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Inquinamento e Covid19: solo un “bene”?
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Foto: Unsplash.com
Sulla base dei dati europei sull’inquinamento e le statistiche dell’attività economica regionale nell’Unione Europea nel periodo 2000-2015, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd) ha stimato che “l’aumento di 1 μg/m3 della concentrazione di Pm2,5 provoca una riduzione dello 0,8% del Pil reale nello stesso anno”, un calo riconducibile alla riduzioni della produzione, causato da un maggiore assenteismo sul lavoro o da una riduzione della produttività dovuta allo suo stato di salute dei lavoratori. I risultati di analisi come questa ci suggeriscono che le politiche pubbliche per ridurre l’inquinamento atmosferico dovrebbero fare di più. È un dato emerso anche in un articolo di approfondimento dedicato agli impatti dell’emergenza Covid-19 sull’ambiente apparso a fine agosto sulla rivista Micron a firma Francesca Gorini e Fabrizio Bianchi dell'Istituto Fisiologia Clinica Cnr di Pisa.
Nei mesi di lockdown il traffico aereo si è ridotto in tutto il mondo e la quasi totalità delle persone è rimasta a casa, lavorando a distanza. Come conseguenza del blocco delle principali industrie, e dell’utilizzo limitato delle automobili, in Europa le emissioni di NO2 e, in misura ridotta, di PM2.5 hanno subito una drastica diminuzione nel nord Italia, in Spagna e nel Regno Unito, come hanno mostrato anche le immagini satellitari. Per gli studiosi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), però, i “benefici” portati dal lockdown sull’inquinamento sono stati effimeri e di breve durata, e non tutti si sono rivelati sostenibili e utili per un cambio di rotta nello sviluppo scorsoio responsabile del cambiamento climatico. Per quanto le emissioni di alcuni gas serra siano diminuite per effetto delle misure di contenimento della pandemia, questa riduzione ha prodotto un effetto scarso o nullo sulle concentrazioni totali di inquinanti accumulate in atmosfera per decenni. “Infatti, - hanno precisato Groini e Bianchi - è da tempo ben documentato che per un calo significativo e permanente dovrebbe verificarsi un cambiamento strutturale di lungo termine nelle economie nazionali, risultato che può essere raggiunto solo attraverso la ratifica degli impegni ambientali presi (COP21)”. Inoltre, la diminuzione delle emissioni di inquinanti attualmente osservata in alcuni paesi è solo temporanea e scompariranno una volta attenuata o conclusa la pandemia, per questo gli indicatori finora disponibili non permettono ottimismo sui cambiamenti del sistema economico mondiale, ancora proiettato verso un ritorno allo stato originale.
È importante ricordare che se tra gli effetti indiretti che il nuovo coronavirus ha prodotto sull’ambiente vi sono principalmente la riduzione dell’inquinamento atmosferico e acustico in concentrazioni che torneranno presto a salire, vi sono altresì molti effetti negativi correlati all’aumento dei rifiuti domestici e sanitari. L’aumento di acquisti online con consegna a domicilio, per esempio, ha generato un ampio incremento dei rifiuti organici e inorganici, che si sono andati a sommare all’aumento dei rifiuti sanitari a cominciare dai dispositivi di protezione personale (dpi). “Basti pensare - hanno spiegato i ricercatori - che gli ospedali di Wuhan hanno prodotto una media di 240 tonnellate di rifiuti sanitari al giorno durante l’epidemia, rispetto alla loro media precedente inferiore alle 50 tonnellate. In altri paesi come gli Stati Uniti, c’è stato un largo aumento di rifiuti derivati da dispositivi di protezione individuale come maschere e guanti, mentre sono stati interrotti i programmi di riciclo dei rifiuti in alcune città americane, per la preoccupazione sul rischio di diffusione del Covid-19 nei centri di riciclaggio”. In Italia le cose non sono andate meglio: “secondo l’Ispra, solo di guanti e mascherine dall’inizio dell’emergenza fino alla fine dell’anno ne useremo fino a 450mila tonnellate. In Europa complessivamente la raccolta differenziata dei rifiuti è stata limitata e sempre l’Italia ha vietato ai residenti colpiti dall’infezione di smistare i propri rifiuti”. I rifiuti sanitari come maschere, guanti, farmaci usati o scaduti che possono essere facilmente mescolati con i rifiuti domestici, dovrebbero invece essere trattati come rifiuti pericolosi e smaltiti separatamente da operatori municipali specializzati. Dovrebbero appunto...
Oltre all’aspetto ambientale, il Covid-19 ha qualcosa da insegnarci anche dal punto di vista sanitario. Il virus ha colpito finora quasi tutti i paesi del pianeta, con più di 29 milioni di casi confermati e quasi 940.000 decessi. Eppure, nonostante la gravità della pandemia, esiste un’evidente asimmetria tra la giusta attenzione per le conseguenze sanitarie della pandemia e l’ingiusta disattenzione per i danni sanitari dell’inquinamento. "A spiegazione o attenuazione di questo non possono essere evocati i maggiori danni alla salute della pandemia rispetto ad altri danni planetari, in primo luogo quelli ascrivibili all’impatto dell’inquinamento atmosferico, visto che i numeri parlano da soli: nel mondo nove persone su dieci respirano oggi aria inquinata che uccide 4,2 milioni di persone ogni anno, mentre sono state stimate 412.000 morti premature in tutta Europa, di cui 374.000 nei 28 Paesi UE (e 58.000 in Italia), per esposizione alle PM2,5". Sebbene le stime di impatto siano relative ai dati del 2016 e in diversi paesi sviluppati si stia assistendo ad un progressivo miglioramento, sulla base dei dati ambientali più recenti la situazione mondiale non dovrebbe cambiare radicalmente. In Italia per esempio ci si attende un sensibile miglioramento, ma difficilmente scenderemo sotto i 30.000 decessi da inquinamento ogni anno.
A quanto pare per Groini e Bianchi: “Il Covid-19 produrrà ancora effetti indiretti sia positivi che negativi sull’ambiente, con portata differenziata per tempo e modalità di accumulazione e stabilità, che rendono complessa la valutazione, perché impatti minori sul breve periodo potrebbero essere più seri a lungo termine e viceversa. Restano comunque gli imperativi di sanità pubblica ormai consolidati sulla base delle prove scientifiche: diminuire l’esposizione attuale delle popolazioni per proteggere la salute oggi e domani […], pur essendo consapevoli che tali riduzioni potrebbero non essere sufficienti per incidere significativamente sui cambiamenti climatici in atto. Per contro, la crisi pandemica causerà altri impatti sull’ambiente che possono durare più a lungo e si presentano di difficile risoluzione se non opportunamente gestiti da subito e affrontati in modo programmatico dai governi”. Per ora il tema dell'inquinamento e della salute è al centro della riflessione e dell’azione principalmente di ong, associazioni e comitati impegnati a vari livelli sui grandi temi ambientali, e mentre si assiste ad un progressivo consolidamento del legame tra scienza e cittadini, appare ancora un miraggio quello tra scienza e politica.
Alessandro Graziadei

Sono Alessandro, dal 1975 "sto" e "vado" come molti, ma attualmente "sto". Pubblicista, iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2009 e caporedattore per il portale Unimondo.org dal 2010, per anni andavo da Trento a Bologna, pendolare universitario, fino ad una laurea in storia contemporanea e da Trento a Rovereto, sempre a/r, dove imparavo la teoria della cooperazione allo sviluppo e della comunicazione con i corsi dell'Università della Pace e dei Popoli. Recidivo replicavo con un diploma in comunicazione e sviluppo del VIS tra Trento e Roma. In mezzo qualche esperienza di cooperazione internazionale e numerosi voli in America Latina. Ora a malincuore stanziale faccio viaggiare la mente aspettando le ferie per far muovere il resto di me. Sempre in lotta con la mia impronta ecologica, se posso vado a piedi (preferibilmente di corsa), vesto Patagonia, ”non mangio niente che abbia dei genitori", leggo e scrivo come molti soprattutto di ambiente, animali, diritti, doveri e “presunte sostenibilità”. Una mattina di maggio del 2015 mi hanno consegnato il premio giornalistico nazionale della Federazione Italiana Associazioni Donatori di Sangue “Isabella Sturvi” finalizzato alla promozione del giornalismo sociale.