Varcare il “limite”: un ponte in Senegal

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Nell’estremo sud del Senegal, tra i confini del Gambia e del Guinea-Bissau, scorrono le acque salate del fiume Casamance, da cui prende nome l’intera area geografica, che bagnano le terre delle regioni di Ziguinchor alla foce, e di Sedhiou (450 mila abitanti). È una parte dell’Africa poco conosciuta e poco “battuta” dalle organizzazioni internazionali, benchè presenti caratteristiche sociali e ambientali che potrebbero essere occasione di un tipo di sviluppo innovativo ed equilibrato.

La regione Casamance risulta fortemente disagiata rispetto al nord del paese dove si concentrano attività politiche, imprenditoriali e di solidarietà. La regione beneficia di un numero irrisorio di interventi umanitari internazionali rispetto al settentrione: su 30 onlus e ong contattate che operano in Senegal, solo 2 di queste hanno esperienze nel Casamance. Questo isolamento si riversa negativamente sullo sviluppo dell’area che ne subisce le conseguenze con una crescente emigrazione dei giovani verso la capitale alla ricerca di occupazione, e un abbandono delle risorse con un conseguente degrado del territorio. La popolazione, inoltre,  sta lentamente rialzandosi dai recenti conflitti che hanno investito la regione. Gli scontri, condotti dai movimenti indipendentisti, che miravano all’autonomia politica ed economica del Casamance, hanno causato oltre la morte di migliaia di persone una immigrazione di circa 20.000 abitanti nei paesi confinanti. I senegalesi e le associazioni evitano di recarsi nel Casamance temendo per la loro incolumità, ignari dell’atmosfera di pace che regna oggi nel territorio.

La regione è fortemente caratterizzata dal sontuoso “Estuario del Casamance” che modella, dalla foce del fiume e per decine di km nell’entroterra, delle imponenti mangrovie. La pendenza quasi nulla del fiume consente la risalita delle acque che riversano quantità considerevoli di sale nei suoli potenzialmente coltivabili impedendone le attività agricole. L’esperienza locale, a testimonianza che il sapere tradizionale produce soluzioni concrete ma pure armoniose con l’ambiente, ha maturato una semplice tecnologia che impedisce questa risalita attraverso la realizzazione di sbarramenti parziali o dighe in terra nelle aree soggette ad allagamento, o negli affluenti del Casamance, che subiscono il fenomeno di risalita della salinità; tecnologia che purtroppo non sempre produce gli effetti sperati a causa di carenze progettuali e di materiale.

Il consiglio regionale di Sedhiou attraverso il Piano Regionale di Sviluppo, offre una panoramica esaustiva delle condizioni socio-economiche del territorio: il 36% delle case in aree urbane (la sola città di Sedhiou) ha accesso ad acqua potabile, 8% delle case rurali dispone di servizi igienici, il 10% di scolarizzazione, un solo ospedale in tutta la regione, il 41% dei bambini soffre di un ritardo di crescita, 75% dei parti non è assistito, il 72% della popolazione vive isolata e nella povertà, etc etc. Nel piano di sviluppo si punta fortemente al potenziamento delle infrastrutture e delle vie di comunicazione, che essendo carenti influiscono fortemente sullo sviluppo della regione impedendo il consolidamento e la creazione di rapporti socio-commerciali, favorendo l’isolamento delle comunità a discapito dell’igiene e della sicurezza. Nello stesso documento affiora il desiderio di emergere attraverso le parole del Presidente del Consiglio regionale, M. Mamadou Lamine Drane: “Consapevole delle potenzialità dei suoi figli, del suo patrimonio culturale e sociale, dell’immensità delle sue riserve naturali non ancora valorizzate, la regione del Sedhiou ha molte ragioni di sperare in un’avvenire di prosperità, di pace, equità e giustizia per tutti”.

Il contatto e la collaborazione con gli abitanti dei villaggi nella regione e le amministrazioni locali (Consiglio regionale di Sedhoiu, Camera di commercio agricoltura e industria di Sedhoiu, ARDS) hanno consentito la pianificazione di un’opera di donazione che si adegua alle linee guida di sviluppo fissate dagli enti regionali, e che consiste nella realizzazione di un ponte-diga in un affluente del Casamance: il “Tanaff Bolong”. Si tratta di un progetto di cooperazione che coinvolgerà soggetti italiani e senegalesi, con principi fondamentali come manodopera e materie prime esclusivamente locali, generando dunque interessanti opportunità economiche per il territorio, e rispettando i linguaggi architettonici dello stesso. Un altro aspetto importante è il coinvolgimento dell’Università di Catania che metterà a disposizione i laboratori di Ingegneria Strutturale per ottimizzare la formula di composizione del calcestruzzo, realizzato dalla miscelazione di cemento, ghiaia e sabbia reperiti nel Casamace, e il laboratorio di Geotecnica per le analisi di massima del suolo di fondazione dell’opera. La manodopera verrà formata giornalmente sulle vicende costruttive, realizzando così un “workshop in progress” a favore della cultura e dell’occupazione, si creerà inoltre un team di studenti del Casamance dell’Università di Ziguinchor che consentirà loro di fare esperienza e inglobare l’opera nel curriculum professionale.

Il progetto vuole superare molti limiti. Il primo, ovviamente, è il limite naturale dato dalla presenza morfologica del fiume.  L’opera sorgerà di fronte il villaggio di Boukarkounda, poco distante dal più grande villaggio Tanaf, consentendo il passaggio tra le due sponde e quindi l’accesso a risorse oggi inaccessibili (scuole, ospedali e mercati). Inoltre verrà ridotta considerevolmente la salinità delle acque favorendo la risicoltura (che ben si presta al suolo sabbio-argilloso del territorio) su un’area di circa un milione di metri quadrati, creando quindi occupazione oltre che quantità rilevanti di alimenti. Gli enti locali stimano che per tale opera saranno circa 30.000 i beneficiari diretti e indiretti.

Il secondo limite da abbattere è quello intellettuale. Nella stessa idea di ponte è insito questo varcare i confini, questa capacità della mente umana di oltrepassare i limiti, di unire ciò che sembra irreparabilmente distante ma che invece è considerevolmente vicino. Scriveva Martin Heidegger: “Il ponte riunisce presso sé, nel suo modo, terra e cielo, i divini e i mortali.” L’intento è di realizzare un’opera che sia portavoce di solidarietà e fraternità fra le culture, concretizzando aiuti umanitari che migliorino il mondo. Non esistono limiti se non quelli che noi stessi creiamo alla nostra mente e al nostro cuore per impedirgli di volare.

Per saperne di più basta rivolgersi a questo indirizzo mail: [email protected]

Raoul Vecchio

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