Un viaggio per la vita e la “corona”

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Le popolazioni indigene di tutto il mondo, rispetto al resto della popolazione dei rispettivi Paesi, sono state significativamente più colpite nei loro diritti dalla pandemia di Corona virus. Le costanti sfide indigene, come la povertà relativa, la mancanza di rappresentanza politica e un complicato accesso all’assistenza sanitaria si sono rivelate fatali e il tasso di mortalità per Corona virus tra gli indigeni è doppio rispetto alla media della popolazione mondiale. Per raccontare il difficile momento e il feroce colonialismo passato e presente, una delegazione dell’EZLN e del Consiglio Indigeno del Chiapas è partita in aprile per un viaggio in Europa in un viaggio in nave a ritroso rispetto a quello della conquista e della distruzione dello stato azteco fatto dal conquistatore spagnolo Cortez 500 anni fa. Il viaggio europeo, Covid permettendo, durerà alcuni mesi ed è “Un viaggio per la vita” nel quale gli zapatisti dello stato messicano del Chiapas, che ancora lottano per la loro autonomia e per una vita dignitosa, vogliono ricordare a tutti noi che lo stato messicano, al pari di altre “democrazie” occidentali, continua ad aderire al concetto di colonizzazione “castigliana” di 500 anni fa, e lo fa quasi sempre anche a scapito dei diritti dei popoli indigeni.

La delegazione indigena del Chiapas che è salpata da Isla Mujeres nella penisola dello Yucatán alla volta dell’Europa il 10 aprile scorso, ha in programma incontri con i movimenti sociali di più di 30 paesi dentro e fuori l’Unione europea per testimoniare l'aggressione culturale, sociale ed economica in corso da parte stato messicano. In particolare l’Associazione Popoli Minacciati (APM) con una lettera aperta ai ministri degli esteri si Svizzera ed Austria ha chiesto di accogliere ed ascoltare i rappresentanti indigeni: Caro ministro Ignazio Cassis, caro ministro Alexander Schallenberg - si legge nell’appello dell'APM - accogliete questa delegazione dal Chiapas. Fu Carlo V d'Asburgo che governava il regno spagnolo all'epoca che diede a Cortez l’ordine di conquistare lo stato azteco. La dinastia degli Asburgo, una delle più potenti dell’epoca, ebbe origine nel cantone svizzero di Argovia e per cinque secoli ha governato anche i regni di Spagna e Portogallo e le loro rispettive colonie. L’Austria-Ungheria fu governata dagli Asburgo come una doppia monarchia dal 1848 al 1918. Dare udienza a questa delegazione sarebbe un gesto doveroso alla luce dei crimini coloniali degli Asburgo, oltre a rappresentare una sorta di riparazione morale”. 

E se oltre la riparazione morale si provasse anche ad intraprendere una simbolica riparazione materiale, ancora meglio! Per l’APM, infatti, sarebbe una bella notizia se il Weltmuseum di Vienna ricevesse la delegazione indigena. Il museo ospita una maestosa Corona di piume di un sacerdote azteco. Si dice che nel 1519-1520 il sovrano azteco Montezuma II abbia donato questo ornamento allo spagnolo Cortez. È probabile che negli anni dal conquistatore e massacratore spagnolo, attraverso la corte spagnola, la corona sia arrivata fino all’arciduca Ferdinando II del Tirolo alla fine del XVI secolo entrando così a far parte della collezione etnografica degli Asburgo. “La Repubblica d'Austria presume che la Corona di piume sia stata acquisita legalmente e che anche l'acquisizione dei beni saccheggiati sia stata legittima. In definitiva, però, si tratta di arte saccheggiata”. Per decenni i discendenti degli Aztechi hanno chiesto invano la restituzione della Corona di piume. Nel 2005, nel 2007 e nel 2009 anche la SPÖ e i Verdi austriaci hanno chiesto la restituzione, la donazione o il prestito permanente di questo oggetto dall'alto valore storico e simbolico, ma le richieste sono tutte rimaste senza risposta. Come ha ricordato l'APM anche “Nel 1996, il presidente federale Thomas Klestil aveva promesso la restituzione della Corona di piume come segno di gratitudine per il fatto che il Messico era stato il primo paese nel 1938 a protestare nella Società delle Nazioni contro l’annessione dell'Austria da parte del regime nazista. Tuttavia, anche in quella occasione non è successo nulla”.

Più recentemente il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador, in carica dal 2018, ha chiesto formalmente all'Austria di restituire la Corona di piume, ma forse sarebbe anche peggio finisse nelle mani del Governo messicano perché la famosa corona “Dovrebbe essere restituita ai popoli indigeni del Messico, non a un presidente che sta conducendo una guerra sporca contro le comunità indigene in Chiapas e in altri stati con forte presenza di popolazioni indigene” ha spiegato l’APM. Per questo l’associazione per i popoli indigeni si è appellata all’Austria, al Presidente Federale, al Cancelliere Federale, al Presidium del Consiglio Nazionale e al Weltmuseum di Vienna perché venga restituita dopo 500 anni di esilio la Corona di piume azteca alla delegazione indigena del Chiapas che è attesa in Europa nelle prossime settimane. “Non continuate ad essere complici degli assassini e dei criminali di quel terribile passato. La restituzione è un atto di umanità e di riparazione simbolica. Restituite ai popoli indigeni del Messico ciò che appartiene loro” ha concluso l’APM.

Intanto oltre alla pandemia anche la deforestazione e il cambiamento climatico che, purtroppo, non hanno conosciuto rallentamenti in questo anno travagliato, continuano a minacciare la sopravvivenza e i diritti dei popoli indigeni. In particolare il Brasile ha visto crescere la quota di foresta distrutta, mentre il Governo di Jair Bolsonaro, in violazione dei diritti umani e dell’habitat indigeno, sembra quasi cavalcare questa crisi sanitaria, rilanciando per la ripresa un’idea si “sviluppo scorsoio” che vede la natura come una miniera da sfruttare fino all’esaurimento. Analogamente gli altri governi mondiali rimangono silenti di fronte al massacro dei popoli indigeni e dell'ambiente, fingendo di ignorare che le cause sono strutturalmente politiche ed economiche e risiedono in un capitalismo predatorio e coloniale che ancora non vuole cedere la “corona”: non conosce limiti, non accetta freni e non ammette rivendicazioni di diritti culturali, sociali e ambientali!

Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.

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