I bambini talibé di Bamako

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Foto: L. Michelini ®

I togo?” (ovvero “come ti chiami?”), gli chiedo in bambara, la lingua locale di Bamako.

Sandali di plastica, camicia a righe rosse e bianche abbottonata male e il classico contenitore di latta utilizzato per l’elemosina con all’interno qualche dattero e un sacchettino di zucchero. 

Loro sono Adama e Beni, di rispettivamente 10 e 13 anni. Vengono da Segou, una regione del Mali centrale. Sono dei bambini talibè, mandati a Bamako dalle loro famiglie per studiare il Corano. 

Dicono di abitare a Daudabougou, un quartiere popolare della capitale maliana, presso una scuola coranica gestita da un cosiddetto marabutto, l’insegnante che dovrebbe prendere gli studenti in carico ed occuparsi della loro formazione religiosa.

Abiti sporchi, pieni di polvere, denti cariati e testa piena di croste bianche. Questi sono i tratti comuni alla stragrande maggioranza dei piccoli mendicanti che affollano le strade di Bamako. Segni evidenti di trasandatezza e malnutrizione

Mi dicono che ogni giorno devono portare al marabutto 250 fcfa (circa 40 centesimi di euro), salvo il venerdì quando la tariffa aumenta a 1.000 fcfa (circa 1.5 euro). Se per la sera non racimolano la somma assegnata, ad attenderli una punizione, solitamente corporale. 

Considerando che in tutto i piccoli ospiti della scuola, se si può parlare di scuola, sono una cinquantina, il calcolo si fa velocemente e, contando solamente i profitti del venerdì, il marabutto guadagna senza alzare un dito più di 50.000 fcfa a settimana, ovvero 200.000 fcfa al mese (circa 300 euro), tanto quanto un pubblico ufficiale in Mali. Non male se si considera che questi soldi saranno utilizzati dal maestro coranico principalmente per soddisfare i bisogni della sua famiglia, mentre una parte assolutamente irrisoria verrà dedicata alla cura dei numerosi discepoli. 

Le motivazioni che spingono ancora oggi molte famiglie maliane a mandare i bambini in questi centri sono diverse. Ad esempio il legame ancora forte a credenze e tradizioni oramai passate, come la convinzione che si debba imparare fin da giovani quanto la vita possa essere dura. C’è un proverbio in Mali che recita “La sofferenza è la migliore consigliera” e, in accordo con questo principio, sono in molti a sostenere che se i bambini apprendono fin da subito che nulla si ottiene facilmente, svilupperanno quanto prima le abilità per fronteggiare le difficoltà della quotidianità, preparandosi così a diventare adulti.

In altri casi, invece, la motivazione che spinge le famiglie a mandare i figli in questi centri risiede nell’assenza di mezzi sufficienti per poterli mantenere

Se in passato questa pratica faceva parte dell'apprendimento religioso, oggi è una vera forma di sfruttamento minoriletalibè crescono imparando l’arte dell’elemosina, sopravvivendo ogni giorno ai costanti pericoli della strada e vivendo senza legami affettivi e punti di riferimento. Tenuti nell’ignoranza e quasi sempre analfabeti, molto facilmente diventeranno i delinquenti di un domani.

Abdoulaye è un maestro coranico del quartiere Diélibougou. “La mattina voglio che i bambini vadano a scuola, nella scuola pubblica statale intendo. Il pomeriggio possono venire da me, assieme studiamo l’Islam e i suoi insegnamenti. Mandare in strada i piccoli con la scusa di insegnargli il valore della vita è scorretto”. Ma purtroppo non sono in molti a pensarla come lui e i centri coranici gestiti da persone che traggono profitto con la scusa della religione sono numerosi e diffusi in vari paesi dell’Africa Occidentale.

Mangiamo insieme un piatto di woujoula in un ristorante locale. Adama e Beni divorano il contenuto del piatto alla velocità della luce, non avanza una briciola. Beni lascia un gran pezzo di carne per ultimo che assapora con calma dopo aver bevuto due grandi bicchieri d’acqua. 

Finito di mangiare, si rimettono a tracolla il contenitore di latta che useranno nel resto della giornata per la questua quotidiana. Se ne vanno via così, a piedi nudi, lungo la strada piena di polvere e traffico che percorrono tutti i giorni fino a notte inoltrata.

Lucia Michelini

Sono Lucia Michelini, ecologa, residente fra l'Italia e il Senegal. Mi occupo soprattutto di cambiamenti climatici, agricoltura rigenerativa e diritti umani. Sono convinta che la via per un mondo più giusto e sano non possa che passare attraverso la tutela del nostro ambiente e la promozione della cultura. Per questo cerco di documentarmi e documentare, condividendo quanto vedo e imparo con penna e macchina fotografica. Ah sì, non mangio animali da tredici anni e questo mi ha permesso di attenuare molto il mio impatto ambientale e di risparmiare parecchie vite.

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