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La cultura della militarizzazione in Niger e Sahel
Economia di guerra
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Foto: Benigno Hoyuela da Unsplash.com
“Tutta la regione saheliana è costellata da “failed states”, da Stati dove la cultura della militarizzazione ha prevalso sule dinamiche politiche/democratiche e dove i militari si sono proposti come salvatori della patria” dice all’Atlante Francesco Tamburini, Docente di Storia e Istituzioni dei paesi afroasiatici alla facoltà di scienze politiche dell’Università di Pisa. Il golpe del 27 luglio in Niger è infatti solo l’ultimo atto di una lunga fase di crisi politica, sociale e ambientale nella Regione africana del Sahel. Per approfondire cosa sta succedendo, in particolare dal punto di vista delle vecchie e nuove ingerenze internazionali nell’area, abbiamo rivolto alcune domande all’africanista dell’ateneo pisano.
Il recente golpe in Niger è soltanto l’ultimo colpo di stato nell’area del Sahel. Che tipo di fase politica sta attraversando la Regione?
Tutta la regione saheliana è costellata da “failed states”, e da Stati dove la cultura della militarizzazione ha prevalso sule dinamiche politiche/democratiche. I militari si sono proposti come “salvatori” della patria, esposta ai pericoli del malgoverno e dell’anarchia, come “arbitri” tra le fazioni in lotta che operano un intervento tanto equilibratore quanto temporaneo. L’esercito, caratterizzato da una “sindrome pretoriana”, ha quindi creato e si è inserito all’interno di quelle categorie di regimi individuati come “custodi” o “guardiani” (caretakers), “riformatori” o “redentori” (reformers, redeemers). I regimi militari “guardiani” sono quelli che nascono premettendo di non appartenere alla politica, ma affermano che rientra nei loro compiti rimuovere dal potere i civili che stanno portando alla rovina la nazione e quindi sono obbligati a intervenire.
I “riformatori” o “redentori” sono quelli dove i militari affermano di essere i soli a possedere le competenze per rimettere la nazione sul giusto cammino, auto-eleggendosi a difensori della democrazia e autolegittimandosi a guidare la nazione per un periodo di tempo indeterminato. Essi redimono la nazione affrancandola dal gioco del neo-colonialismo, da un sovrano corrotto, oppure da un presidente ritenuto deviante dagli ideali democratici. Il Niger era l’unico Paese della Regione ad avere un governo democraticamente eletto dopo una storia costellata da ben 7 colpi di stato nella sua storia dopo l’indipendenza nel 1960 (1966-1975-1976-1983-1985-1990-1993) e da 7 costituzioni.
Da dove vengono le manifestazioni pro Russia sotto l’ambasciata francese in Niger all’indomani del golpe? Sono secondo lei indicativi di un sentimento anti francese condiviso nell’area?
Difficile dire quanto sia il seguito popolare che sta avendo la Russia nel Paese. Bastano due bandiere sventolate davanti a una telecamera per costituire una prova? Dubito che la Russia abbia la capacità di proiettare la sua forza economica militare nel Paese, data la palude ucraina in cui si è bloccata oggi...
L''articolo di Alice Pistolesi segue su Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo
Alice Pistolesi

Giornalista, è laureata in Scienze politiche e Internazionali e in Studi Internazionali all’Università di Pisa. Viaggia per scrivere e per documentare, concentrandosi in particolare su popolazioni oppresse e che rivendicano autonomia o autodeterminazione. È redattrice del volume Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo e del sito Atlanteguerre.it dove pubblica dossier tematici di approfondimento su temi globali, reportage. È impegnata in progetti di educazione alla mondializzazione e alla Pace nelle scuole e svolge incontri formativi. Pubblica da freelance su varie testate italiane tra le quali Unimondo.org.