www.unimondo.org/Guide/Diritti-umani/Rapporto-Amnesty-le-violazioni-dei-diritti-nel-mondo-sotto-accusa-anche-l-Italia-117089
Rapporto Amnesty: le violazioni dei diritti nel mondo, sotto accusa anche l'Italia
Diritti umani
Stampa
Nonostante il 2009 sia stato un anno fondamentale per la giustizia internazionale, le lacune esistenti nella giustizia globale sono state acuite dal potere della politica. È quanto affermato da Amnesty International, che ha presentato ieri a Roma oggi il Rapporto Annuale 2010.
Nella sua analisi sulla situazione dei diritti umani nel mondo nel periodo gennaio - dicembre 2009, Amnesty International segnala violazioni in 159 paesi e punta il dito contro quei governi potenti che stanno bloccando i passi avanti della giustizia internazionale, ponendosi al di sopra delle norme sui diritti umani, proteggendo dalle critiche gli alleati e agendo solo quando politicamente conveniente.
"La repressione e l'ingiustizia prosperano nelle lacune della giustizia globale, condannando milioni di persone a una vita di violazioni, oppressione e violenza" - ha dichiarato Christine Weise, presidente della Sezione Italiana di Amnesty nel corso della presentazione del Rapporto. "I governi devono assicurare che nessuno si ponga al di sopra della legge e che ogni persona abbia accesso alla giustizia, per tutte le violazioni dei diritti umani subite. Fino a quando i governi non smetteranno di subordinare la giustizia agli interessi politici, la libertà dalla paura e dal bisogno rimarrà fuori dalla portata della maggior parte dell'umanità" - ha affermato Weise.
L'organizzazione per i diritti umani ha pertanto rinnovato la richiesta ai governi di garantire che renderanno conto del loro operato, dare piena adesione alla Corte penale internazionale e assicurare che i crimini di diritto internazionale saranno sottoposti a procedimenti giudiziari ovunque nel mondo. Agli stati che rivendicano una leadership globale, tra cui quelli del G20, compete la responsabilità specifica di dare l'esempio.
Lungo l'elenco delle violazioni dei diritti umani che riguardano l'Italia. Si passa dalle violazioni dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo, alle discriminazioni verso i Rom, ai numerosi casi di omofobia alle misure lesive dei diritti giustificate dal Governo con la "lotta al terrorismo e per la sicurezza" alle responsabilità delle Forze di Polizia nei ripetuti casi di tortura, maltrattamenti e uso indiscriminato della forza.
Il rapporto di Amnesty ricorda, a riguardo dei diritti dei migranti e richiedenti asilo che la legislazione entrata in vigore nell'agosto 2009 come ultima tranche del cosiddetto "pacchetto sicurezza", ha introdotto il reato di ingresso e soggiorno irregolare. Ma - evidenzia Amnesty - "non sono state emanate le regole di attuazione delle norme sull'asilo introdotte nel 2008 dai decreti legislativi che attuano le Direttive europee in materia di procedure d'asilo e qualifica di rifugiato". Inoltre a partire da maggio 2009, le autorità italiane hanno trasferito in Libia migranti e richiedenti asilo intercettati in mare sulla base dell'accordo di "Amicizia, partenariato e cooperazione" concluso nell'agosto 2008 tra Italia e Libia e degli accordi tecnici di dicembre 2007 sul pattugliamento marittimo congiunto per mezzo di navi della Guardia di Finanza fornite dall'Italia.
Amnesty ricorda inoltre che il Comitato europeo contro la tortura ha esortato l'Italia a rivedere la prassi dei rinvii forzati in Libia e ad assicurare che alle persone intercettate in mare si garantiscano l'assistenza umanitaria e medica necessaria, l'accesso alle procedure d'asilo e il rispetto del principio di non-refoulement (divieto di rinvio di una persona verso un paese in cui potrebbe essere a rischio di subire gravi violazioni dei diritti umani).
Amnesty evidenzia inoltre che ai Rom di nazionalità italiana, europea e di altri paesi è stato negato un equo accesso all'istruzione, all'alloggio, alle cure mediche e all'occupazione e sono proseguiti in diverse città, tra cui Milano e Roma, gli sgomberi forzati illegali, con il conseguente aggravarsi della condizione di povertà delle comunità colpite. In diversi casi, gli sgomberi non sono stati preceduti da un'adeguata consultazione e da un congruo preavviso, né formalizzati secondo la legislazione interna, impedendo in questo modo l'accesso a rimedi giudiziari.
Il rapporto richiama come nel gennaio 2010, oltre un migliaio di migranti sono fuggiti o sono stati trasferiti forzatamente fuori da Rosarno, in Calabria, dopo due giorni di violenti scontri con i cittadini del luogo, al termine dei quali diverse decine di persone tra migranti, rosarnesi e agenti di polizia hanno avuto bisogno di cure ospedaliere. Sussiste il timore che le cause di fondo di questi fatti risiedano, da un lato, nel massiccio sfruttamento dei migranti impiegati nell'agricoltura e, dall'altro, nella mancata adozione da parte delle autorità italiane di misure concrete per contrastare la xenofobia in aumento in tutto il paese.
Amnesty ricorda inoltre che secondo le organizzazioni per i diritti delle persone Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender), nel 2009 si è registrato un incremento dei crimini basati sull'intolleranza nei confronti di queste ultime. Nel corso dell'anno i mezzi d'informazione hanno riportato una serie di notizie relative ad attacchi omofobici avvenuti in diverse città italiane, tra cui Pordenone, Firenze, Bologna, Pavia e Roma. Le autorità italiane dovrebbero contrastare con maggiore decisione gli atteggiamenti omofobici in modo da garantire una maggiore sicurezza alle persone Lgbt.
Inoltre Amnesty denuncia come le autorità italiane non hanno collaborato pienamente alle indagini sulle violazioni dei diritti umani commesse nel contesto delle rendition. "Nonostante le raccomandazioni degli organismi internazionali, l'Italia ha continuato a dare attuazione alla normativa che prevede una procedura accelerata di espulsione per presunti terroristi. Sulla base di questa e di altre norme, anche nel 2009 le autorità italiane hanno rimpatriato in Tunisia, paese con una lunga e ben documentata storia di tortura e abusi sui prigionieri, persone per le quali la Corte europea dei diritti umani aveva richiesto la sospensione del rimpatrio, in vista dei rischi di tortura e maltrattamenti" - afferma Amnesty.
Ma soprattutto Amnesty richiama i numerosi casi di tortura e maltrattamenti di cui sono state responsabili le Forze di Polizia. "Sono pervenute frequenti denunce di tortura e altri maltrattamenti commessi da agenti delle Forze di polizia, nonché segnalazioni di decessi avvenuti in carcere in circostanze controverse". Tra questi Amnesty richiama il pestaggio di Emmanuel Bonsu, cittadino del Ghana, avvenuto nel settembre 2008 da parte della Polizia municipale. Inoltre il 6 luglio 2009, quattro agenti della Polizia di stato sono stati condannati in primo grado per l'omicidio colposo di Federico Aldrovandi, 18 anni, morto nel settembre 2005 a Ferrara mentre si trovava in stato di fermo. Il 22 ottobre 2009, Stefano Cucchi è morto nel reparto penitenziario dell'ospedale Sandro Pertini di Roma, sette giorni dopo il suo arresto. Secondo la famiglia, le ferite rilevate sul suo corpo dopo il decesso mostravano i maltrattamenti subiti.
Amnesty richiama inoltre i processi per il G8 di Genova 2001 per le brutalità commesse nel carcere provvisorio di Bolzaneto, delle quali sono stati ritenuti responsabili tutti i 44 imputati nel processo, tra cui agenti della Polizia di stato, della Polizia penitenziaria e medici. "La mancanza del reato di tortura nel codice penale italiano ha impedito di punire i responsabili in modo proporzionato alla gravità della condotta loro attribuita. I reati minori di cui questi sono stati giudicati responsabili sono sottoposti a prescrizione e nessuno tra coloro che ha violato i diritti umani a Bolzaneto sconterà alcun periodo di carcere".
Il 18 maggio 2010, la Corte d'appello di Genova ha riconosciuto le responsabilità di 27 tra agenti e dirigenti della polizia per i gravi abusi commessi nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2001, ai danni di decine di persone presso la scuola Diaz. Ne è emerso un quadro allarmante di gravi violazioni (tra cui lesioni gravi, arresti illegali, falso e calunnia), commesse nei confronti di decine di manifestanti inermi, aggrediti mentre si trovavano in luogo di riparo notturno al termine delle manifestazioni.
"Nei nove anni trascorsi non c'è stata alcuna parola forte di condanna da parte delle istituzioni per il comportamento tenuto dalle forze di polizia, né un'analisi interna ai corpi di polizia relativa al fallimento nella gestione dell'ordine pubblico a Genova nel 2001 - conclude Amnesty. [GB]