Eternit e panini kebab

Stampa

Foto: M. Canapini

Il progetto "L’ovale storto" è un pellegrinaggio sui campi da rugby italiani, con lo scopo di condividere e raccontare le capacità riabilitative, propedeutiche e inclusive della palla ovale, attraverso temi (e storie) quali omofobia, disabilità, carcere. Utenti psichiatrici, malati di Parkinson o adolescenti di periferia ne sono i protagonisti. Qui e nel prossimo articolo la storia delle Tre Rose, unica squadra in Italia composta per l’80% da rifugiati e richiedenti asilo. 

Il treno diretto a Casale Monferrato sbuffa sui binari uggiosi, arrivando in città quando tutti se ne vanno a casa. In uno dei pochissimi bar ancora aperti ho appuntamento con Paolo Pensa, 61 anni, fondatore e attuale presidente delle Tre Rose, polisportiva locale. L’ex carabiniere indossa un lungo giubbetto nero e sgualcito, sopra il cuore ha cucito lo stemma cittadino di Rosignano Monferrato che è pure il logo della squadra di rugby nata nel luglio 2009: tre rose rosse unite da un solo gambo. I gomiti appoggiati sul bancone, il timbro della voce pacato: «Per i primi quattro anni di vita abbiamo giocato i nostri campionati solo ed esclusivamente con ragazzi italiani del posto. Lo scorso anno, su invito della cooperativa Se.Na.Pe abbiamo preso in squadra quattro richiedenti asilo del Ghana, per tentare un esperimento in materia di integrazione. L’esperienza è stata molto positiva, non solo a livello umano: grazie alla prorompente fisicità dei ragazzi il livello qualitativo del gruppo si è alzato in maniera evidente e da quel momento accogliere migranti in squadra non è stato più solo un fatto sporadico» racconta Paolo. La FIR - con una deroga ad hoc* concessa dal Consiglio Federale durante l’ultima riunione del 2015 - ha permesso alla società, ribattezzata metaforicamente da qualcuno le Rose Nere, di schierare a lista gara un totale di 22 stranieri* divenendo così la prima squadra di rugby in Italia a essere composta per l’80% da richiedenti asilo e rifugiati provenienti principalmente dall’Africa Sub-Sahariana.

Perforiamo le viuzze di Casal Monfrà a bordo di un’utilitaria, diretti al campo del Ronzone per l’allenamento del mercoledì. «Abbiamo voluto evitare i ghetti come spesso accade. Il resto della squadra è composto da ragazzi italiani ma anche argentini e albanesi, un team multietnico che attorno all’ovale si è riscoperto famiglia, perché la conoscenza abbatte la paura» prosegue Pensa. «Siamo partiti da zero, parlando lingue diverse, provenendo da vissuti diversi, ma con il sogno comune di fare qualcosa assieme. Il rugby non è uno sport facile ma c’è stata sempre disponibilità nell’apprendere. È nata una squadra interessante, veloce sulle ali, che fa divertire. Dai rudimenti appresi al campo si è arrivati alle partite: la prima amichevole l’abbiamo persa 19 a 12 col Novi Ligure ma avremmo potuto pareggiare se solo uno dei ragazzi non si fosse dimenticato di schiacciare l’ovale in meta. I limiti erano e sono tanti visto che quasi tutti i richiedenti asilo sono neofiti e in molti dei loro stati d’origine non esiste nemmeno una federazione rugbistica. In più molti giocatori sono in attesa della protezione umanitaria. Se ottenuta, è normale che all’improvviso qualcuno decida di andarsene e, di conseguenza, abbandoni la squadra. Ma pazienza, siamo abituati a questo ricambio costante. Non ci spaventa essere il fanalino di coda, siamo qui per offrire innanzitutto una nuova forma di integrazione» conclude, a due giri di ruota dalla meta prefissata. Tra i fossati incolti attorno al campo da gioco si ode il gorgoglìo confuso del grande Po, che a volte straripa allagando marciapiedi e campi di patate. 

Dal 1907 al 1986 Casale Monferrato, collocata all’interno del triangolo industriale Torino-Genova-Milano, fu protagonista di una delle principali produzioni italiane di materiale in fibrocemento. 94.000 metri quadrati di fabbrica davano forma allo stabilimento Eternit che produceva l’omonimo materiale altamente nocivo per l’uomo a causa della presenza di amianto. Una distesa di 65 metri di polvere bianca lungo il fiume Po, 80 anni di inquinamento, 3.000 morti su 35.000 abitanti circa. Ora la fabbrica non c’è più ma le malattie polmonari continuano a uccidere circa 50 persone all’anno. Malgrado il lutto continuo gli abitanti chiedono giustizia, gettando le basi per un nuovo inizio. Nel 2012, dopo un lungo lavoro di riqualificazione, è nato il parco Eternot laddove fino al 2006 si ergevano i capannoni dell’azienda e oggi, tra abitazioni popolari e un asilo, trova casa il modesto campetto delle Tre Rose. Le voci degli operai e i richiami delle casalinghe rimbombano fino al centro del campo male illuminato. Sotto i comandi di Luca Patrucco corriamo sotto la pioggia, tentando di invogliare alcuni ragazzi sospettosi al loro battesimo con l’ovale. Giocano con scarpe da ginnastica, cingendo la vita dei compagni senza avere idea delle regole, giusto per divertirsi e scrollarsi il gelo di dosso. Fisici asciutti e longilinei si danno battaglia a bordo campo e sulle ali, laddove la poca erba soffice resiste al tempaccio invernale. «Qui in Italia è troppo freddo, in Africa non è così» tuona Alì Frank all’ennesimo placcaggio andato a vuoto. «Muoviti vitello» aizza Charlie, italo-gallese, spronando Enzo, il malconcio pilone della pampa argentina. Luca mi conferma le parole di Paolo: «C’è tanto potenziale in questi ragazzi, ma la squadra si rinnova ogni volta. Chi va, chi viene, senza atleti fissi si costruisce a singhiozzi. È una continua metamorfosi. Dispiace, ma è giusto così. Siamo stati comunque in grado di creare un gruppo a tratti colorito, ma sicuramente eterogeneo».

La Club House dell’impianto è composta da un freddo container rettangolare e una stufetta elettrica che spara aria tiepida mentre mangiamo dei kebab gonfi di sapori. «Il grosso della nostra squadra è formato da ragazzi provenienti dall’Africa. Arrivano da nove paesi diversi: Ghana, Niger, Mali, Costa d’Avorio, Gambia, Nigeria, Guinea, Togo e Marocco. A loro si aggiungono altre nazionalità: Albania, Romania, Argentina. Per questo è normale che, quando l’arbitro legge la distinta di una partita, si imbatta in nomi originari di ogni parte del mondo. Si va da Julian, a Youssef, passando per Leonel e Giovanni» continua Luca dando corpo agli aneddoti da spogliatoio. La macchina da mischia ridotta a zero, i pali bassi e storti, gli striscioni dei vari piccoli sponsor consumati dal vento e appesi alle reti buche là fuori, danno al campetto di gramigna spelacchiata i connotati di una zattera malmessa. Nell’arco di un’ora riportiamo i giocatori presso le varie cooperative in cui alloggiano, toccando Asti, Valenza, Casalino, Frinco, percorrendo la Valcerrina invasa da banchi fitti di nebbia. “La squadra va avanti con piccole donazioni, il resto lo metto di tasca mia. Credo sia importante fare qualcosa di utile e con le Tre Rose sento di dare il mio contributo, per un’idea sana di sport» confida ancora Paolo, guidando lentamente. 

* I regolamenti federali prevedono, per il Campionato italiano di serie C, l’utilizzo minimo di 21 giocatori di formazione italiana sui 22 a lista gara. Si tratta dunque di una deroga senza precedenti.

Matthias Canapini

Matthias Canapini è nato nel 1992 a Fano. Viaggia a passo lento per raccontare storie con taccuino e macchina fotografica. Dal 2015 ha pubblicato "Verso Est", "Eurasia Express", "Il volto dell'altro", "Terra e dissenso" (Prospero Editore) e "Il passo dell'acero rosso" (Aras Edizioni).

Ultime notizie

I sommersi!

08 Settembre 2025
Entro il 2100 il livello marino sulle coste italiane potrebbe aumentare di circa un metro. (Alessandro Graziadei)

Stretching Our Limits

06 Settembre 2025
Torna Stretching Our Limits, l’iniziativa di Fondazione Fontana a sostegno delle attività de L’Arche Kenya e del Saint Martin.

Il punto - Il balletto delle "alleanze fragili"

05 Settembre 2025
Nel balletto delle “alleanze fragili”, una partita fondamentale la sta giocando il genocidio a Gaza. (Raffaele Crocco)

Dossier/ Materie prime critiche (2)

03 Settembre 2025
L'estrazione dei minerali critici per la transizione energetica genera tensioni in tutto il mondo. (Rita Cantalino)

Una grammatica sociale

01 Settembre 2025
Questo mese nel podcast ALTRO MODO parliamo del progetto Strade Maestre, un esperimento formativo in cui il percorso scolastico si svolge in cammino. (Michele Simeone)

Video

Serbia, arriva a Bruxelles la maratona di protesta di studenti per crollo alla stazione di Novi Sad