#OWS: Occupy Wall Street compie un anno lanciando un appuntamento globale

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È passato un anno da quel 17 settembre in cui centinaia di persone si diedero appuntamento a Wall Street, il distretto finanziario di New York, senza troppe aspettative. La rivista canadese Adbuster lanciò l’invito e in realtà si ritrovarono ad essere oltre un migliaio di persone. Sull’onda delle manifestazioni dei cugini delle “Primavere arabe”del Nord Africa e degli “Indignados” spagnoli, anche nella città che non dorme mai, persone appartenenti alle più disparate categorie - tra le quali studenti, insegnanti, giovani, anziani, lavoratori e disoccupati - decidono di scendere in strada e di far sentire la loro voce contro il potere della finanza mondiale. Persone che dichiarano di essere il 99% della popolazione a manifestare contro un sistema gestito dall’1%.

Wall Street viene invasa dai manifestanti che poi si accampano all’ormai famoso Zuccotti Park. Assemblee, dibattiti, qualcuno di loro era stato a Madrid e aveva riportato il funzionamento delle “acampadas” e così - accampati - sono andati avanti per oltre due mesi, all’interno di un vero a proprio villaggio ideale, almeno fino allo sgombero da parte della polizia a novembre. Oggi sono in molti a sostenere che il movimento è al tramonto, disorganizzato, senza obiettivi concreti e che sia stato solo un grande show mediatico durato qualche mese. In realtà i sostenitori del movimento hanno continuato a riunirsi e a discutere, a usare la rete per scambiarsi opinioni e informazioni, e sopratutto la parola Occupy è stata poi seguita da innumerevoli altre città, non solo negli Stati Uniti. Ma spesso senza le telecamere, che si accontentano di iniziative eclatanti per poi puntare i riflettori su qualcos’altro. Lo scorso lunedì molti hanno tentato di tornare davanti alla sede della New York Stock Exchange, ma stavolta la polizia li ha anticipati impedendone l’accesso e arrestando oltre cento manifestanti che provavano a forzare gli accessi al quartiere.

Durante quest’anno però a favore o meno di telecamera sono successe tante cose che fanno pensare che il movimento, e non solo Occupy, sia più vivo e attivo che mai. Le manifestazioni degli studenti in Cile che chiedono un’istruzione di qualità gratuita, quelli del Messico che poco prima delle elezioni presidenziali è confluito nel movimento Yo soy 132 per denunciare lo strapotere di alcuni media, capaci di influenzare le masse, gli studenti canadesi che continuano a protestare contro l’aumento delle tasse universitarie. Ma proteste si sono registrate anche in Russia, compresa quella in sostegno delle componenti del gruppo Pussy Riot. In Cina e in particolare a Hong Kong pochi giorni fa è stato sgomberato l’accampamento di Occupy, fuori dalla sede centrale del gruppo bancario HSBC.

Mentre in Europa in Spagna, Grecia e Portogallo si sono tenute manifestazioni contro le misure di austerity chieste dall’Ue. Insomma gli indignati del mondo ci sono e se anche non hanno ancora ottenuto risultati concreti, già prendere coscienza del fatto che questo sistema non funziona è un risultato. Sopratutto se le proteste e le grandi manifestazioni sembravano essere anestetizzate da una criminalizzazione sempre più persistente, un solo esempio, quello di Genova aiuta a capire perché dopo Seattle, sia stato così difficile scendere in piazza/strada per quasi un decennio. Ma lo scorso 15 ottobre da oltre 900 piazze del mondo è arrivato un segnale forte che ha fatto pensare che quel 99% esiste davvero. E dalla festa di compleanno newyorkese è stato lanciato un nuovo appuntamento globale: 13 ottobre 2012 Global Noise. Stavolta i manifestanti, sulla scia delle proteste del 2001 in Argentina conosciute come il cacerolazo, sbatteranno le pentole per strada, mirando ad attirare l’attenzione delle istituzioni ma anche a coinvolgere quelli che fino ad ora non credevano che la crisi sarebbe durata così a lungo, e sopratutto che nessuno finora sia stato in grado di dare soluzioni.

Elvira Corona (autrice di Lavorare senza padroni, Emi edizioni)

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