Afghanistan: siamo 'in guerra', ma La Russa non lo dice

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"Signor ministro, riguardo ai nostri soldati in Afghanistan, impegnati in combattimento da oltre un anno, Lei ha dichiarato che 'sui giornali italiani non se ne parlava'. Ci permettiamo di correggerLa. Il nostro giornale, PeaceReporter, ne ha parlato regolarmente fin dal settembre 2006, riportando tutte le operazioni di combattimento a cui hanno preso parte le nostre truppe della Forza di reazione rapida (Qrf) e le nostre forze speciali della Task Force 45 impegnate nell'operazione Sarissa".

Comincia così la lettera di PeaceReporter al ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che ieri ha ammesso che "i militari hanno partecipato ad azioni anche di combattimento" proprio nelle operazioni citate da PeaceReporter. "I nostri militari combattono da un anno, ma sui giornali italiani non se ne parlava. Il governo Prodi ha tenuto giustamente questa informazione riservata. Lo avrei fatto anch'io al suo posto. Ora però possiamo confermare che i nostri militari hanno partecipato ad azioni anche di combattimento" - ha dichiarato il ministro da Kabul. "Le operazioni di combattimento dei militari italiani non sono state nascoste dal governo precedente, ma sicuramente non sono state evidenziate" - ha aggiunto oggi La Russa. E circa il comportamento del suo predecessore, il ministro ha detto: "Non credo che Parisi abba nascosto, probabilmente, non c'è stata la domanda e quindi non c'è stata la risposta".

La denuncia di PeaceReporter -ripresa puntualmente dal nostro sito in diverse occasioni segnalando anche le imbarazzate risposte dell'ex Sottosegretario Forcieri - segnala inoltre che lo scorso 4 febbraio PeaceReporter è stato l'unico giornale italiano a riportare la notizia (diffusa dalle autorità locali afgane attraverso l'agenzia France Press) di un attacco notturno delle truppe italiane a Bakwa che avrebbe causato numerose vittime civili. Il comando italiano di Herat si affrettò a smentire con un comunicato stampa, ma il Suo predecessore Parisi impartì disposizioni allo Stato maggiore della Difesa affinché venissero condotti accertamenti. Da allora non se ne è saputo più nulla".

Proseguono, intanto, gli intendimenti del Governo per modificare i caveat dell'impegno italiano in Afghanistan. "Si tratta di una trasformazione sostanziale: trasferire 500 uomini nella zona calda di Farah, consentire loro di operare sotto il diretto comando americano del generale McKiernan - adesso Nato -, inviare cacciabombardieri Tornado, Predator, Mangusta, significa a tutti gli effetti parlare di una missione di vera e propria guerra" - commenta Silvana Pisa su Aprileonline. "Le regole d'ingaggio corrispondono alla missione che un paese si dà a un determinato scopo (sono il mezzo e non il fine); se queste si "appesantiscono", significa che la missione è stata modificata e non è più -nemmeno a parole - una missione di pace, non rientrando neanche nelle previsioni della seconda parte dell'articolo 11 della Costituzione (limitazioni della sovranità nazionale per assicurare la pace)".

"La modifica dei 'caveat', cioè quelle limitazioni all'impiego dei militari italiani in Afghanistan di cui tanto si è parlato nelle scorse settimane, è già in vigore" - commenta Elettra Deiana. I nuovi caveat sono già operativi. "Io ho già firmato" - ha dichiarato ad Herat il ministro della Difesa. "La modifica dei caveat è operativa" - conferma il gen. Vincenzo Camporini, capo di Stato maggiore della Difesa. Dunque da oggi per autorizzare l'impiego dei nostri militari fuori dalla loro area di competenza il governo non avrà più un massimo di 72 ma solo 6 ore. In sei ore, insomma, l'Italia potrà concedere o negare al comando di Isaf l'autorizzazione a impiegare i propri soldati anche nel sud e nell'est del paese, le zone più a rischio.

"L'Italia sceglie oggi di partecipare senza più velami o accorgimenti discorsivi o preoccupazioni tattiche alla guerra della Nato" - commenta Deiana. Con le decisioni prese dal governo Berlusconi, si accentuano, fino a mostrarsi in piena luce e a diventarne il carattere saliente e costitutivo, tutti gli aspetti di vera e propria missione di guerra della partecipazione italiana. I lati di ambiguità che hanno caratterizzato in questi ultimi due anni l'attività delle nostre truppe sono così destinati a scomparire. Fino a ieri missione formalmente presentata come di pace - con vocazione al nation building, cioè a contribuire alla riedificazione del Paese - ma nei fatti segnata in maniera crescente da strappi diretti e indiretti, forzature, accomodamenti che ne hanno accentuato il profilo belligerante". [GB]

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