Gaza, le regole del Diritto internazionale umanitario

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Gli atti terroristici di Hamas in Israele e la reazione bellica su Gaza da parte del governo israeliano hanno oltremisura polarizzato la questione israelo-palestinese su visioni contrapposte e inconciliabili. Troppe le parole bellicose nelle aule parlamentari, nei talk show, nelle colonne dei commenti schierati a priori, spesso con ben poca conoscenza dei fatti e poca memoria. Le si ripetono spesso per difendere il proprio posizionamento e spazio politico, negando i tanti se e i tanti ma che esistono e riguardano sia le istituzioni dello Stato di Israele con le sue mire espansionistiche, sia le istituzioni palestinesi inefficaci e corrotte o collaterali ad organizzazioni jihadiste e terroristiche.
Ci siamo sentiti israeliani.

Sabato 7 ottobre abbiamo assistito inorriditi alla più grande strage di civili in un solo giorno dai tempi dell’Olocausto. Un gravissimo crimine di guerra e contro l’umanità. Un brutale atto di terrorismo jihadista che non si è fermato neppure dinnanzi a bambini e neonati. Scioccante è il numero dei morti, feriti, prigionieri prelevati come bestie e potenziali vittime sacrificali. Questo terrorismo non ha nulla a che vedere con le aspirazioni e il diritto dei palestinesi ad una patria con un proprio territorio; è solo strumento del fanatismo religioso e dell’odio di Hamas per il popolo ebraico e per lo Stato di Israele, di cui continua a negare l’esistenza, anche contribuendo al disegno jihadista di destabilizzazione dell’area al fine di attaccarlo e distruggerlo. La ripugnanza e il dolore provocato dalle atrocità commesse ci hanno fatto sentire israeliani. Ci siamo sentiti palestinesi

Auspicavamo che l’inevitabile reazione non fosse cieca, indiscriminata, sproporzionata, mirata a colpire anche soprattutto la popolazione civile di Gaza, più di 2 milioni di persone, per quasi metà bambini e adolescenti. Così non è stato. Il consiglio del presidente Biden di “non ripetete gli errori che abbiamo fatto dopo l’11 settembre” non è stato ascoltato. Nel governo israeliano ha prevalso un cieco desiderio di vendetta, basata su bombardamenti ovunque ritenuto utile a “stanare e distruggere i terroristi di Hamas e liberare gi ostaggi”, foss’anche distruggere Gaza. Rovesciando in realtà il peso della guerra su persone inermi, tanti bambini in particolare, anziani, malati. Il prezzo della vendetta militare non viene infatti pagato da Hamas ma da molte decine di migliaia di persone inermi, bambini, malati. Senza considerazione per gli effetti delle distruzioni umane e materiali e senza calcolarne le conseguenze. Senza avere alcun piano per il dopo, se non quello di lasciare ad altri la gestione del disastro prodotto. Più di 11 mila i morti, per un terzo bambini. Troppi i feriti, i traumatizzati, le centinaia di migliaia di persone in fuga dentro la gabbia di Gaza. Una catastrofe umanitaria che ci fa sentire palestinesi, per le stesse ragioni e con lo stesso dolore e la stessa vicinanza espresse agli israeliani il 7 ottobre.

Hamas ha commesso gravi crimini. Anche il governo israeliano li sta commettendo, rispondendo alla barbarie con altrettanta barbarie, distruggendo e moltiplicando a dismisura il numero dei morti, dei feriti, dei profughi, la disperazione dei bambini e delle madri. In Italia sembra di assistere talvolta ad offuscamenti dell’intelligenza, resa incapace di uscire dalle rigide polarizzazioni delle posizioni. Si sente perfino evocare il bombardamento della città di Dresda e dei sui abitanti – che ha contribuito alla sconfitta di Hitler – per considerare normali i bombardamenti su Gaza e le tante vittime civili. Se la difesa del proprio Stato è un diritto, deve sempre essere esercitato secondo il principio di proporzionalità, fondamentale nella vita civile come in qualsiasi azione bellica. La cieca e irragionevole polarizzazione del discorso tende invece a giustificare tutto, compresa la violazione del diritto internazionale umanitario: che è stato voluto, definito e ratificato dall’insieme della comunità internazionale proprio per non ripetere gli orrori della seconda guerra mondiale.

Dopo il secondo conflitto mondiale la collettività delle Nazioni ha sentito l’esigenza di dotarsi di un ordinamento condiviso per disciplinare “nella guerra” l’uso della forza da parte degli Stati: una nuova codificazione del diritto internazionale finalizzata a temperare gli effetti più disumani della guerra...

L'articolo di Nino Sergi, presidente emerito di INTERSOS segue su Atlanteguerre.it

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