l'accusa di aver illegalmente esportato armi in Sudan, violando l'embargo verso il paese in atto dal 2001.
Ne da' notizia l'Osservatorio sui Balcani riportando fonti bulgare. Secondo il quotidiano "Standard" sarebbero state esportate illegalmente armi per un totale di 500.000 euro, mentre secondo il "Monitor" la cifra raggiungerebbe i 2 milioni di euro. Lo scandalo dell'esportazione di armi al Sudan era emerso già nel maggio del 2002 in seguito ad un'operazione dei servizi di sicurezza bulgari e dallo scorso anno la licenza di produzione di armamenti è stata revocata alla "Beta".
Nel novembre del 2001 l'impresa "Beta" aveva esportato 30 affusti di cannone 2C1 'Gvozdika' indicati nei documenti di esportazione come "componenti meccaniche di trattori". Sebbene la fornitura appartenesse ad un contratto avviato l'anno precedente - quando l'embargo non era ancora in atto e che comprendeva tra l'altro anche la costruzione di un impianto per l'assemblamento di veicoli blindati - secondo l'agenzia Novinar, la 'Beta' davanti alla minaccia del governo sudanese di non corrispondere quanto pattuito avrebbe deciso di aggirare l'embargo ONU.
L'export di armamenti della Bulgaria si aggira attorno ai 250 milioni di dollari annui, ma Vladimir Velichkov, segretario della commissione governativa che si occupa dell'export di armi, ha recentemente dichiarato che la Bulgaria "che possiede buone tecnologie ed ottimi specialisti potrebbe affermarsi ancor meglio nel mercato dopo l'entrata del Paese nella NATO" prevista per il prossimo anno.
Intanto l'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) mette in guardia da un accordo di pace troppo affrettato in Sudan. "Dopo 37 anni di genocidio e un accordo di pace fallito nel 1972, il Sudan non ha bisogno di una pace veloce ma di un accordo giusto e duraturo" - afferma la nota dell'associazione. "L'insistenza del Ministro degli Esteri USA Colin Powell per la firma di un accordo di pace prima di Natale è motivata da questioni di politica interna USA, ma rischia di mettere in pericolo un processo di pace duraturo. Senza una precisa chiarificazione delle molte questioni ancora rimaste aperte, una nuova brutale guerra è già annunciata poiché entrambe le parti in causa avrebbero tutto il tempo per riarmarsi e riorganizzarsi". [GB]
Altre fonti: Associazione per i popoli minacciati