Cercando "giustizia" in Cambogia - Parte I

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Tuol Sleng Genocide Museum, Phnom Penh, Cambodia - Foto: Eugene Nelmin da Unsplash.com

Nel febbraio 2012 il giudice Kong Srim, presidente della Corte Suprema delle Extraordinary Chambers in the Courts of Cambogia, dichiarò che "i crimini commessi da Kaing Guek Eav sono stati senza dubbio tra i peggiori della storia dell’umanità. Meritano la massima pena disponibile per dare una risposta giusta e adeguata a tutto il dolore che essi hanno provocato alle vittime e alle loro famiglie, e allo sdegno che hanno suscitato nel popolo cambogiano e in tutti gli esseri umani". Kieu Guek, alias Duch, era il comandante della prigione top-secret di Tuol Sleng, nome in codice S-21, dove circa 18.000 persone furono torturate e uccise

Sulle ceneri prodotte dalla guerra del Vietnam nella vicina Cambogia, dopo la decisione di Nixon e Kissinger di “scatenare l’inferno in un posto irrilevante”, i giovani khmer rossi trovarono terreno fertile sul quale costruire la loro ascesa al potere che avverrà nell’aprile del 1975. Fino al gennaio del 1979 essi sperimentarono, nel loro paese, un folle e radicale progetto teso a costruire un nuovo popolo che portò all’evacuazione delle città, al ritorno per tutti alla vita contadina e al lavoro della terra, ai campi di rieducazione per gli intellettuali contaminati dalla società borghese e allo sterminio delle minoranze etniche. Il Genocide Program dell’Università di Yale ha stimato che sotto il regime comunista morirono in Cambogia 1,7 milioni di persone, pari al 21% della popolazione locale; fu una delle tragedie umane più gravi del secolo scorso. 

Per molti anni la questione dei crimini commessi dei khmer rossi rimase sepolta dallo scontro bipolare e dalle tensioni fra Unione Sovietica e Repubblica popolare cinese; i khmer rossi continuarono a mantenere il seggio alle Nazioni Unite fino all’inizio degli anni Novanta con la complicità di Stati Uniti e Cina che così punivano l’odiato Vietnam. 

La fine della guerra fredda aprì però il dibattito sulle atrocità commesse dai khmer rossi. Nel 1997 iniziarono le trattative fra il governo cambogiano e le Nazioni Unite per l’istituzione di un Tribunale internazionale. L’accordo fu raggiunto nel 2003, quando il leader Pol Pot era ormai morto. Veti incrociati e continui rinvii consentirono l'avvio dei lavori delle cosiddette Camere straordinarie in seno alle Corti cambogiane soltanto nel luglio del 2007. Le norme istitutive hanno limitato pesantemente il lavoro del Tribunale: esso ha potuto giudicare solo i seniori leader e le persone maggiormente responsabili  dei crimini commessi fra il 17 aprile 1975, giorno dell'ingresso dei khmer rossi a Phnom Penh, e il 6 gennaio 1978, giorno della caduta del regime di Pol Pot a seguito dell'intervento delle truppe vietnamite.

Le prime decisioni assunte dai giudici arrivarono nel 2010 con la sentenza del 26 luglio a carico di Duch, condannato a trentacinque anni di prigione per crimini di guerra e gravi violazioni della Convenzione Onu. Nel febbraio 2012 si concluse anche il processo di appello contro Duch, con la sentenza emessa dalla Corte Suprema che accolse il ricorso in appello dei pubblici ministeri e delle parti civili coinvolte, aggravando la pena all’ergastolo. Oltre mille persone seguirono la lettura della sentenza seduti nello spazio dedicato al pubblico o davanti agli schermi posti all’esterno del Tribunale.

Il 15 settembre 2010 furono rinviati a giudizio altri quattro esponenti del regime: Khieu Samphan, allora Capo di Stato, Nuon Chea, braccio destro di Pol Pot, Ieng Sary, ministro degli Esteri e Ieng Tirith, moglie di Sary e ministro degli Affari culturali. Ieng Sary morì nel 2013, mentre la moglie di Sary, nel 2012, è stata dichiarata incapace di sostenere un processo e il procedimento a suo carico è stato sospeso. 

Khieu Samphan e Nuon Chean sono quindi rimasti gli unici due imputati. La prima sentenza a loro caricò giunse nel 2014 con la condanna all’ergastolo per crimini contro l’umanità, sentenza confermata in appello nel 2016. Nel 2018 entrambi furono condannati alla stessa pena per il reato di genocidio in riferimento ai massacri avvenuti contro la minoranza vietnamita, quella musulmana cham e altri gruppi religiosi. I legali dei due imputati ricorsero in appello, ma nell’agosto 2019 Nuon Chea è morto in carcere. Il 22 settembre 2022 la Corte Suprema ha confermato l’ergastolo per Khieu Samphan (che oggi ha 91 anni), alla presenza, in un'aula gremita, di centinaia di cambogiani che hanno ascoltato in silenzio la lettura della sentenza.

Quest’ultima decisione ha segnato la fine dei lavori del Tribunale. Non ci saranno ulteriori procedimenti penali ma le Camere Straordinarie proseguiranno le attività per almeno altri tre anni, diffondendo informazioni sul lavoro svolto, oltre a supervisionare l'esecuzione delle due sentenze di detenzione e i risarcimenti dovuti alle parti civili. L’efficacia del Tribunale nei suoi diciassette anni di attività e la sua eredità sono oggi oggetto di un ampio dibattito dentro e fuori la Cambogia. 

Di Arianna Miorandi

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