Amnesty: l'Onu non differisca le indagini sui crimini in Darfur

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Amnesty International ha chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di respingere le iniziative volte a differire di 12 mesi le indagini e i procedimenti giudiziari della Corte penale internazionale (Cpi) sui crimini commessi in Darfur. Il differimento potrebbe essere rinnovato ogni anno anche a tempo indeterminato. In un comunicato Amnesty International definisce "vergognoso il fatto che quasi la metà degli Stati membri del Consiglio di sicurezza, compresi Stati che hanno ratificato lo Statuto di Roma e che notoriamente si vantano di sostenere soluzioni che pongano fine alla crisi del Darfur, abbiano minacciato di opporsi al rinnovo dell'Unamid se la relativa risoluzione non prevedrà il differimento".

Dopo che, due settimane fa, il procuratore capo della Corte penale internazionale (Cpi) Luis Moreno-Ocampo aveva chiesto l'arresto del presidente del Sudan, Omar al Bashir, "per genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità", l'Organizzazione della conferenza islamica, la Lega degli Stati arabi e l'Unione africana hanno sollecitato il Consiglio di sicurezza a votare il differimento, sulla base dell'art. 16 dello Statuto dell'Icc, meglio noto come Statuto di Roma. "La richiesta di differimento potrebbe riguardare il caso specifico del presidente al Bashir o estendersi a tutte le indagini condotte dall'Icc in Darfur" - specifica la nota di Amnesty International.

"Il differimento di 12 mesi delle indagini e dei processi potrebbe avere un impatto disastroso sull'azione dell'Icc e costituire un precedente per ogni situazione su cui il procuratore stia svolgendo indagini. Lascerebbe inoltre il Consiglio di sicurezza in balia di un ricatto permanente del Sudan, che potrebbe dar luogo a una serie di misure di ritorsione, come la ripresa delle ostilità, il giorno in cui il Consiglio di sicurezza non intendesse prorogare ulteriormente il differimento" - sottolinea Amnesty. "Ciò che sta avvenendo in queste ore all'interno del Consiglio di sicurezza rischia di pregiudicare gli sforzi internazionali di dispiegare una missione Unamid efficace e in grado di assicurare la protezione della popolazione civile del Darfur" - avverte Amnesty che ha più volte espresso la propria preoccupazione per l'incapacità della comunità internazionale di assicurare il pieno dispiegamento dell'Unamid e la fornitura di tutte le risorse necessarie per proteggere i civili come sottolineato nei giorni scorsi anche da una nota dell'APM.

Anche l'associazione 'Italians for Darfur' definisce "grave" il tentativo all'interno del Consiglio di Sicurezza dell'Onu di sospendere l'azione della Corte penale internazionale contro il Presidente sudanese Omar al Bashir. In una nota 'Italians for Darfur' esprime preoccupazione per la posizione assunta da sette paesi all'interno del Consiglio di Sicurezza (Sudafrica, Burkina Faso, Vietnam, Libia, Indonesia, Cina e Russia), che hanno espresso i loro timori sull'impatto che l'accusa a Bashir potrebbe avere sui tentativi di ristabilire la pace in Darfur". "Ci auguriamo che questo non sia il preludio per una sospensione della richiesta della Cpi che costituirebbe un grave passo indietro sulla via che porta alla garanzia internazionale dei diritti umani" -conclude la nota di 'Italians for Darfur' esprimendo il proprio scetticismo sulla possibilità che la missione termini entro la fine del 2008, così come auspicato oggi dall'Onu, dal momento che, a un anno dall'approvazione della Risoluzione 1769, solamente 9.000 dei 26mila peacekeeper previsti per Unamid sono stati effettivamente dispiegati.

Intanto con un comunicato Medici senza Frontiere (MSF) specifica che "dalla creazione della Corte penale internazionale (Cpi) tutte le sezioni hanno adottato una politica interna vincolante che prevede l'astensione da qualsiasi cooperazione con la Cpi basata sul principio che l'attività umanitaria deve rimanere indipendente dal rischio di pressioni politiche e giudiziarie al fine di poter essere in grado di portare avanti l'assistenza alle popolazioni in situazioni di difficoltà e di violenza". "Questa politica è stata presentata e spiegata alla Corte Penale Internazionale in modo da assicurarsi che MSF non sia chiamata a dare informazioni e testimonianze a tali organi giudiziari" - sottolinea la nota di Msf.

"Non esitiamo a rendere pubbliche le crisi o le violenze inflitte alle popolazioni che abbiamo di fronte, in particolare quando la loro situazione non è conosciuta e noi cerchiamo di trattare sempre in piena trasparenza con tutte le parti interessate: questo è ciò che abbiamo fatto con coerenza fin dall'inizio della crisi in Darfur" - evidenzia Msf. "Noi non abbiamo collaborato o inviato informazioni alla Corte Penale Internazionale e, come regola, non commentiamo le sentenze. Restiamo sempre indipendenti e imparziali, condizioni entrambe indispensabili per il prosieguo del nostro lavoro medico sul campo". Ci appelliamo - conclude la nota - a tutte le parti coinvolte nel conflitto affinché rispettino e facilitino la nostra attività medica che è essenziale per la sopravvivenza di centinaia di migliaia di persone oggi in Darfur". [GB]

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