Acli: le 5 sfide per il futuro dell’Italia

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Si è svolto il 14 e 15 settembre ad Orvieto il 45 incontro di studi promosso dalle Acli e avente come titolo “Cattolici per il bene comune”. Un evento molto partecipato e che ha avuto vasta eco sui media soprattutto grazie agli interventi di Pierluigi Bersani e Pier Ferdinando Casini. I due Pier, cercando anche di parlare di aspetti concreti per il futuro del paese, sono ben presto finiti a discutere di legge elettorale, problema sicuramente dirimente per ridare un po’ di credibilità alle istituzioni, ma che da solo rischia di distogliere l’attenzione sulla crisi di sistema in cui siamo immersi. Certamente siamo più soddisfatti quando i politici parlano di cittadinanza degli stranieri, di cooperazione internazionale, di riduzione delle spese militari, di investimenti in formazione e ricerca, di Europa e di pace nel mondo, piuttosto che di primarie, alleanze, collocazioni, candidature.

Su temi importanti si è discusso ampiamente. Nell’introdurre i lavori, il presidente nazionale Andrea Olivero, citando “l’appello dei vescovi europei per «una comunità europea di solidarietà e responsabilità», [ha fatto sua] la proposta - a fronte della acclarata «incapacità regolativa dei mercati» - di una tassa sulle transazioni finanziarie, la limitazione dei compensi dei top manager, il mantenimento della promessa di destinazione ai Paesi poveri dello 0,7% del Prodotto interno lordo.

Il tema dell’Europa è un passaggio importante: «La sfida è quella di riportare il nostro Paese a svolgere un ruolo chiave nel rilancio del progetto di unificazione politica». La direzione è quella della «costruzione degli Stati uniti di un’Europa federale»”.

Riguardo alla politica italiana Olivero non ha nascosto la diagnosi sconfortata diffusa nella società civile nei confronti di partiti che non sembrano in grado di collegarsi ai veri bisogni dell’Italia. L’apprezzamento al governo Monti va soprattutto nella direzione del recupero di uno stile istituzionale da parte della compagine tecnica, specie se rapportata agli esecutivi guidati da Berlusconi. Secondo il presidente delle Acli: “nessun restyling potrà oscurare le sue responsabilità di aver badato più al benessere di uno che al bene comune”. C’è da “rifondare il patto di convivenza civile, affinché ogni cittadino sia e si senta parte e protagonista della vita del Paese”.

“Le tendenze demagogiche e qualunquiste non ci affascinano” ha aggiunto Olivero. “Nè possiamo condividere le fughe indifferenti del partito del non voto”. “Ma non per questo siamo estranei all’insofferenza verso l’attuale sistema partitico”. “Nell’antipolitica si può annidare passione per la democrazia e interesse per il bene comune che non vanno dispersi ma rappresentati”.

Ai cattolici è chiesto un nuovo protagonismo” ha detto il presidente delle Acli, e “a nessuno è lecito tirarsi indietro”. “È tempo di nuove scelte, nuove proposte, nuove prospettive da condividere e maturare insieme”. C’è una tradizione - quella del cattolicesimo sociale e democratico - “da aggiornare e re-interpretare alla luce del presente” (“coniugando questione sociale e questione antropologica”). C’è un patrimonio di “grandi idee”: la partecipazione democratica, la giustizia sociale, i diritti di cittadinanza, il lavoro decente e dignitoso, il welfare equo e universale, la cultura della pace, l’interessa per la comunità territoriale in un orizzonte europeo. Ma “c’è bisogno di una laicato maturo, competente e responsabile” - ammonisce Olivero - “che ritrovi il coraggio dell’autonomia nell’ordinare le cose temporali in una società plurale e aperta, post-secolare”. “Non c’è bisogno di un partito cattolico” – ha concluso.

Il giorno dopo, con Bersani e Casini in platea, Olivero ha ribadito che “Il bisogno della svolta passa attraverso la concretezza delle proposte”, chiedendo ai due leader di condividere cinque punti programmatici sui quali fondare un progetto di alleanza e un progetto di Governo. “Innanzitutto un piano straordinario per l’occupazione giovanile, che punti su lavoro di cura, turismo, cultura, green economy”. Una misura di contrasto alla povertà assoluta, “oltre l’assistenzialismo dell’esperienza della social card”. La concessione della cittadinanza ai figli di stranieri nati in Italia, da presentare entro cento giorni, “un segnale straordinario per il cambiamento del Paese”. Una maggiore attenzione alle famiglie, “soggetto sociale fondamentale”, nella definizione delle misure fiscali. Infine, una nuova legge elettorale, che intercetti il bisogno di cambiamento degli italiani dando loro la possibilità di scegliere.

“Il Paese – ha concluso Olivero – chiede a tutti il coraggio di dare risposte concrete ai bisogni delle persone e di operare scelte per un rinnovamento. I cattolici stanno facendo la loro parte mettendosi in gioco. E noi preferiamo rischiare che stare cinicamente alla finestra a giudicare”.

“Ci stiamo preparando a una società migliore”, ha aggiunto Mauro Magatti, preside della facoltà di sociologia della Cattolica di Milano. “Non dobbiamo riparare il vecchio, ma imparare la lezione. Non dobbiamo tamponare cose che non tengono più, ma disegnare un futuro diverso. Avviare processi di innovazione e di trasformazione culturale e istituzionale. Non ‘nuovismi’ campati per aria. Dalle crisi si esce guardando avanti, aprendo l’orizzonte. Una società depressa e invecchiata come la nostra non ha voglia di guardare avanti, è come se non fossimo interessati al prossimo giro, ma il prossimo giro sarà migliore del precedente. Ce ne sono le condizioni”.

I due Pier, come ovvio, applaudivano compiaciuti da bravi ospiti. Prendiamo alcune loro dichiarazioni da una delle varie agenzie di stampa presenti. “Casini non ci gira intorno: «La legge elettorale la dobbiamo fare. La si deve fare. Io penso che il tema di restituire ai cittadini la possibilità di scegliere sia fondamentale». Poi il leader centrista aggiunge: «Ho riflettuto su quanto detto da Bersani sulle controindicazioni della scelta per evitare derive di malcostume. Ma io resto della mia idea, io credo realmente che il grillismo si alimenti anche di questo. L’antidoto al grillismo, al populismo, passa per il fatto che i cittadini possano scegliere i loro parlamentari. La legge va fatta velocemente».

Tocca al segretario Pd che dice senza mezzi termini: «Noi abbiamo già deciso. Abbiamo consegnato la nostro proposta di legge col doppio turno. Non la vuole nessuno. Abbiamo detto facciamo un’ipotesi di compromesso. L’abbiamo messa lì, niente. Se lo facessero anche gli altri? E poi in commissione affari istituzionali, davanti agli italiani, si trovasse una composizione. Noi del Pd discutiamo, discutiamo, discutiamo, poi consegnamo la merce. Sono disponibile a contrattare sul premio di governabilità. Ma non è un problema del Pd»”.

E sulla cittadinanza agli immigrati i due hanno sostenuto che: “Serve una politica per la famiglia perché in Italia non si cresce e la popolazione cresce solo grazie agli immigrati. Io ho già detto che sono favorevole a concedere la cittadinanza a chi è nato in Italia” così Casini. Anche Bersani spiega che per “il Pd la prima cosa è la questione dei figli degli immigrati e della cittadinanza italiana. Deve essere chiaro in che mondo immaginiamo l’Italia:nel mondo nuovo o nel vecchio?”.

Insomma le premesse ci sarebbero, ma per la concretizzazione siamo molto scettici… Forse la spinta dal basso servirà a qualcosa, tuttavia per farsi sentire ci vorrebbe, oggi come oggi, un terremoto. [PGC]

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