Il battaglione Azov è tornato

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Immagine: Atlanteguerre.it

Il battaglione Azov è tornato. Per gli ucraini sono tornati gli eroi di Mariupol, quelli che sino a maggio del 2022 avevano resistito all’invasore russo asserragliati nell’acciaieria Azovstal. Per i russi sono tornati i peggiori rappresentanti del neonazismo ucraino, quel neonazismo che loro hanno deciso di estirpare con l’invasione, iniziata 541 giorni fa.

Il battaglione Azov, dicevamo. Era diventato famoso per la resistenza a Mariupol, appunto, ma era già noto nel Mondo per la evidente radice nazionalista e neonazista, mostrata  nei primi anni di questa guerra, nel 2014, quando erano iniziati i combattimenti contro i secessionisti russi. A formare il battaglione sono uomini di lingua russa, provenienti da regioni di lingua russa dell'Ucraina. Erano stati tutti catturati dopo la resa, nel maggio del 2022 e, per effetto degli accordi russo – ucraini sullo scambio dei prigionieri, erano stati liberati e portati in Turchia, dove hanno trascorso 300 giorni. Ora, circa 900 combattenti, sono di nuovo in linea. Lo ha spiegato il capo del dipartimento di pianificazione della Guardia Nazionale, Mykola Urshalovych. Sono schierati nell'area della foresta di Serebryanske, nella regione di Lugansk. 

Sul campo, la battaglia prosegue. La controffensiva ucraina segna il passo da settimane e gli alleati – Stati Uniti in testa – sono inquieti e delusi. In due mesi di sforzo, i risultati sono scadenti. Lo ha detto lo stesso presidente ucraino, Zalensky, spiegando agli ucraini che «dobbiamo essere pazienti se vogliamo vincere, la controffensiva è complicata e potrebbe essere più lenta del previsto». Intanto, la macchina infernale della guerra tritura vite, città e mezzi. Nessuno smette di alimentarla, nonostante non ci sia chi mostri la capacità di vincerla. Gli Stati Uniti hanno annunciato di aver predisposto l’invio di altri 200milioni di dollari in aiuti militari all’Ucraina, ma nella Nato sembra prendere sempre più corpo l’ipotesi di avviare negoziati seri, in tempi rapidi. Questo al di là delle polemiche per le parole pronunciate da Stian Jenssen, braccio destro del segretario generale Jens Stoltenberg. Jenssen in settimana ha detto che «la cessione di alcuni territori a Mosca potrebbe essere la soluzione per l’adesione dell’Ucraina alla Nato». Parole che hanno fatto arrabbiare i vertici di Kiev e costretto Jenssen ad una precipitosa marcia indietro. Ma l’impressione, nelle cancellerie internazionali, è che gli alleati europei di Kiev siano sempre più stanchi e in difficoltà sul piano militare e che la spinta nella corsa al riarmo dell’Ucraina possa esaurirsi. 

La controffensiva impantanata certo non aiuta. Sul fronte diplomatico poco si muove. La Bielorussia ha spiegato, ancora una volta, che non attaccherà l’Ucraina, se non verrà attaccata. Il sostegno al Cremlino comunque sia, è totale e continuo. Sul fronte interno a Mosca, invece, è uscito allo scoperto lo scacchista Garry Kasparov, grande oppositore di Putin. In una lunga intervista ad un media ucraino ha detto che «la caduta del dittatore di tipo mafioso Vladimir Putin sarà inevitabile dopo la liberazione dell'Ucraina. Il primo problema oggi – ha continuato - è come porre fine alla guerra. E non c'è altro modo, se non la vittoria completa dell'Ucraina. Perché mentre Putin è al potere, combatterà fino all'ultimo dollaro, fino all'ultimo soldato». Le schermaglie politiche continuano sul fronte internazionale, rendendo sempre più improbabile trovare un punto di incontro fra Mosca e Kiev. Lo conferma la decisione dell'India, padrona di casa del G20, di non invitare l’Ucraina al summit che si terrà i prossimi 9 e 10 settembre. In questo modo, Dehli ribadisce la sua politica di non allineamento e certifica che l’incontro non sarà palcoscenico per la sicurezza internazionale.

A margine di tutto, c’è anche chi si occupa di un altro aspetto devastante di questa guerra: i danni ambientali. L’elenco è deprimente. Lo ha divulgato la vicepremier e ministro dell'Economia ucraina Yulia Svyrydenko. «In più di 500 giorni di guerra – scrive - sono stati registrati quasi 2.500 casi di danni all'ambiente, per un danno totale stimato in 52 miliardi di euro». A causa dell'invasione russa, 174.000 chilometri quadrati di terra ucraina sono potenzialmente contaminati da oggetti esplosivi.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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