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Amnesty: 'al cessate il fuoco in Darfur seguano atti concreti'
Conflitti
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Il presidente sudanese Omar Hassan al-Bashir, accusato lo scorso luglio di crimini di guerra in Darfur dalla Corte penale internazionale, ha annunciato ieri un cessate-il-fuoco unilaterale, "immediato" e "incondizionato" nella regione. Ma uno dei principali gruppi ribelli della parte occidentale del Sudan, il Movimento Giustizia ed Eguaglianza (Jem), ha rifiutato l'offerta definendola una "esercitazione" e ha giurato che continuerà a combattere finché non verrà raggiunto un accordo adeguato per dar vita a una tregua - riporta l'agenzia Reuters.
"Metteremo subito all'opera un meccanismo di controllo e avvieremo una campagna per il disarmo di tutti i gruppi armati" - ha detto al-Bashir alla conferenza, a cui era presente anche il presidente dell'Eritrea, Isayas Afeworki. Tra le raccomandazioni formulate dal Forum per l'iniziativa di pace - commissione formata dal elementi del governo e dell'opposizione - figurano la liberazione di tutti i detenuti politici del popolo del Darfur, la creazione di un fondo di compensazione per le vittime e l'agevolazione per il rientro degli sfollati. Bashir non ha tuttavia promesso di liberare i prigionieri politici o di istituire una nuova figura nella regione che ricopra la carica di vice-presidente in Darfur, come raccomandato dal foro.
Rispondendo all'annuncio del presidente sudanese, Amnesty International ha chiesto che alla dichiarazione di cessate il fuoco in Darfur seguano miglioramenti concreti e a tutte le parti in conflitto di cogliere questa opportunità per dare protezione della popolazione del Darfur. "Abbiamo già assistito a svariate dichiarazioni di cessate il fuoco nel corso di questo conflitto e nessuna di esse ha apportato alcuna differenza nella vita dei darfuriani" - ha commentato Tawanda Hondora, vicedirettore del programma Africa di Amnesty International. "La popolazione del Darfur rimane in balia di gruppi armati, banditi e forze regolari sudanesi. Ciò di cui ha invece disperatamente bisogno si chiama sicurezza ed è compito del governo di Khartoum e dell'Unamid provvedervi, cessate il fuoco o meno".
L'Unamid, la forza ibrida di peacekeeping fornita da Onu e Unione africana, è dispiegata in Darfur dall'inizio dell'anno ma finora è stata incapace di fermare l'ondata di violenza nella regione. Dal 2003, anno in cui è scoppiato il conflitto del Darfur, almeno 300mila civili sono stati uccisi, migliaia di donne sono state stuprate e milioni costretti alla fuga. Amnesty International chiede che i responsabili di queste violazioni dei diritti umani siano portati di fronte alla giustizia. "Gli attacchi deliberati e indiscriminati contro i civili da parte delle forze armate sudanesi, appoggiate dalle milizie alleate, e dei gruppi armati di opposizione costituiscono crimini di guerra" - ha sottolineato Hondora. I convogli e le sedi degli organismi umanitari vengono regolarmente attaccati e saccheggiati, pregiudicando l'arrivo a destinazione degli aiuti a milioni di persone. Amnesty International chiede che siano poste in essere misure che garantiscano la fornitura in condizioni di sicurezza degli aiuti umanitari, di cui c'è un disperato bisogno.
"L'Unamid, che ancora risulta fortemente sottodimensionata, dev'essere rafforzata e dispiegata in modo completo in Darfur, per proteggere i civili e garantire la fornitura degli aiuti umanitari. Le parole non bastano. La popolazione del Darfur aspetta da troppo tempo sicurezza e giustizia. La comunità internazionale ha sinora agito in modo insufficiente ed è tempo che lo faccia in modo adeguato" - ha concluso Hondora. Lo scorso luglio Amnesty International ha chiesto al Consiglio di sicurezza dell'Onu di respingere le iniziative volte a differire di 12 mesi le indagini e i procedimenti giudiziari della Corte penale internazionale (Cpi) sui crimini commessi in Darfur. Il differimento potrebbe essere rinnovato ogni anno anche a tempo indeterminato. [GB]