Spezzare le frontiere delle periferie

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Foto: Unsplash.com

Il quartiere Egipto sorge sul pendio del monte Monserrate, nella periferia sud-orientale di Bogotà. 

Carmen mi ha dato appuntamento alla chiesa di Nostra Signora d’Egitto, da cui la zona prende il nome e da dove si abbraccia l’intera capitale della Colombia: in fondo svettano i grattacieli, appena sotto c’è la Candelaria, la zona coloniale e festosa, piena di locali e di gente che suona, balla, fa acquisti. 

Nella parte iniziale del rione, che è chiamato anche la Decima, le case hanno le facciate rallegrate da murales; a differenza di quello che succede spesso in questa parte di mondo, però, attorno a dipinti di animali e a grandi ritratti non ci sono botteghe, negozi, persone che chiacchierano o preparano da mangiare. Carmen conferma: qui non c’è niente, non una farmacia né le scuole né un emporio qualsivoglia. Nessuna attività. Visibile, per lo meno.

In cima alla salita la Decima cambia faccia. La via principale si dirama in stradette che curvano formando angoli disarticolati: in un lampo finiscono l’asfalto e i colori, l’allegria festaiola della Candelaria pare lontana non una via ma decine di chilometri di possibilità, di scelte, di vite. Le abitazioni si fanno instabili e malferme; sono costruite giuntando assi di legno e pezzi di lamiera, anche i tetti sono di lamiera ondulata. Tra le file di case si creano percorsi sconnessi di spazzatura, pantano e terra, tanto angusti che le vie paiono corridoi contornati da rigagnoli d’acqua marroncina. 

La Decima è povera, marginale. E abusiva. È cresciuta un po’ alla volta: man mano che arrivavano delle famiglie nascevano costruzioni che si ancoravano al pendio salendo verso la vetta del Monserrate.  Perché questo posto è così? 

Perché la storia recente della Colombia è brutale. Per oltre mezzo secolo paramilitari, narcotrafficanti, guerriglieri di ispirazione comunista e governo corrotto si sono combattuti e a tratti alleati per conquistare il potere, il controllo del territorio e quello dei commerci, in primis quello della cocaina. Il conflitto armato ha disintegrato tutto quello che trovava sul suo cammino: otto milioni di persone sono scappate dalle loro case e dalle loro terre (erano in prevalenza coltivatori di campagna e di montagna) per non essere ammazzate e per non finire in mezzo alle sparatorie tra i cartelli della droga. I «desplazados», cioè gli sfollati, sono spesso vittime dei trasferimenti forzati: persone che per restare in vita in 48 ore hanno dovuto abbandonare tutto quello che avevano. Molti, non sapendo dove andare, si sono attaccati ai bordi delle grandi città. Bordi che, nel caso di Bogotà, coincidono con i fianchi della Cordigliera. Quando le baracche sono diventate centinaia il governo, anziché sgomberare (per metterli dove?), ha regolarizzato la situazione, dando un numero alle strade e qualche servizio alla comunità: corrente, gas, acqua...

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