Ogni possibile negoziato appare lontano. Il punto

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Immagine: Atlanteguerre.it

Sono 27 mesi di morte in Ucraina. A far tremare il Mondo, ora, è però il presidente francese Emmanuel Macron: un’altra volta, lo aveva già fatto nel febbraio del 2024, ha spiegato che l’Europa ha fatto troppo poco per fermare il presidente russo Putin. Il capo del Cremlino, dice il presidente francese, non deve vincere e quindi non si può escludere che la Francia possa “inviare truppe di terra in Ucraina qualora Mosca dovesse sfondare le linee del fronte e se Kiev lo dovesse richiedere".

É, nei fatti, un ultimatum di guerra. E se è vero che gli alleati più prossimi ai francesi – Italia compresa – hanno escluso qualsiasi impego di loro militari contro Mosca, le parole di Macron pesano come un macigno. Soprattutto alla luce di quanto sta accadendo sul campo, perché i russi stanno effettivamente sfondando le linee di difesa ucraine. Vicino Avdiivka gli scontri sono sempre più pesanti. L’esercito ucraino ha schierato le riserve, ma le forze russe sono riuscite a sfondare. Hanno preso Ocheretiny nella zona di Avdiivka, in Donetsk. A spiegare la gravità della situazione è stato il portavoce del comando militare, Nazar Voloshyn. "La situazione è tale – ha detto - che il nemico è riuscito a sfondare. Una parte dell’insediamento, sotto controllo nemico, è sotto il nostro fuoco. Stiamo adottando misure per scacciarli da lì. Sono in corso pesanti combattimenti, le Forze armate ucraine stanno controllando la situazione".

Tutto accade a pochi giorni dal 9 maggio, giorno per la Russia di celebrazioni per ricordare la vittoria nella Grande Guerra Patriottica contro i nazisti. Putin vuole festeggiare con una vittoria simbolica e strategica. Per questo gli sforzi dell’esercito sono aumentati. Le forze aree stano colpendo, come ormai tradizione in questa fase della guerra, le centrali elettriche e i punti di rifornimento ucraini, per mettere in difficoltà la popolazione, già molto provata. Kiev tenta di rilanciare colpendo il territorio russo con droni e aerei senza pilota.

Ogni possibile negoziato appare lontano e non si affacciano negoziatori credibili per uno stop ai combattimenti. Di tregua, invece, si continua a discutere per Gaza, con Hamas che sta valutando le proposte avanzate in settimana. Intanto, cresce nel Mondo il dissenso nei confronti delle politiche del governo Netanyahu. Nel Nord America – Stati Uniti e Canada – sono decine i campus universitari occupati da migliaia di studenti che vogliono fermare la strage nella Striscia. La polizia è intervenuta pesantemente, con arresti e pestaggi. Lo stesso sta accadendo in Francia e in forma più contenuta in Italia, ma la protesta sta crescendo e pare inarrestabile. Dall'Onu, intanto, fanno sapere che la ricostruzione della Striscia di Gaza, devastata dall’azione militare israeliana, costerà tra i 30 e i 40 miliardi di dollari. "La portata della distruzione è enorme e senza precedenti - ha precisato Abdallah al-Dardari, direttore dell'ufficio regionale per gli Stati arabi dell'agenzia -. Questa è un tipo di problema che la comunità internazionale non affrontava dalla Seconda Guerra Mondiale".

Le pedine del Risiko Mondiale, con il confronto fra “filoamericani” e “antagonisti” si muovono intanto ancora nel Mar Rosso, con gli houthi yemeniti ad attaccare le navi filoisraeliane in transito e le flotte europee e statunitensi impegnate ad arginarli. Ma il confronto rischia di farsi aspro anche nell’Africa subsahariana. I governi di questi Paesi, Ciad e Niger in testa, hanno dichiarato di non volere più forze armate degli Stati Uniti nei loro territori, manifestando apertamente dubbi sulle strategie dell'esercito statunitense e sull'imposizione della democrazia a stelle e strisce. L’orientamento è di chiedere alla Russia una presenza militare e politica. I governi africani vedono in quella di Mosca la strategia migliore per la propria difesa e per il proprio sviluppo. Una scelta che apre un nuovo, duro, fronte di confronto fra i grandi contendenti planetari.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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