Il giorno 513 di guerra dall’invasione russa

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Immagine:  Atlanteguerre.it

Il giorno 513 di guerra dall’invasione russa dell’Ucraina porta notizie, morte e contraddizioni. Si continua a combattere, l’offensiva di Kiev prosegue a ritmi sempre troppo blandi rispetto alle attese, anche internazionali. I russi sono ben lontani dall’essere cacciati dai territori presi da febbraio 2022 o prima e sono ancora più lontani da una possibile sconfitta militare. 

In pochi giorni  è, come sempre, accaduto di tutto. Nella notte fra domenica 16 e lunedì 17 luglio, il Ponte di Crimea  è stato nuovamente attaccato dagli ucraini. E’ morta una coppia che viaggiava in auto, colpita dai droni di superficie che Kiev ha ammesso di avere utilizzato per la missione. Nelle notti successive c’è stata la rappresaglia russa: bombardamenti ed esplosioni ci sono state soprattutto a Odessa. È stata, poi,chiusa l’autostrada tra Kerck e Sebastopoli, a causa di un deposito di munizioni russo saltato in aria. Sono state evacuate circa 2mila persone. Esplosioni, poi, ci sono state a Kiev, Kharkiv e Zaporizhzhia.

Si combatte ovunque, con ogni mezzo e senza incertezze. Si combatte e si guarda al futuro e, comunque la si prenda, il domani appare sempre più armato. L’ultima chicca, da questo punto di vista, viene dal ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov. Vuole modificare la costituzione ucraina, per consentire il posizionamento di basi militari straniere. Lo scrive Ukrainska Pravda. Rezinkov spiega che “se necessario, è possibile trovare una formula legale per non chiamare base una base, ma una sorta di centro di interazione e scambio di esperienze o qualcosa del genere”. Ha aggiunto che “è necessario eliminare questa restrizione costituzionale, che ha perso la sua rilevanza, per distruggere il terreno della speculazione”. In pratica, si tratterebbe di integrare l’articolo 17 della Costituzione. È quello che parla di protezione della sovranità e dell’integrità territoriale del Paese. Secondo il ministro, andrebbe aggiunto un paragrafo per dare all’Ucraina la possibilità di scegliere di aderire, per mantenere la propria sicurezza, anche a trattati o organizzazioni internazionali.

È l’indicazione di una politica precisa, che insiste sulla frase - ripetuta molte volte da Zelensky pochi giorni dopo il vertice Nato che ne aveva rinviato la possibilità - “l’Ucraina è pronta ad entrare nell’Alleanza atlantica”. Kiev non molla su questo, nonostante il recente vertice e le carte della diplomazia restano scompaginate. Le cancellerie internazionali sostengono che il Vaticano tornerà in campo a breve, resta da capire con quali risultati reali. Le diplomazie, poi, appaiono concentrate soprattutto sulla “morte dell’accordo per il grano”, decretata unilateralmente dal Cremlino. Si temono le certe ripercussioni sul mercato mondiale e i rischi di fame e carestia per milioni di esseri umani. 

Dal punto di vista della diplomazia, l’unica vera notizia è la decisione del presidente russo Vladimir Putin di non partecipare al vertice Brics previsto per la fine di agosto a Johannesburg, in Sud Africa. Per la presidenza sudafricana un grande sospiro di sollievo: l’arrivo di Putin sarebbe stato difficile da gestire. Perché? Il vertice delle cinque grandi potenze emergenti - Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa - è in programma dal 22 al 24 agosto, appunto a Johannesburg. Il problema è che Putin è stato raggiunto in marzo da un mandato della Corte penale internazionale (Cpi) per il crimine di guerra di “deportazione” di bambini ucraini, dopo l’invasione dell’Ucraina. Il Sud Africa, in quanto Paese membro della Corte penale internazionale, avrebbe dovuto immediatamente arrestare Putin, appena sbarcato dall’aereo per l’eventuale partecipazione al summit.  Il capo del Cremlino ha deciso di disertare e restarsene al sicuro a Mosca. Il Sud Africa, c’è  da giurarci, ringrazia. 

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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