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Attentati? Abbandonati!
Popoli minacciati
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La seconda tappa di Unimondo in west Africa passa attraverso il Burkina Faso e il Benin. Oaugadogou ha visto un attentato ad inizio anno mentre Cotonou sembra essere immune a tutto ciò che accade nei paesi vicini.
Lasciamo il Mali, un paese formalmente in guerra che, a parte i numerosi posti di blocco ed i continui controlli, sembra aver trovato una certa stabilità. Eppure nessuna assicurazione copre per eventuali calamità in Mali e l'Unità di crisi del Ministero Affari Esteri, giustamente, ci ha allertato di non mettervi piede. Anche l'ambasciata di Dakar suggerisce di evitare o bypassare e persino le guide turistiche come la lonely planet narrano quasi nulla del paese sconsigliando semplicemente di andarvi oppure, se proprio interessati, di consultare siti di antropologia culturale per specialisti. Tutti fanno il proprio dovere per carità. Ma non si comprende come mai con la Francia e con Parigi o con la grande mela di New York non si usino le stesse precauzioni avendo avuto un numero maggiore di attentati?
Entriamo in Burkina Faso. L'assicurazione riprende a dare copertura. Bene. Ai numerosi controlli di frontiera la polizia continua a darti il benvenuto e t'invita a fermarti per fare un progetto di cooperazione internazionale anche nel loro paese. Temono tu sia solo di passaggio. L'esatto contrario di ciò che noi temiamo per i rifugiati che attraccano alle nostre coste: la cosa c'imbarazza non poco.
Ma anche nel paese degli “uomini integri” - così denominato da Thomas Sankara – il Che d'Africa - gli artigiani sono costretti a mendicare l'acquisto. Cantanti e cantastorie vendono CD perchè nessun turista più ascolta le loro canzoni ed i giovani burkinabè piratano alla grande.
Dopo l'attentato a inizio anno a Ouagadogou i rinomati locali con musica dal vivo hanno chiuso i battenti come i dignitosi hotel che circondano il grande mercato della capitale; uno dei più grandi d'Africa.
Le dimissioni forzate di Compaorè, destituito a furor di popolo un anno fa, hanno portato entusiasmo nel paese ove le piazze sono trafficate ed i mercati affollati ma non si vende un pezzo di artigianato che sia uno. Nella casa del popolo, già archeologia industriale, è vietato entrare. Ed a parte qualche cooperante non si vede quasi nessun europeo in capitale; eppure è una città sicura che attraversiamo tranquillamente a piedi anche di notte nonostante il babau descritto dai raccomandatori.
Infine il Benin. Non ha mai subìto un attentato e, fortuna sua, non è soggetto alle miserie della vicina Nigeria ove Boko Haram mette continuamente a repentaglio regioni intere con rapimenti ed attentati in chiese cattoliche. Ma qui è la stessa musica: nessun turista. Nemmeno chi lavora per i corpi diplomatici sembra metter fuori il naso.
Al museo etnoantropologico della capitale ministeriale Porto Novo ove v'è la raccolta più interessante di riti ed oggettistica vudù, non c'è anima viva. I palazzi coloniali cadono a pezzi e nei pochi ristoranti locali servono solo cibo locale. (Il che è un bene in quanto il turismo ha contaminato anche i gusti). Eppure i residenti brulicano le strade giorno e notte; ci vogliono buoni 20 minuti ad attraversare una Avenue trafficata da infinite motorette. Cotonou è piena di vita; peccato non vi sia la mescolanza continentale di un tempo con relativi traffici commerciali e turistici che, peraltro, assicuravano anche al nostro Bel Paese qualche opportunità.
Quale politica, quindi. Il mantra che l'UE debba aiutare l'Africa come parimenti gli Usa aiutarono l'Europa risale a don Sturzo e sono solo ormai parole al vento. Diversamente se fossero i PIGS (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) ad avere un'iniziativa propria come stanno facendo con l'accoglienza dei migranti avrebbe più senso. E l'Italia potrebbe fare la capofila. La sponda sud del mediterraneo avrebbe inoltre tutto l'interesse di creare opportunità di occupazione nei paesi ove i migranti iniziano il proprio esodo. Ma nell'era dell'interdipendenza ove tutti siamo insicuri in ogni dove non sarebbe opportuno creare una gradazione della sicurezza? Tra l'ON e l'OFF (andare – non andare) vi saranno pure delle modalità intermedie che consigliano di abitare i paesi con diverse attenzioni. Il disertare tutti i paesi dove c’è stato un attentato come suggerito da Viaggiare Sicuri somiglia più ad un apartheid misto embargo che salva alcuni nord e condanna altri sud. Così facendo aumentiamo ulteriormente il divario.
Fabio Pipinato

Sono un fisioterapista laureato in scienze politiche. Ho cooperato in Rwanda e Kenya. Sono stato parte della segreteria organizzativa dell'Unip di Rovereto. Come primo direttore di Unimondo ho seguito la comunicazione della campagna Sdebitarsi e coniato il marchio “World Social Forum”. Già presidente di Mandacarù, di Ipsia del trentino (Istituto Pace Sviluppo Innovazione Acli) e CTA Trentino (Centro Turistico Acli) sono l'attuale presidente di AcliViaggi. Curo relazioni e piante.