La guerra nella guerra…

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Mentre con la guerra in Ucraina si compie l’ennesima “inutile strage”, la situazione dei diritti umani nella stessa Russia si sta visibilmente deteriorando e non coinvolge solo le migliaia di russi che continuano ad essere arrestati mentre pacificamente e in mondo nonviolento dimostrano la loro avversione a questa guerra. Anche gli indigeni russi residenti all’estero si sono espressi in una dichiarazione pubblica, rilanciata in Italia nelle scorse settimane dall’Associazione Popoli Minacciati (APM), condannando la guerra di Putin contro l’Ucraina nei termini più forti e decisi possibili e chiedendo che i diritti umani di tutti popoli minacciati siano rispettati sia all'estero che in Russia.  “Noi, i e le rappresentanti dei popoli indigeni del Nord, della Siberia e dell'Estremo Oriente, che ci troviamo involontariamente fuori dalla Russia, siamo inorriditi dalla guerra che il presidente Putin ha scatenato contro l’Ucraina. Noi, come rappresentanti dei popoli indigeni della Russia, esprimiamo la nostra solidarietà con il popolo ucraino nella sua lotta per la libertà e siamo estremamente preoccupati per l'applicazione dei diritti dei popoli indigeni in Ucraina in tempo di guerra, anche nel territorio illegalmente occupato della Crimea”. Una denuncia che anche le Associazioni per i Popoli Minacciati in Svizzera, Germania e Sudtirolo hanno fatto propria condannando fermamente la guerra contro l'Ucraina, che si sta progressivamente intensificando e che approfittando dei lenti progressi delle diplomazie sta causando sempre più vittime. 

Eppure il fronte russo-ucraino non è l’unico che oltre a fare migliaia di morti calpesta i diritti dei popoli indigeniNel quarto anniversario dell'occupazione della regione curda siriana settentrionale di Afrin, completata il 18 marzo 2018 in violazione del diritto internazionale, l’APM ha ricordato che gli attacchi della Turchia, membro della NATO, contro i suoi vicini curdi, rischiano di diventare sempre più cruenti. Per l’APM proprio l’invasione di Putin in Ucraina sta rafforzando l’importanza geopolitica della Turchia e il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, attivamente impegnato in questi giorni per un cessate il fuoco attraverso l'organizzazione di questo nuovo round di negoziati tra le delegazioni russa e quella ucraina a Istanbul, potrebbe sentirsi incoraggiato ad attaccare con ancora più forza le regioni curde nel nord della Siria: “Erdogan potrebbe essere meno in grado di contare sull’aiuto di Putin in questo momento, ma anche se all’interno della NATO, ora può farla franca senza problemi. E lui lo sa. Al contrario della guerra di aggressione di Putin, la NATO e i governi europei non hanno speso una sola parola per condannare la guerra di aggressione di Erdogan su Afrin. Questi doppi standard danneggiano e svalutano i valori occidentali”. Purtroppo le notizie di violazioni dei diritti umani e di crimini di guerra commessi dalla Turchia ad Afrin non sono una novità: “L’esercito turco e i suoi mercenari islamisti attaccano brutalmente le donne curde e i membri delle minoranze Yazidi, Alevi e cristiane. Quattro donne sono state uccise dall'inizio dell'anno: Ezize Ibrahim, Semire Elwan, Fatme Elwan e una donna il cui nome non è ancora noto. Inoltre, dodici donne sono già state rapite dalle forze di occupazione o dagli islamisti siriani quest'anno”.  

Per quattro anni, le forze di occupazione turche e i mercenari loro alleati hanno sistematicamente commesso crimini come stupri, rapimenti, saccheggi, rapine e furti: “Ottantaquattro donne sono state deliberatamente assassinate. Almeno sei donne si sono suicidate dopo essere state stuprate. Molti membri delle minoranze hanno dovuto fuggire. L’ex comunità cristiana di Afrin, composta da 1.200 persone, non esiste più. L’ultimo armeno è stato espulso, così come i circa 350.000 curdi. Migliaia di persone sono state uccise o ferite. Scuole curde e la prima università curda nella storia della Siria, cimiteri curdi, santuari yazidi e aleviti sono stati distrutti dalla Turchia e dai suoi islamisti siriani”. Per questo motivo, l’APM mette in guardia la politica e i media dal minimizzare il dispotismo di Erdogan, perché “Tutto quello che Putin sta facendo oggi, Erdogan lo sta facendo da anni, con l’appoggio o la tolleranza della NATO. Dovrebbe essere ostracizzato per questo proprio come lo è Putin, finché il suo governo non si sforza per un dialogo reale, pacifico e paritario con la popolazione curda in Turchia, in Siria e in Iraq. Le guerre contro l'etnia curda nel proprio paese, in Siria e in Iraq devono finire immediatamente. Il presidente turco deve smettere di sostenere i gruppi islamici radicali nel mondo”.  Attualmente il Governo turco non solo utilizza senza farsi troppi problemi le armi contro i curdi, ma non rispetta mai pienamente le libertà di riunione, stampa ed espressione, diritti civili spesso negati anche gli stessi turchi, per questo per l’APM “Le decine di migliaia di persone che sono state imprigionate per le loro opinioni devono essere rilasciate immediatamente ed Erdogan deve finalmente attuare tutte le decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo”.

Intanto a Diyarbarkir in Turchia, lo scorso 16 marzo, 24 donne attiviste del movimento per i loro diritti sono state arrestate dalla polizia turca. Tra esse la presidente e parte del direttivo dell’associazione Rosa Kadin Dernegdella quale fanno parte artiste, registe, intellettuali, femministe che operano per l'emancipazione ed i diritti delle donne e che sono state fermate insieme ad altre rappresentanti della vita politica e culturale della città. Secondo alcune fonti riprese dall’APM il pretesto per l’arresto è da mettere in relazione alle attività svolte per i diritti di genere e per la giornata internazionale della donna svoltasi l’8 marzo a Diyarbakir. Insieme ad alcune di queste donne nel 2021, l’APM aveva collaborato nell’ambito dell’iniziativa The Purple Meridians, un progetto sulla parità di genere finanziato da Eurimages - Council of Europe. Mentre oggi, per questo tipo di attività, le donne in Europa vengono premiate, a Diyarbakir sono state arrestate in massa. Ricordiamocelo, magari prima di "scoprire" che un altro dittatore siede alle porte dell’Europa e con l'Europa ci fa affari, ne gestisce i migranti ed è pure un membro della NATO.

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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